1 Febbraio 2021 - 11:30 . Parioli . Curiosità

Così è stato ucciso il 1° febbraio 1944 Massimo Gizzio, eroe della Resistenza

Massimo Gizzio
Massimo Gizzio

Ucciso dagli squadristi dopo la caduta del regime fascista. Il primo febbraio del 1944 muore Massimo Gizzio, l’eroe della Resistenza nato a Parioli la cui lapide è stata posta in via Cesi.

Di classe agiata, ma vicino alle fasce deboli della popolazione, è attivo come partigiano dal 1942, nel 1943 aderisce al Partito Comunista Italiano.

Gizzio, riguardo all’attività compiuta prima di unirsi ai gruppi clandestini, è descritto dalla sorella Maria Luisa in un’intervista riportata sulla rivista “Patria Indipendente”: “(Massimo) Cerca il contatto con le persone meno fortunate di lui, distanti dal mondo agiato in cui è cresciuto”.

Mentre frequenta il liceo Regina Elena, in via Umberto Boccioni, partecipa alla vita della parrocchia di San Roberto Bellarmino e fa servizio con la compagnia di San Vincenzo.

Insieme al gruppo si occupa dei poveri: lava loro i piedi e fa la barba. Ha solo 17 anni quando aderisce ai partigiani. È attivo da pochi mesi, quando un compagno lo tradisce dandone il nome ai fascisti.

La storia del momento in cui viene ricercato – dal regime a caccia di nomi di partigiani – è nota perché Massimo salvò la vita, impedendone l’arresto, a molti compagni.

Il giorno in cui i poliziotti si presentano a casa, nel febbraio 1943, la madre, dopo aver aperto la porta, dice di non sapere dove si trova il figlio in quel momento. Spiega poi ai gendarme di sentirsi male.

Riesce a recuperare delle carte incriminanti e, fingendo di vomitare, le getta nel bagno. I fascisti riescono a trovare comunque un elenco di nomi e, quando torna Massimo, lo conducono in carcere.

L’interrogatorio per sapere gli altri nomi dei compagni sarà, per Gizzio, un’occasione per cancellare i nomi scritti su quell’ultimo documento trovato in casa.

Parlando con i gendarme, avrà la prontezza di fingere uno scatto di rabbia e, far cadere la boccetta dell’inchiostro sulla carta, distruggendo l’unica prova in possesso dei poliziotti. Condannato al carcere, vi rimarrà fino alla caduta dal regime, il 25 luglio dello stesso anno, e quando torna in azione nelle forze partigiane, assume il ruolo di Dirigente del Comitato Studentesco di Agitazione.

È il 29 gennaio 1944, Massimo è alla testa del Corteo di studenti che parte dalla Scuola Dante Alighieri, in via Ennio Quirino Visconti a Prati. In piazza della Libertà, un gruppo di fascisti in borghese assale i manifestanti di sorpresa. Impugnano delle pistole.

Massimo viene colpito alla schiena con dei proiettili. Portato all’ospedale Santo Spirito con un carretto, dopo tre giorni di agonia, il 1 Febbraio, muore.