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Francesca Barra e il cimitero dei feti: “Ecco perché è una violenza”
di Daniele Petroselli
Un caso che ha scosso migliaia di persone quello dei feti sepolti al cimitero Flaminio all’insaputa delle madri. A intervenire con un lungo post è stata anche Francesca Barra, giornalista che per anni ha vissuto a due passi dai Parioli. E lo ha fatto partendo dalla sua esperienza personale.
“Quando abbiamo perso il nostro bambino mi sono sentita come l’orca Tahlequah, che continuò a cullare sul muso il figlio morto per 17 giorni. Lo trasportava nelle acque e non riusciva a lasciarlo andare – ha scritto la giornalista, protagonista della prima edizione del libro di Typimedia “Trieste-Salario in 100 personaggi (+1)” -. Così, quando ho sentito che era il momento per lasciare andare il nostro, mi sono ispirata alla Festa Messicana (Patrimonio dell’Umanità che si celebra il 31 ottobre) #diadelosmuertos, in cui si onorano i ‘mai nati’. Perché un figlio che non è nato è esistito“.
Per questo ha detto: “Io sono l’orca che devi lasciare libera di scegliere come, quando e dove, lascerà andare il suo dolore. Non avrei mai voluto che fosse sottoterra sotto una croce che qualcuno mi ha imposto. E il fatto che abbiamo perso nostro figlio tanto amato, non mi rende una persona migliore o non rende il mio dolore più degno di rispetto. Anzi! Sono stata utilizzata da associazioni antiabortiste durante il nostro lutto. Lo trovo ingiusto e scorretto”.
Poi ha continuato: “Non mi sono mai fatta paladina di una violazione di diritto e libertà. Tuttavia anche se esistono innumerevoli ragioni per cui hai perso un figlio o per ricorrere all’interruzione di gravidanza, rispettabili e mai da giudicare visto che una legge tutela questa scelta, a me non piace definirli feti. Anche se scientificamente è corretto. ‘Se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente, e niente è peggiore del niente: il brutto è dover dire di non esserci stato’. Lo scrisse Oriana Fallaci nel suo libro dedicato al figlio mai nato. Chiamarlo feto per me è farlo rientrare nel niente“.
E la Barra poi ha concluso dicendo: “La notizia del cimitero dei figli mai nati stacca a morsi i punti di cicatrici nell’anima di una madre che ha perso suo figlio. Che abbia abortito o dovuto abortire, non fa differenza. L’imposizione di una sepoltura è una violenza inaudita. Perché la costringi a mettere sotto terra il suo dolore incancellabile, i suoi sensi di colpa, le sue insindacabili scelte. Quando invece avrebbe potuto ricevere la carezza e la comprensione di uno Stato laico che rispetta i diritti, non li mette in croce. I conti con l’interruzione di vita, si fanno sempre. È un lutto. Un lutto sottovalutato e trattato nel peggiore dei modi”.
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