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Quanti e dove sono i beni confiscati alla mafia

di Emiliano Magistri

C’è di tutto. Appartamenti, box, garage, posti auto, spazi commerciali. Complessivamente sono dieci e sono sparsi sull’intero territorio del Trieste-Salario e del II Municipio. Sono gli immobili che, nel corso degli anni, sono stati confiscati alla criminalità organizzata. Immobili che sono stati al centro di loschi traffici e di accordi tra famiglie criminali, a volte teatro di eventi delittuosi. Oggi sono stati riassegnati e destinati per molteplici finalità. Dal mantenimento al patrimonio dello Stato ai fini istituzionali, passando per il trasferimento al patrimonio degli enti territoriali, all’emergenza abitativa e agli scopi sociali.

I numeri
Sul territorio della Regione Lazio sono 487 gli immobili confiscati (dal 1990 al 2018) e già destinati (gli ultimi 19 nel 2017) a fini istituzionali o sociali. Di questi, 209 solo nella Capitale. A questi si aggiungono i 1.120 “in gestione” e non ancora destinati. I dati sono forniti dall’Ansbc (Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ndr), istituita nel 2010, che ha l’obiettivo di provvedere all’amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie sull’intero territorio nazionale.

Le aree e le destinazioni d’uso
Dal Trieste-Salario ai Parioli, passando per San Lorenzo e la zona dell’Africano, i dieci immobili disseminati sul territorio del II Municipio, nella maggior parte dei casi, sono appartamenti all’interno di svariati condomini. Una piccola percentuale di questi, indicata come “mantenimento al patrimonio dello stato”, è stata destinata a “fini istituzionali”: polizia e guardia di finanza gli enti che, a oggi, sono gli assegnatari delle varie strutture. È il caso di via Bruxelles (appartamento + box auto), via Ofanto (appartamento) e via Sebino (appartamento). Il doppio garage di via Pietro Antonio Micheli, nel quartiere Parioli, che si estende per oltre 360 metri quadrati di superficie, è stato assegnato al II Municipio. Più precisamente, al momento, è utilizzato come magazzino dalla polizia locale: nei prossimi mesi verrà trasformato in uno spazio di aggregazione giovanile. In via Lago Tana (zona Africano) e via degli Equi (San Lorenzo) due appartamenti, invece, sono stati destinati all’emergenza abitativa.

Un solo immobile per scopi sociali
Solo 66 beni confiscati alla mafia, sui 119 degli ultimi dieci anni, sono stati riutilizzati e assegnati a cooperative o associazioni per fini sociali qui a Roma. Tra questi ce n’è uno, un appartamento al piano rialzato nel condominio di via Dalmazia 25, che è una delle sedi dell’associazione Casa Famiglia Rosetta. Destinato al dipartimento Politiche sociali, sussidiarietà e salute di Roma Capitale, è l’unica struttura confiscata alla criminalità organizzata e riutilizzata per scopi sociali all’interno del II Municipio.

Il nuovo regolamento di Roma Capitale
Lo scorso 21 giugno, intanto, con 29 voti favorevoli e 4 astenuti, il Campidoglio ha approvato il primo regolamento per i beni confiscati alle mafie. Obiettivo del provvedimento è quello di garantire regole precise nell’acquisizione, gestione e destinazione degli immobili confiscati che si trovano sul territorio della Capitale. Varato su proposta della presidente della Commissione patrimonio, Viviana Vivarelli, il “Regolamento per la gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata sul territorio di Roma Capitale” è il primo nella storia della città per la gestione di questi beni. Tra le linee guida inserite nel testo, la valorizzazione e il riutilizzo dei beni, per trasformarli in strumenti di promozione e rafforzamento della cultura della legalità, della solidarietà e dell’inserimento sociale.

L’agenzia nazionale
L’Anbsc (Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata) è stata istituita con decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, oggi recepita dal decreto legislativo n.159 del 6 settembre 2011 (Codice antimafia). La struttura ha sede principale a Roma e sedi secondarie a Reggio Calabria, Palermo, Milano e Napoli. Scopo principale dell’Agenzia è quello di provvedere all’amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, a seguito di confisca definitiva, nonché coadiuvare l’amministratore giudiziario sotto la direzione dell’autorità giudiziaria in fase di sequestro fino alla confisca di primo grado, dopo la quale assume la gestione diretta degli stessi beni. Il direttore dell’Agenzia, dal 15 maggio 2017, è il prefetto Ennio Maria Sodano.

La legge di riferimento
Legge 13 settembre 1982, n. 686, cosiddetta “Rognoni – La Torre” – (Associazione a delinquere di tipo mafioso e disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale)
“Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego”. I beni dei quali sia stata accertata la proprietà da parte di soggetti appartenenti alle organizzazioni mafiose vengono confiscati, vale a dire sottratti definitivamente a coloro che ne risultano proprietari. Questi beni sono rappresentati da immobili (case, terreni, appartamenti, box, ecc.), beni mobili (denaro contante e titoli, mezzi di trasporto) e aziende. Secondo quanto previsto dalla legge 7 marzo 1996, n. 109, una legge di iniziativa popolare sostenuta dalla raccolta di un milione di firme da parte dell’associazione Libera di don Ciotti, i beni immobili possono essere usati per finalità di carattere sociale. Questo significa che essi possono essere concessi dai Comuni, a titolo gratuito, a comunità, associazioni di volontariato, cooperative sociali e possono diventare scuole, comunità di recupero per tossicodipendenti, case per anziani, ecc.

L’associazione Casa famiglia Rosetta
Fondata da Don Vincenzo Sorce a Caltanissetta (città dove, a oggi, vi è ancora la sede centrale ndr) negli anni ‘80 con un gruppo di volontari, l’associazione “Casa Famiglia Rosetta” si occupa di garantire servizi alla persona, estendendo il proprio intervento a diversi settori dell’area sociosanitaria, psicosociale, psicopedagogica e socioculturale. Le strutture, sparse in Italia e all’estero (la casa famiglia opera dal 1995 in Brasile e dal 2005 in Tanzaniandr), sono articolate in centri di riabilitazione e di ascolto, comunità terapeutiche e centri di recupero e reinserimento sociale per persone con problemi di dipendenza da alcol o droghe, minori a rischio e anziani.

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