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Elisabetta e gli altri 64 “Il pronto soccorso di piazza Istria”

di Emiliano Magistri

Nella vita esistono i predestinati. Calciatori, attori, giornalisti, ingegneri, avvocati. Sta di fatto, però, che in molti casi, già dalla tenera età, è possibile intuire che percorso si farà negli anni a venire. Capita a tutti. Capita anche ai medici. Soprattutto se, scorrendo il proprio albero genealogico, non si vedono altro che camici bianchi. A Elisabetta D’Amelio è successo proprio questo. Pediatra, figlia di pediatra e nipote di altri eminenti specialisti della medicina romana, la dottoressa è tra i fondatori del pronto soccorso di quartiere Romamed, al numero 2 di piazza Istria, nel cuore del Trieste-Salario. Qui, insieme a più di sessanta suoi colleghi, Elisabetta garantisce gratuitamente, a turno, assistenza e cure ai pazienti in ogni giorno dell’anno. Festivi e prefestivi compresi.

Dottoressa D’Amelio, un cammino da medico che parte da lontano.
«Sono figlia d’arte, è vero. Mio padre è stato un pediatra molto noto nel nostro quartiere e la sua attività ha contribuito ad aumentare in me la passione verso la medicina. Ma non c’è stato solo mio padre. Anche i suoi fratelli hanno scelto lo stesso percorso professionale, quindi si può dire che io abbia portato avanti la tradizione di famiglia».

Una tradizione che prosegue, visto che anche sua figlia ha scelto la stessa carriera della mamma e del nonno.
«Effettivamente è iniziata la terza generazione di medici nella nostra famiglia. Mia figlia sta finendo il quarto anno e ha scelto poi di specializzarsi in chirurgia generale. Forse è vero che siamo dei predestinati e chissà che la tradizione non continui anche con le generazioni future».

L’interesse e l’amore per la medicina iniziano prestissimo
«Al di là del lavoro di mio padre, ho iniziato il mio cammino nella Croce Rossa che avevo solo 14 anni. Quell’esperienza è durata molti anni, nel corso dei quali ho ricoperto il ruolo di istruttrice teorica e poi istruttrice teorico-pratica, quando mi è diventato possibile applicare anche i punti di sutura. Poi il lavoro all’interno dei reparti di pediatria e pediatria oncologica ha finito di formarmi, e a quel punto il mio cammino professionale era deciso».

Mai un dubbio o un ripensamento sulla scelta fatta?
«Non ci sono mai stati ripensamenti, anzi. Dicevo sempre che se non avessi fatto il medico non avrei saputo cos’altro fare nella vita e anche questo principio, sempre tornando alla predisposizione genetica, l’ho passato involontariamente a mia figlia. Anche lei, quando si è dovuta preparare per il test d’ingresso alla facoltà, me lo diceva sempre: “mamma, se non entro a medicina non so proprio cosa dovrò mettermi a fare”».

Spesso, chi lavora nella sanità cerca di distogliere i propri figli ad intraprendere lo stesso percorso: nella sua famiglia, però, è avvenuto il contrario
«Credo che non sia corretto privare qualcuno di ciò che desidera o sente di voler fare. Nella vita, per quel che è possibile, bisogna cercare di fare ciò che si ama: ai figli va insegnato questo. Personalmente sono sempre stata incentivata e lo stesso faccio oggi con gli altri».

È anche da questa predisposizione che è nato il progetto Romamed?
«Garantire assistenza e cure ai pazienti è la base della medicina. Con Romamed abbiamo avviato un progetto sperimentale che, dal 2010 ad oggi, ha già collezionato numeri importanti. Le persone ormai lo considerano un punto di riferimento valido a cui rivolgersi per qualsiasi tipo di problema: in molti arrivano anche da quartieri limitrofi o, addirittura, da fuori Roma. È la prova che quell’intuizione aveva un senso».

Il pronto soccorso di quartiere può essere, quindi, la realtà sanitaria del futuro?
«Se non cambiano le modalità di accesso al Servizio sanitario nazionale, assolutamente sì. La maggior parte dei pazienti che accusa un problema, anche non grave, preferisce andare direttamente al pronto soccorso anche con il rischio di passarci una giornata intera. Questo avviene perché, in molti casi, si approfitta della situazione per sottoporsi a tutta una serie di esami che, altrimenti, dovrebbero essere effettuati nelle strutture pubbliche con tempi lunghissimi oppure in regime privato, quindi a pagamento. Snellire le procedure e alleggerire di conseguenza il lavoro del pronto soccorso di un qualsiasi ospedale, deve continuare a essere l’obiettivo da seguire».

IL PERSONAGGIO

Elisabetta D’Amelio si laurea in medicina all’università “La Sapienza” di Roma nel 1986. Quattro anni dopo, nel 1990, consegue la specializzazione in pediatria.

Esercita la professione privatamente.

Figlia d’arte e madre di una futura chirurga, è tra i medici che, nel 2010, fondano Romamed, il progetto sperimentale di pronto soccorso di quartiere a piazza Istria, dove lavora e offre prestazioni gratuite ai pazienti.

LEGGI lo speciale su Romamed (a cura di Emiliano Magistri)

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