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Villa Ada regala l’ennesimo mistero del suo sottosuolo
di Antonio TisoNon finisce mai di stupire Villa Ada. Come riportato da Il Messaggero, in una cava che si apre nel fitto della boscaglia, i ricercatori di Sotterranei di Roma – durante un sopralluogo per un progetto di studio in collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina – hanno scoperto alcuni importanti cimeli della Seconda guerra mondiale. Sono i resti della divisa di un Regio carabiniere – un fregio, mostrine, stellette e bottoni – che hanno resistito al trascorrere dei decenni e alle difficili condizioni climatiche delle gallerie. Sopra c’è inciso il nome di Michelangelo Benedetti, con l’anno di nascita: 1923.
Partendo da questi ritrovamenti, Lorenzo Grassi, coordinatore dell’Osservatorio Sherwood e del gruppo di ricerca, è riuscito a scoprire sul web che i cimeli erano appartenuti a un carabiniere originario della Valpolicella, in Veneto. Una volta chiuso il cerchio, Grassi ha parlato con la vedova Natalina Degani e i figli Lia e Silvano.
Con loro è così riuscito a ricostruire l’avventurosa epopea vissuta dal loro familiare. “L’uomo aveva prestato servizio proprio a Villa Savoia ed era poi deceduto nel 1989 a 66 anni – racconta Grassi – Michelangelo era partito per Roma il 18 settembre 1942 per svolgere il servizio di leva nei Regi Carabinieri. Poi era stato assegnato al servizio di guardia a protezione della residenza reale di Villa Savoia, dove era entrato in confidenza con Vittorio Emanuele III. «Quando uscivo dalla garitta – aveva raccontato nel 1986 in un’intervista al quotidiano L’Arena – il Re mi mandava a chiamare perché giocassi a carte con lui. Dopo un po’ si rese conto che ero imbattibile e così preferì avermi come amico che come nemico di gioco. Diventammo una coppia senza rivali».
Ma perché il carabiniere ha perso i suoi cimeli in un tunnel sotterraneo di Villa Ada? “Nel pomeriggio del 25 luglio 1943 – continua Grassi – con ogni probabilità, Michelangelo era stato partecipe di un passaggio cruciale per la storia d’Italia: l’arresto di Benito Mussolini a Villa Savoia. È a quel punto che l’oscura cava di Villa Ada era diventata un rifugio di fortuna. Con la famiglia reale in precipitosa fuga da Roma e la Capitale lasciata militarmente allo sbando, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Michelangelo, sentendosi braccato dalla gestapo aveva trovato riparo e, alla fine, la sua divisa era rimasta misteriosamente nella cava”.
Michelangelo invece viene catturato dai tedeschi e messo su un treno per la Germania. “Ma poco dopo la stazione di Mantova – va avanti Grassi nel racconto – con l’aiuto di altri militari che viaggiavano con lui, era riuscito a farsi scaraventare giù dal treno fuori dal finestrino e a far perdere le sue tracce”.
Un percorso rocambolesco che lo riporterà prima sino al paese natio di Negrar di Valpolicella e poi al reintegro nei Carabinieri di Cremona, il 4 luglio del 1944, dove rimarrà sino alla conclusione della sua carriera militare.