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“Villa Ada incontra il Mondo”, questi sono i segreti del Festival

di Daniele Petroselli

Conto alla rovescia per  il “Villa Ada – Roma incontra il Mondo“, organizzato da Dada srl e Arci Roma giunto alla sua edizione numero ventisei. Dal 18 giugno al 5 agosto, ben 49 eventi, tanta buona musica nazionale e internazionale ma anche spazio alla solidarietà e a temi sociali. Sono momenti concitati per gli ultimi accorgimenti e a parlarcene è Saro Lanucara Poppy, responsabile della comunicazione e che ha costruito anche questa edizione 2019 del Festival.

Martedì il via del Festival. Di sicuro adesso ci sarà un mix di nervosismo e voglia di cominciare.
“Siamo in piena organizzazione. La sensazione è quella che sarà una bella edizione di questo Festival, siamo davvero contenti di quanto abbiamo costruito. E poi siamo particolarmente entusiasti perché siamo riusciti a mettere insieme un bel cartellone musicale insieme ad altre attività sociali importanti”.

Tanta buona musica, dagli artisti e gruppi internazionali come Garbage e Hooverphonic a quelli nazionali (Orchestraccia, Modena City Ramblers, James Senese, Nada e Finley), oltre agli emergenti. Ma anche tanti momenti speciali come il ricordo di Alda Merini e la giornata dedicata ai migranti.
“Tramite il Festival, abbiamo la voglia di comunicare ciò che c’è di bello nella società romana. Villa Ada viene ricordato per la sua musica, non per questo è uno dei Festival più importanti in Italia, ma quest’anno vogliamo comunicare altro, di creare un senso di comunità, di essere luogo di discussione e di confronto tra il pubblico, ma soprattutto tra i cittadini”.

Leggendo il programma l’intento che emerge infatti è quello di unire musica e temi sociali. Ogni ospite è scelto non a caso ma per un messaggio preciso che lancia con le sue opere. Forse proprio questo è il segreto di “Villa Ada-Roma incontra il mondo”.
“Mi occupo anche della comunicazione di Arci Roma e trattiamo temi che vanno dalla cultura alla musica, passando per temi quali l’ambiente, i migranti. L’Arci con questo Festival vuole proporre un pacchetto completo, cerca di far crescere il seme di una discussione sociale che sia più ampia possibile. Siamo aperti a tutte le organizzazioni, ci saranno tanti momenti di riflessione, sarà presente il mondo del terzo settore, cerchiamo così di far diventare Villa Ada e il suo Festival un momento di confronto. Per noi poi Villa Ada non è una semplice location, ma uno dei parchi più importanti della Capitale. E’ un parco che soffre, come tutta la città, per tanti motivi, per una gestione difficoltosa, ed è la metafora di di ciò che la città vive: l’espressione del bello che ha difficoltà ad emergere. E’ una piantina chiusa in un vaso troppo piccolo in questo momento”.

Villa Ada-Roma incontra il mondo come un luogo di dialogo per una città, ma più in generale per una società che al momento per te di cosa soffre?
“Una volta ci si confrontava di più, ci si trovava in piazza, al bar, ci si incuriosiva anche per le opinioni differenti. In questo momento, vuoi il nuovo stile di comunicare, vuoi lo stile di vita diverso, che è diventato molto più individualista, fa sì che le persone si chiudano dietro a preconcetti che non potendoli confrontare con quelli degli altri, non potranno mai evolversi. Villa Ada vuole essere un punto dove ci si ritrova per un confronto. Solo tramite un confronto si può capire la realtà. Oggi siamo ancora troppo chiusi, come in una grotta del mito socratico: vediamo le ombre per capire cosa sta succedendo. Manca una sana discussione, sincera e aperta. La società è poco curiosa”.

Sappiamo dei problemi burocratici dello scorso anno, con il ricorso che aveva rallentato l’inizio del Festival. Per questa edizione invece come ha funzionato la macchina organizzativa e quanto è complicato creare un evento di questo tipo?
“Organizzare un Festival di questa portata è molto complicato. Quando finisce un’edizione, dal giorno successivo si lavora già a quella successiva. Abbiamo partecipato ad un bando del Comune triennale e ci riteniamo fortunati ad avere avuto questa opportunità. Lo scorso anno ci sono stati problemi causati da terzi ma per fortuna quest’anno siamo stati più tranquilli dal punto di vista burocratico. Tutto sta procedendo per il meglio. E’ un Festival longevo ma giovane, che non è assolutamente stanco”.

Anche quest’anno diversi residenti hanno lanciato l’allarme per i possibili rumori che arriveranno durante i concerti e per l’impatto ambientale che un Festival del genere può avere sul parco. Un anno fa vi eravate detti pronti ad aprire un dialogo con Municipio e Associazioni in merito a queste questioni. Si è mosso qualcosa da questo punto di vista? E quali rassicurazioni potete dare ai cittadini?
“Con il Municipio ci sono stati dei grossi passi in avanti, già a partire dall’edizione scorsa. A metà luglio avremo anche un panel all’interno del Festival dedicato al tema dell’ambiente e parteciperanno dei rappresentati del Municipio proprio per aprire un confronto importante su questo tema. L’Arci è abituato a confrontarsi con tutti, soprattutto sul territorio. Il Festival di Villa Ada ha un impatto importante sul parco, più di carattere culturale che ambientale, perché siamo confinati in un isolotto, non nel bosco. Siamo collegati con impianto idrico della Capitale e cerchiamo di essere il meno importanti possibili dal punto di vista ambientale. Dire che siamo a impatto zero sarebbe follia, ma credo che questo piccolo prezzo’sia l’occasione per trovare un modo di confronto e di vivere diversamente il parco. In questa edizione infatti organizziamo visite ai bunker con le associazioni del territorio, luoghi che in pochi conoscono, così come le escursioni al Forte Antenne. Il tutto cercando di sfruttare l’onda mediatica di questo Festival. Sono posti che hanno un fascino nascosto ma che meritano di essere messi in evidenza. Ci sono zone di questo parco che sono in stato di abbandono, come le scuderie o i sentieri, per cui saremmo disponibilissimi a contribuire per riqualificarli. Perché siamo coscienti del nostro ruolo sociale”.

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