Trieste-Salario | Articoli

Questi i luoghi simbolo della Resistenza nel Trieste-Salario

di Camilla Palladino

Dalla tipografia di Leone Ginzburg, giornalista ebreo arrestato dalla polizia fascista il 20 novembre 1943, alla villa di Luchino Visconti, in cui il regista nascondeva i partigiani, durante la Seconda Guerra Mondiale, passando per il Belvedere Ugo Forno, dedicato all’ultimo caduto della Roma liberata. E ancora la pensione Jaccarino, occupata da una banda fascista tra il 1943 e il 1944 e teatro di diverse torture nei confronti degli antifascisti. Le strade del Trieste-Salario sono colme di targhe, vie o spiazzi dedicati alla memoria dei patrioti che hanno perso la vita lottando per la libertà dal nazifascismo. E che il quartiere ricorda il 25 aprile, in occasione dell’anniversario della Liberazione d’Italia.

La tipografia di Leone Ginzburg in via Basento
In un seminterrato di via Basento 55, nel tratto di strada compreso tra via Simeto e via Tirso, lavorava Leone Ginzburg. Era un giornalista, direttore di Italia Libera, antifascista ed ebreo, colpevole di proclamare a gran voce la sua opposizione al regime. Venne arrestato dalla polizia fascista il 20 novembre 1943, mentre era alla tipografia. Proprio lì, sulla facciata del palazzo, oggi una targa ricorda la sua vita: dalla nascita, alla fine in prigione. Dalla cella di Regina Coeli, infatti, Ginzburg non tornò mai a casa.

Villa Visconti in via Salaria
Villa Visconti si trova in via Salaria 366, all’angolo con via Nera, e prende il nome dai proprietari del palazzo. A partire dal 1939 uno dei componenti della famiglia, il noto regista del neorealismo Luchino Visconti, iniziò a nascondere nell’edificio diversi antifascisti, spacciandoli come maggiordomi, pastori o muratori, e facendoli vivere sotto falso nome. La villa sulla Salaria, apparentemente vuota, si trovava proprio accanto alla Palazzina Filomarino, all’epoca dimora del colonnello Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma. Per questo i suoi occupanti uscivano solamente durante la notte.

Il Belvedere Ugo Forno sulla ciclabile Aniene
Lungo il tratto della pista ciclabile che costeggia il fiume Aniene, poco dopo via del Prato della Signora, c’è il Belvedere Ugo Forno. È stato inaugurato alla fine di gennaio e si trova proprio accanto al ponte di ferro, dove tutt’ora passano i treni delle Ferrovie dello Stato. Questo è possibile solo grazie a “Ughetto”, il 12enne che il 5 giugno 1944 sacrificò la sua vita per impedire ai soldati tedeschi di minare la costruzione. Fu l’ultimo martire, e il più giovane, della Resistenza. Ma il piccolo Ugo è ricordato in diversi luoghi del nostro quartiere: innanzitutto la casa in cui abitava, in via Nemorense 15, tanto che nel parco c’è una targa in suo onore. Ma anche la scuola che frequentava, la Luigi Settembrini in via Sebenico, e il “Giardino Ugo Forno” lungo via Mascagni, all’angolo con via Mancinelli.

La pensione Jaccarino in via Romagna
“Requisita dalla banda fascista del tenente Pietro Koch, la pensione Jaccarino, ubicata in un villino che qui sorgeva, divenne luogo di detenzione e torture per molti patrioti che lottavano per la libertà dal nazifascismo. “Molti ne uscirono soltanto per essersi avviati al plotone di esecuzione. Per non dimenticare”: l’incisione si trova su una targa in via Romagna 38, dove, durante la Seconda Guerra Mondiale, sorgeva la pensione Jaccarino. Il villino, occupato dalla banda Koch, tra il 1943 e il 1944 divenne una delle prigioni del regime, e una delle più crudeli. Al suo interno vennero perpetrate violenze, uccisioni, e torture di ogni genere.

La pietra d’inciampo in piazza Ledro
La pietra d’inciampo è dedicata a Luigi Pierantoni, partigiano residente nel quartiere, che nel 1944 venne ucciso alle Fosse Ardeatine. Il “sampietrino della memoria” è stato posizionato davanti al civico 7 di piazza Ledro, la casa in cui l’uomo abitava, lo scorso 15 gennaio.

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