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L’editoriale: se Calenda parla di governance. Avrà mica capito che la soluzione sta nei quartieri?

di Luigi Carletti

Quanti abitanti ha una città di medie proporzioni? Secondo alcuni indicatori statistici, in Italia le “città medie” sono quelle sopra i ventimila abitanti, calcolando che moltissime “cittadine” – non classificabili quindi come “paesi” o “villaggi” – oscillano attorno ai diecimila abitanti. Personalmente condivido di più la classificazione di Giovanni Tocci che, nel suo “Città, politiche e strumenti di governance: la pianificazione strategica in alcune città medie italiane”, fissa il range tra i 50mila e i 250mila abitanti.

Ora, se noi seguiamo questa classificazione e pensiamo ai quartieri di Roma, abbiamo una Capitale formata da una trentina (e forse più) di medie città italiane. Ostia ha gli abitanti di Messina, Montesacro quelli di Trieste, il Tuscolano si avvicina a Firenze e la “piccola” Balduina, con i suoi (quasi) 50mila abitanti è grande quanto Frosinone o, se preferite Sassuolo, che oltre ad essere una capitale della ceramica è pure in serie A.

Classifiche a parte, questi numeri ci dovrebbero far riflettere su un fatto apparentemente semplice: Roma non si può governare come una normale “città”. Non più. Roma va ripensata e, amministrativamente, ridisegnata.  Per farlo bisogna partire dal concetto di governance, ovvero da un diverso sistema di organizzazione territoriale e dal relativo governo. Un sistema che prenda finalmente le mosse da una realtà che tutte le amministrazioni precedenti – al di là di alcune fragili dichiarazioni d’intenti – hanno sistematicamente ignorato. Per pigrizia. Per quieto vivere. Per non alterare equilibri e poteri consolidati.

Campidoglio

Ecco che non può non far drizzare le orecchie la dichiarazione che Carlo Calenda, martedì sera – intervistato dal Tg2 – ha rilasciato a proposito delle sue idee per Roma se, come sembra, sarà il candidato del centrosinistra al Campidoglio. Nel parlare dei problemi della Capitale, finalmente, si sono sentite poche ma significative parole su un progetto di nuova governance di Roma, con un accenno ai municipi come soggetti territoriali assolutamente inadeguati rispetto ai problemi e alle aspettative delle comunità locali. Finalmente! Perché dare una nuova governance a Roma significa cambiare la mappa dei poteri e delle responsabilità degli amministratori locali. Significa, da un lato, togliere alibi a “minisindaci” spesso paralizzati dalla propria inadeguatezza ma sempre pronti a incolpare il Campidoglio (abbastanza facile con la disastrosa giunta Raggi); e dall’altro definire il ruolo del Comune come centro propulsore e coordinatore di un’area metropolitana fatta di comunità autentiche e quindi anche molto diverse tra loro, con problemi sì trasversali (trasporti, rifiuti, burocrazia pubblica) ma anche con specifiche esigenze che da anni (per non dire decenni) attendono risposte.

Non sappiamo che cosa abbia in mente Calenda e non possiamo sapere se davvero riuscirà nella sua corsa al Campidoglio. Registriamo però il fatto che è l’unico politico romano che in una delle sue prime dichiarazioni pro-candidatura ha centrato quello che a nostro modesto parere è il padre (e la madre) della gran parte dei guai della Capitale.

Se ogni quartiere fosse gestito come una città a sé – sia pure in un quadro di sinergie metropolitane ed ovvie economie di scala – la gran parte dei problemi con i quali ci confrontiamo quotidianamente avrebbe una soluzione. O quantomeno una risposta. Magari non perfetta, ma se non altro – come accade nelle città di provincia (quindi in tutta Italia) – i cittadini vedrebbero distintamente le responsabilità, la paternità di ciò che viene fatto e di ciò che viene invece annunciato e mai concretizzato. Mentre qui, nella grande pozzanghera dove tutto sparisce, le responsabilità rimbalzano di continuo nel conflitto delle competenze, dei personalismi, delle attribuzioni mancate, e lo scaricabarile è lo sport più praticato. Finisce che le colpe son sempre orfane e i problemi mai risolti fanno di Roma una Capitale in piena, continua decadenza. Meravigliosa ma decadente.

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