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L’Arpa boccia il Tmb, lavora poco, male e puzza

di Daniela Mogavero

Criticità nella gestione ordinaria del ciclo dei rifiuti, una frazione organica stabilizzata che stabilizzata non è, sostanze putrescenti, emissioni di cattivi odori certificate, fosse di ricezione sovraccariche, produzione di più scarti che prodotti da “trattamento biologico”. Sono queste le pietre che pesano come un macigno sull’impianto Tmb (trattamento meccanico e biologico, appunto) di via Salaria e che sono state messe nero su bianco dall’Arpa Lazio che nelle sue conclusioni non lascia dubbi: lo stabilimento di trattamento Ama è bocciato e il parere dell’Arpa sul rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) “è negativo”.

Vediamo nel dettaglio i punti più critici che l’agenzia regionale per l’ambiente ha riscontrato e presentato alla Conferenza dei servizi sui rifiuti.

Qualità dei rifiuti prodotti insufficiente

“Si è accertato che il rifiuto derivante dal trattamento di stabilizzazione svolto non ha le caratteristiche di una Fos (frazione organica stabilizzata) e presenta elevate caratteristiche di putrescibilità, costituendo pertanto una fonte maggiormente odorigena” e da qui deriva che l’impianto ha una “produzione di rifiuti che non hanno le caratteristiche qualitative e quantitative previste dall’atto autorizzativo”. Così lapidaria l’Arpa boccia la qualità di uno dei prodotti della lavorazione del Tmb.

In particolare, grosse criticità vengono rilevate sulla Fos, che deriva “dal trattamento aerobico”, che “non risulta stabile biologicamente, presentando ancora caratteristiche di putrescibilità” e impone un nuovo passaggio di trattamento prima di poter essere utilizzato come compost, come spiega bene Arpa: i prodotti trattati “debbano essere riprocessati ai fini del loro smaltimento in discarica”.

Fosse di ricezione sempre sovraccariche

Un altro punto su cui Arpa Lazio richiama l’attenzione è la situazione delle fosse di ricezione. Ama, secondo la relazione, “prevede di stoccare, in un’unica area, sia il Cdr (combustibile da rifiuti) prodotto, sia gli ‘scarti’, sia i metalli ferrosi, senza prevedere una sub-perimetrazione dell’area in oggetto al fine di distinguere e delimitare le aree destinate alle singole frazioni”.

Inoltre “l’area di scarico e stoccaggio del rifiuto solido urbano indifferenziato destinato al trattamento e alla trasferenza risultava piena (in diversi controlli nel 2017 e nel 2018), con una distribuzione dei rifiuti su quasi tutta l’area, comportando altezze dei cumuli di rifiuti stoccati in parte superiori all’altezza del piano di scarico. Tale situazione non consentiva neppure di distinguere le aree di stoccaggio dedicate alla trasferenza dei rifiuti da quelle dedicate allo stoccaggio preventivo all’invio a trattamento dei rifiuti presso le linee dell’impianto di trattamento meccanico biologico”, denuncia il report.

Per questo sovraccarico e la compresenza di rifiuti da trattare e quelli da trasferire e “la continua presenza di grosse quantità di rifiuti in giacenza” accade che “ad ogni nuovo conferimento, i rifiuti appena scaricati vadano a sovrapporsi ai rifiuti già presenti nell’area e stoccati precedentemente”.

Più scarti che combustibile: una discarica

Altro dato che boccia il Tmb Salario, dopo la qualità del Fos, anche la quantità del cosiddetto Cdr (combustibile da rifiuto). Secondo l’Arpa “l’impianto invece di produrre, come previsto dall’autorizzazione, dalle Mtd (linee guida di funzionamento dei Tmb) e dal Piano di gestione rifiuti, una quantità di combustibile derivato da rifiuti pari al 35 %, ne ha prodotto una quantità inferiore, pari al 22,4% nell’anno 2016 e al 19,6% nell’anno 2017, originando al contempo una notevole quantità di scarto primario, in quantità pari al 21,7% nell’anno 2016 e al 25,6% nell’anno 2017 (ovvero nel 2017 una produzione addirittura maggiore rispetto al Cdr stesso), scarto destinato per la maggior parte a smaltimento (anno 2017: 70% a smaltimento/30 % a recupero, circa)”. Quindi l’impianto produce più scarti che Cdr, di fatto trasformandosi in una discarica.

I miasmi ci sono

Nella relazione dell’Arpa Lazio ci sono poi diversi passaggi dedicati a un problema particolarmente sentito dalla popolazione che gravita attorno al Tmb ma che vive anche più distante, come nel quartiere Trieste Salario, e che sente quotidianamente i miasmi e i cattivi odori provenienti dallo stabilimento. Una risposta anche all’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari che ha più volte negato la presenza dei cattivi odori.

In particolare, l’Arpa rileva che nella documentazione fornita da Ama non ci sono indicazioni sulla gestione delle emissioni odorigene provenienti dalla gestione degli stoccaggi. Il sovraccarico delle fosse, la coesistenza di materiali da trattare e da trasferire nelle stesse zone “comportano necessariamente la possibilità che si generino maggiori emissioni di polveri e odori molesti all’atto dell’apertura dei portelloni delle stazioni di scarico dei rifiuti in ingresso e dei portelloni laterali dai quali entrano ed escono i mezzi per il carico dei rifiuti in trasferenza. Quindi dette emissioni aumentano sia per la notevole quantità di rifiuti presenti, sia per l’aumento dei tempi di stoccaggio nella fossa di scarico e nelle aree di stoccaggio, nonché per i ridotti spazi di manovra che non consentono la rapida entrata ed uscita dei mezzi di trasporto e la conseguente rapida chiusura dei portelloni laterali; 4. le attività di stoccaggio dei rifiuti prodotti dalle attività”, scrive l’Arpa.

Il Tmb lavora meno di quanto potrebbe, ma lavora male

Un’ulteriore preoccupazione proviene dai livelli di operatività del Tmb. Secondo quanto risulta dai dati Ama l’impianto della Salaria non lavora a piena capacità, quella prevista dall’Aia esistente, 750 tonnellate al giorno, ma ha ricevuto “489,9 tonnellate/giorno per il 2017, ossia ampiamente sotto il limite massimo giornaliero di trattamento autorizzato”. L’Arpa rileva che nonostante questa situazione, l’impianto “non risulta in grado di produrre, con riferimento alla frazione organica stabilizzata, un rifiuto conforme a quanto previsto dall’atto autorizzativo e a quanto previsto dai criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica”. Un dato da tenere sotto controllo perché Ama ha intenzione, invece, di aumentare ancora la quantità di rifiuti conferiti nel Tmb nel 2019, invece che studiare la programmazione di chiusura.

Infine non è chiaro se i bacini sono alimentati in continuo, oppure se sono previsti stoccaggi dell’intermedio di lavorazione costituito dal flusso di sottovaglio prima del suo inserimento nel bacino di stabilizzazione. Peraltro, non sono stati neppure specificati i sistemi e i parametri oggetto di monitoraggio ai fini del controllo del processo di stabilizzazione, della sua efficacia ed efficienza e i relativi valori di riferimento, individuati sulla base della specifica tecnologia adottata e nel rispetto delle migliori tecnologie disponibili. In relazione altresì alle attività di stoccaggio del rifiuto prodotto prima del suo conferimento presso terzi, si evidenzia che la documentazione agli atti del procedimento non fornisce puntuali ed esaustive indicazioni in relazione alle modalità di gestione adottate. Tali informazioni risultano ancora più rilevanti nel momento in cui, sulla base delle evidenze del controllo

Occorre al riguardo rilevare, come si evince dalle planimetrie allegate alla suddetta Determinazione (appendice II), che le attività di stoccaggio dei rifiuti accettati in ingresso e successivamente inviati a trattamento interno presso l’impianto, e dei rifiuti accettati in ingresso e gestiti per la successiva trasferenza presso terzi, risultano svolte nella medesima area,

In particolare la Bat 10 consiste nel monitorare periodicamente le emissioni odorigene, con le modalità previste nella stessa e con la frequenza di monitoraggio determinata nel piano di gestione degli odori di cui alla Bat 12. Quest’ultima prevede, nell’ambito del sistema di gestione ambientale, la predisposizione, l’attuazione e il riesame regolare del piano di gestione degli odori, che includa: · un protocollo contenente azioni e scadenze · un protocollo per il monitoraggio degli odori come stabilito nella Bat 10 · un protocollo di risposta in caso di eventi odorigeni identificati, ad esempio in presenza di rimostranze · un programma di prevenzione e riduzione degli odori inteso a: identificarne la o le fonti; caratterizzare i contributi delle fonti; attuare misure di prevenzione e/o riduzione.

Conclusioni

Innanzi tutto, vi sono evidenze che l’impianto produce rifiuti che presentano ancora caratteristiche di putrescibilità e che pertanto non possono essere identificati dal Gestore quale frazione organica stabilizzata (Fos).

Allo stato attuale invece il PMeC presentato e le attività di monitoraggio e controllo ivi previste risultano necessariamente superate dal fatto che le medesime mirano alla verifica di un impianto con un assetto tecnologico e operante con modalità di gestione che si ritiene debbano essere riesaminate e aggiornate, in quanto non coerenti con quanto previsto dall’autorizzazione vigente e dalle Mtd di settore. Ne consegue, per tutto quanto sopra premesso, che la valutazione della documentazione allo stato attuale agli atti non può che determinare un parere negativo di Arpa Lazio a riscontro della medesima.

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