Trieste-Salario | La Storia

Il Trieste-Salario e suoi “Giusti tra le nazioni”: tre storie eroiche dal libro “Come eravamo”

di Antonio Tiso

Tre storie dal Trieste-Salario per non dimenticare. Tre eroi che hanno messo a rischio la propria vita per salvare quelle dei perseguitati.

Il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, è il “Giorno della Memoria”. In tutto il Paese vengono ricordati la Shoah e le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia o la morte, ma anche coloro che si sono opposti al progetto di sterminio.

Nel 1963 lo Stato di Israele istituisce il titolo di “Giusto tra le nazioni” da conferire ai non ebrei che – senza interesse personale e anche a rischio della propria vita – si sono adoperati per salvare persone dal genocidio nazista. L’Italia conta 682 “giusti tra le nazioni”. Tre di essi (ma potrebbero essere di più) vivevano e lavorarono nel Trieste-Salario.

Il poliziotto

Angelo De Fiore è il vicequestore dirigente dell’Ufficio stranieri che, durante l’occupazione tedesca di Roma nel 1943-44, salva la vita a centinaia di ebrei, falsificandone i documenti. Collabora segretamente con la Delasem, organizzazione della resistenza ebraica. Negli anni del conflitto vive in un villino di via Clitunno 26. Sposato con Nelly Sprovieri, nipote di un ex garibaldino, hanno cinque figli. Nel dopoguerra De Fiore sarà poi questore a Forlì, Pisa e La Spezia.

Il religioso

Fratel Alessandro Di Pietro, nel 1943-44, come direttore del San Leone Magno, nasconde nell’istituto diversi ragazzi ebrei e i loro insegnanti sfuggiti alle prime retate dopo l’occupazione di Roma. All’epoca la scuola cattolica si trovava nella vecchia sede di via Montebello.

ALESSANDRO DI PIETRO (IN PIEDI SULLA DESTRA) CON UN GRUPPO DI STUDENTI DEL SAN LEONE MAGNO NELLA VECCHIA SEDE DI VIA MONTEBELLO.

I commercianti di via Alessandria

Nel 1943 Bruno Piperno e Lello Spagnoletto possiedono un negozio di mobili a via Alessandria a Roma. Armando Savi conosce i due commercianti ebrei fin ragazzi. Nel 1943 li nasconde in una cantina a Monteleone Sabino dove vive sua madre, Fernanda Savi. I due giovani trovano rifugio in un vano celato da un mobile. Ogni giorno la signora sposta la credenza per dar loro da mangiare e per svuotare il vaso dei bisogni. Nei due mesi di permanenza dei due ragazzi ebrei la vita di tutta la famiglia Savi, compresi i cinque figli, viene messa a repentaglio dalla presenza dei tedeschi nel paese e dal fatto che spesso questi ultimi en-trassero ubriachi in casa. Per il coraggio e l’altruismo mostrato, Armando, è stato considerato un giusto dalla Comunità ebraica.

Le foto che accompagnano questa curiosità sono custodite nel volume “Come eravamo, Trieste Salario 1860-1950, il quartiere nelle immagini degli abitanti”, di Typimedia Editore. Un autentico viaggio nella memoria del Trieste-Salario con un’attenzione particolare al periodo della Seconda guerra mondiale.

Un viaggio realizzato grazie al contributo degli abitanti del quartiere, che hanno messo a disposizione i loro album di famiglia con foto di straordinario valore affettivo, oltreché storico. All’opera hanno anche contribuito aziende, esercizi commerciali e archivi di vario genere.


Sostieni RomaH24 Sostieni RomaH24
grazie