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Dal lager a viale Eritrea: la storia di Alberto Mieli, testimone della Shoah

di Antonio Tiso

Dal lager a viale Eritrea. È il percorso di vita di Alberto Mieli, superstite dell’Olocausto e commerciante storico all’Africano. Scomparso nel 2018 a 92 anni, la sua è stata una storia di resilienza. Una parabola di vita da ricordare nel “Giorno della Memoria”.

Alberto Mieli nel dopoguerra, venditore ambulante in canottiera. Al ritorno da Auschwitz trova lavoro vendendo abbigliamento in giro per i mercati di Roma. Spesso viene in viale Eritrea dove nel 1964 apre un suo negozio

Il 27 gennaio è infatti la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz. In tutto il Paese vengono ricordati la Shoah e le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia o la morte, ma anche coloro che si sono opposti al progetto di sterminio.

Campo Testaccio: Alberto Mieli, terzo in basso a sinistra, è il terzino destro della Stella Azzurra. Nella Capitale, nell’immediato dopoguerra, questa squadra diventa una delle prove più evidenti della voglia della comunità ebraica di riaffacciarsi al mondo

Le ferite di Alberto non erano fisiche, ma comunque profonde e radicate. Per molti anni non ha voluto parlare di quanto accaduto durante la prigionia. Al suo arrivo ad Auschwitz gli viene tatuato sul braccio il numero 180060, poi viene impiegato nelle fabbriche belliche del lager. A distanza di cinquant’anni dalla tragica vicenda divenne uno dei più attivi testimoni contemporanei del dramma della Shoah.

Gabriele Mieli, uno dei tre figli di Alberto, di fronte al negozio di famiglia in viale Eritrea 100. Inaugurato dal padre nel 1964 è tuttora aperto e vende abbigliamento

Le foto che accompagnano questa curiosità sono custodite nel volume “Come eravamo, Trieste Salario 1860-1950, il quartiere nelle immagini degli abitanti”, editore Typimedia. Un autentico viaggio nella memoria del Trieste-Salario con un’attenzione particolare al periodo della Seconda guerra mondiale, di cui nel 2020 ricorre l’ottantesimo anniversario.

La copertina del libro “Come eravamo Trieste-Salario 1860-1950”

Un viaggio realizzato grazie al contributo degli abitanti del quartiere, che hanno messo a disposizione i loro album di famiglia con foto di straordinario valore affettivo, oltreché storico. All’opera hanno anche contribuito aziende, esercizi commerciali e archivi di vario genere.


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