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Dal Circeo a viale Pola, un massacro di 35 ore

di Sara Fabrizi

Accade che un giorno di settembre del 1975, per caso, due ragazze di 17 e 19 anni escono con alcuni giovani, conosciuti tramite un amico comune, un certo Carlo. Vanno al bar del Fungo, all’Eur. Bevono qualcosa, chiacchierano, trascorrono qualche ora in compagnia. C’è poi l’invito a rivedersi presto, il lunedì successivo, 29 settembre, di fronte al cinema Ambassade,. All’appuntamento si presentano in due perché Carlo, dicono, è a Lavinio, vicino ad Anzio, alla sua casa al mare. Li sta aspettando lì. In quella villa, però, non arriveranno mai.
Donatella Colasanti (17 anni) e Rosaria Lopez (19 anni) conoscono così i loro aguzzini. In un pomeriggio di fine estate. Sono Angelo Izzo e Giovanni Guido, detto Gianni. Figli della borghesia medio-alta del Trieste-Salario, iscritti alle migliori scuole del quartiere: apparentemente, per chi non li conosce, due tipici bravi ragazzi di buona famiglia. Se Donatella e Rosaria avessero avuto idea dei loro precedenti, probabilmente non li avrebbero mai seguiti. Izzo milita nell’estrema destra, è un “picchiatore nero” e si è anche macchiato di vari furti e stupri.

La gita si trasforma in un incubo
Ma il 29 settembre 1975 le due giovani salgono in auto e partono con loro, direzione mare. Arrivano a Villa Moresca, sul promontorio del Circeo, zona Punta Rossa. È di proprietà di un altro amico, Andrea Ghira, che Donatella e Rosaria non hanno ancora incontrato. Dovrebbe essere una breve sosta prima di dirigersi verso la vera meta. Accendono la musica, parlano, tutto sembra tranquillo finché la situazione non prende una piega imprevista. Come racconterà poi Donatella Colasanti, Izzo e Guido tentano di convincere le ragazze a fare sesso. Prima provano a corromperle offrendo in cambio un milione di lire ciascuna, poi Gianni Guido tira fuori la pistola e minaccia. Dice che fanno parte del clan dei Marsigliesi, la banda criminale che si muove tra Roma e Marsiglia, occupandosi principalmente di spaccio e sequestri di persona. Aspettano il loro capo, Jacques Berenguer, che in realtà è Andrea Ghira, il padrone di casa, loro amico e compagno in questa atroce follia. Poi le chiudono a chiave in un bagno senza finestre. Le fanno uscire a turno, le fanno spogliare, le costringono a soddisfarli, poi le rinchiudono di nuovo. Quando arriva Jacques-Ghira, la situazione è ormai avviata verso l’irreparabile.

Donatella sente le grida di Rosaria
Passano ore interminabili durante le quali le violenze si accumulano: botte, schiaffi, sevizie di ogni genere, mentre le due ragazze cercano, in lacrime, di farsi riportare a casa, a Roma, lontano dall’orrore che stanno vivendo. Alla fine, forse stanchi del crudele gioco che stanno portando avanti, Izzo, Gianni e Ghira decidono che è arrivato il momento di concludere. Dicono alle ragazze che, per tornare a casa, devono addormentarle. Rosaria e Donatella vengono divise. La prima viene portata al piano superiore, Donatella la sente gridare. Poi il rumore di acqua che scorre e dei gemiti, come di qualcuno che viene affogato. Rosaria Lopez muore così, annegata nella vasca da bagno. Subito dopo, in tre, tentano di mettere a tacere anche Donatella. Le punture per addormentarla non bastano, provano a colpirla in testa, poi a strangolarla con una cintura di cuoio e a colpirla nuovamente. Decidono poi di caricarla nel portabagagli dell’auto e di sbarazzarsene con un colpo di pistola, ma Donatella si finge già morta. Condivide lo spazio angusto del bagagliaio con il cadavere della sua amica. Sente Gianni dire: «Guardate come dormono bene queste due. Silenzio, che qui ci stanno due morte».
Il Massacro del Circeo si conclude in via Pola, a poca distanza dalla Nomentana. Qui viene parcheggiata la Fiat 127 in cui giacciono Donatella Colasanti e Rosaria Lopez. I tre se ne vanno a cena. Sono i rumori che provengono dall’auto a destare i sospetti di un metronotte che avverte una vicina volante dei carabinieri. Il messaggio cifrato diramato è «Cigno, cigno… c’è un gatto che miagola dentro una 127 in viale Pola». È la sera del 30 settembre.

Ma Angelo Izzo ucciderà ancora
Poche ore dopo, il primo ottobre, Angelo Izzo e Gianni Guido finiscono in manette con l’accusa di omicidio. Ghira, invece, è latitante e non sconterà mai neanche un giorno di carcere, nonostante la condanna in contumacia. Come risulterà poi dalle indagini, Ghira è riuscito a riparare in Spagna, dove ha cambiato nome in Massimo Testa de Andres e si è arruolato nel Tercio, la legione straniera spagnola. È scomparso nel 1994, morto di overdose a Melilla, città spagnola in Marocco. La salma è stata riesumata (per la seconda volta, dopo un primo esame nel 2005) il 15 gennaio 2016 per confermarne l’identità. La condanna all’ergastolo, datata 29 luglio 1976, porta Izzo e Guido al carcere di Latina. Da qui, nel gennaio 1977, cercano di evadere prendendo in ostaggio una guardia carceraria, ma senza successo. Il 28 ottobre 1980 la sentenza di Guido è stata modificata e ridotta a 30 anni, dopo una dichiarazione di pentimento e un risarcimento milionario alla famiglia Lopez.
In seguito è fuggito dal carcere di San Gimignano, riparando a Buenos Aires, dove è stato di nuovo catturato. Prima di essere estradato, però, nell’aprile del 1985 riesce di nuovo a far perdere le proprie tracce. Verrà ritrovato a Panama nel giugno 1994. La sua detenzione è terminata il 25 agosto 2009.
Angelo Izzo, invece, ha continuato a far parlare di sé, fornendo la propria versione di tanti misteri italiani, dalla strage di piazza Fontana agli omicidi di Carmine Pecorelli e Piersanti Mattarella. Rilasciato in regime di semilibertà nel 2004, ha ucciso ancora. Le sue vittime sono Maria Carmela e Valentina Maiorano, moglie e figlia di Giovanni Maiorano, ex affiliato della Sacra corona unita e pentito.
Donatella Colasanti ha lottato per avere giustizia fino alla fine.
Si è spenta il 30 dicembre 2005 per un tumore al seno.

Angelo Izzo
Nato il 23 agosto 1955 a Roma, figlio di un costruttore e di una madre casalinga, ha cominciato a militare nei gruppi di estrema destra fin dai 13 anni. Secondo le sue stesse dichiarazioni, avrebbe partecipato a numerose rapine, stupri di gruppo e altre violenze e sarebbe in possesso di informazioni rilevanti riguardo i maggiori delitti irrisolti in Italia.

Giovanni Guido
Nato il 10 gennaio 1956 a Roma, è l’unico dei tre responsabili del Massacro del Circeo attualmente in libertà. Ha finito di scontare la sua pena il 25 agosto 2009, dopo un anno di affidamento ai servizi sociali. Nel 1980 ha ottenuto uno sconto di pena e, in seguito, ha trascorso lunghi periodi come latitante all’estero.

Andrea Ghira
Nato il 21 settembre 1953, dopo il massacro del Circeo riesce a fuggire in Spagna dove cambiò nome in Massimo Testa de Andreas, entrando nel Tercio de Armada. Morirà il 2 settembre 1994 a Melilla, per overdose. Soltanto nel 2016 è stata confermata l’identità del corpo sepolto a Melilla.

Un romanzo-indagine sul delitto i suoi protagonisti e gli anni ‘70
Nel suo romanzo “La scuola cattolica” (Rizzoli 2016), Edoardo Albinati, coetaneo e compagno di scuola di Angelo Izzo e Gianni Guido (il San Leone Magno; Ghira frequentava il Giulio Cesare), racconta il massacro del Circeo inserendolo in un ampio contesto: gli anni Settanta, un quartiere residenziale come il Trieste-Salario, una scuola privata che all’epoca era rigorosamente maschile, il sesso e la violenza – quella politica ma anche quella contro le donne – che si intrecciano. Albinati si interroga su quel delitto e allo stesso tempo lo inquadra in una sorta di indagine storica sull’epoca dei fatti e sui suoi protagonisti cresciuti in un ambiente esclusivamente maschile e borghese, delle zone più oscure che si celano dietro la patina del benessere e della rispettabilità. Con “La scuola cattolica” Albinati, nato a Roma e cresciuto al Trieste-Salario, ha vinto il premio Strega 2016.

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