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Azzurra Primavera, la fotografa dei nomadi

di Antonio Tiso

C’è un modo “giusto” per fotografare l’emarginazione? Esiste uno stile migliore degli altri per fermare l’occhio su quelli che spesso, a torto o a ragione, consideriamo i “miserabili” (nell’accezione nobilmente letteraria di Victor Hugo) della nostra società?

A queste domande sembra rispondere una fotografa che spesso lavora nel Trieste-Salario. Lei si chiama Azzurra Primavera, ha 40 anni ed è originaria di Roma. Porta un ciuffo castano alla Woodstock, il canarino amico di Snoopy. Ha cominciato a fotografare dopo la maturità classica, seguendo la sua naturale inclinazione per il ritratto. Il suo primo progetto personale si intitola Un anno in camerino. Oggi che di strada ne ha fatta, collabora con Rai Fiction come fotografa di scena e pubblica i suoi ritratti sulle principali testate nazionali ed internazionali. Azzurra è conosciuta come la fotografa degli attori. Davanti alla sua lente hanno posato nomi celebri come Giorgio Albertazzi, Monica Guerritore, Gabriele Lavia, Isabella Ferrari, Gigi Proietti, Katia Ricciarelli, Christian De Sica, Ricky Tognazzi e ancora tanti. Eppure, un po’ per caso, è diventata anche la fotografa dei nomadi, che incontra da almeno dodici anni sotto al Ponte delle Valli.

«Vado tutti i giorni sulla Ciclabile Aniene, mi piace la luce. Poi c’è questo contrasto tra il verde della natura e i murales underground alle pareti. È un posto affascinante che considero il mio studio en plein air. Lo utilizzo come set per i book agli aspiranti attori. I nomadi li ho sempre incontrati, ma non si era mai instaurato un rapporto con loro. Poi una mattina di tanti anni fa, accadde che uno di loro si mise in posa, quasi scansando l’attore con cui stavo lavorando. Lo fotografai e il giorno dopo gli portai la stampa. Lui la mostrò ai compagni di baracca e ventiquattr’ore dopo avevo la fila di nomadi che mi chiedevano un ritratto. Volevano essere fotografati come gli attori, un po’ in stile “Suburra”».

Nel tempo è nata una consuetudine, una sorta di patto implicito tra Azzurra e i nomadi che incontra. Poche parole e molti click. «Gli uomini si mettono in posa col cellulare o con gli occhiali da sole. Le ragazzine vanno a cambiarsi d’abito, vogliono essere ritratte di nascosto dai genitori, con i pantaloni. Sono vanitose o forse riscoprono solo la loro femminilità: prima dello shooting si sciolgono i capelli e si pettinano».

Le foto di Azzurra stupiscono per l’immediatezza degli sguardi, sono ritratti non giudicanti, eppure anche per lei, i nomadi restano un enigma: «Devo dire che pur incontrandoli sovente e anche se si fidano di me restano imperscrutabili. Perfino la loro età è indefinibile. Nel tempo sono aumentati di numero, ora sono principalmente coppie o ragazzi. Prima erano per lo più famiglie, tanto che qualche bambino l’ho visto crescere e diventare uomo».

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