1 Aprile 2020 - 12:00 . Trieste . Cronaca

Mercato Trieste, Also Wine riapre per l’emergenza: “Ora cuciniamo per gli anziani”

Il box di Also Wine al mercato Trieste
Il box di Also Wine al mercato Trieste

“Sì, abbiamo paura. Abbiamo capito, però, che il nostro servizio poteva essere utile a chi prima era assistito da colf e badanti. Dopo lo scoppio della pandemia del Coronavirus, molte di loro se ne sono andate. E così adesso cuciniamo noi”. C’è chi si appiglia alle maglie della legge pur di aprire, mentre tutti chiudono. Paolo Elia Serrao e la moglie Claudia Seminaroti avevano un bistrot all’interno del mercato Trieste. “Also Wine”, box numero 117. Quando il governo ha disposto la chiusura delle attività non essenziali per contenere la diffusione del Covid-19, loro hanno chiesto di poter riaprire come cucina da asporto per le consegne a domicilio.

 

Paolo Elia Serrao e la moglie Claudia Seminaroti

In direzione ostinata e contraria, canterebbe De André. Acquistano tra i banchi i prodotti del mercato, li cucinano e li portano nelle case. In quelle degli anziani, soprattutto. “Per loro, la consegna è gratuita”, dice Paolo.

Che cosa vi ha spinto ad aprire in un momento così drammatico per il Paese?

“Noi siamo in questo box dal 2016. Prima “Also Wine” era solo un’enoteca. Era gestita da mia moglie Claudia, mentre io facevo il manager in una società di logistica. Poi ho deciso di mollare il lavoro e ho fatto domanda per allargare il box. Adesso io e lei abbiamo anche un banco di gastronomia. La caratteristica è che abbiamo solo prodotti del mercato Trieste. Purtroppo, ora dobbiamo limitarci al servizio della cucina da asporto per le consegne a domicilio.

Il box di Paolo Elia e Claudia

Non potevate aspettare la fine della pandemia?

“Volevamo dare il nostro contributo. Un po’ come il mercato che ci ospita e che, grazie ad alcuni volontari, porta gratis il cibo a casa di chi non può uscire. Non è stupendo?”.

Chi vi ha suggerito di compiere questo passo?

“Abbiamo accettato la proposta della presidenza del mercato (è guidato dal biologo Amedeo Valente, ndr), che assieme al II Municipio spingeva per promuovere i prodotti del mercato: sono tutti a chilometro zero”.

Con quale criterio li scegliete?

“La mattina mi faccio un giro tra i banchi e compro quello che mi piace di più. Magari prendo dieci carciofi dal banco di Filomena e con quelli faccio la lasagna. Oppure cucino salsiccia e broccoletti con la carne di Massimiliano (Marabitti, una macelleria storica del mercato Trieste, ndr)”.

Paolo Elia con il piatto che gli riesce meglio: le lasagne al ragù

La scelta di aprire una cucina da asporto per le consegne a domicilio, in un periodo in cui tante persone cucinano a casa, è coraggiosa anche da un punto di vista economico.

“È vero, ma così evitiamo alla gente di uscire di casa. La spesa la facciamo noi e siamo noi che cuciniamo i piatti. In questo modo, il prodotto arriva in tavola direttamente dal produttore. Ho sempre creduto in questo mercato. E ci ho creduto a tal punto da lasciare un impiego stabile. Prima del Coronavirus, l’obiettivo era quello di portare la gente al mercato, per far riscoprire loro il piacere delle piccole cose. Quelle che non si trovano nei supermercati”.

Che cosa intende per “piccole cose”?

“Parlo del contatto tra le persone, parlo del rapporto umano che si crea con i commercianti. Parlo anche del Dopomercato (una rassegna di eventi culturali ed enogastronomici, ndr). Qua abbiamo fatto il “Burlesque” e abbiamo messo in scena l’“Opera Carmen”. Nel 2016, prima che Amedeo Valente divenisse presidente, il mercato Trieste non era attivo come lo è adesso. Grazie al Dopomercato, ha ripreso vita. Io sono convinto che il mercato non debba essere solo un punto dove recarsi per fare la spesa, ma un luogo dove ritrovarsi. Un ambiente informale dove, se vuoi, puoi anche leggere e consultare dei libri, grazie al booksharing. Peccato che il parcheggio sia ancora chiuso. I lavori di ristrutturazione sarebbero dovuti terminare a giugno. Se ne riparlerà tra settembre e ottobre. O almeno così speriamo”.

Qual è il piatto che vi riesce meglio?

“A mia moglie, salsicce e fagioli. A me, le lasagne al ragù”.

Prima di riaprire, com’era la sua giornata tipo durante la quarantena?

“Andavo a letto tardi e così mi svegliavo a metà mattinata. Non ero più abituato alla vita da universitario. Durante il giorno, comunque, io e mia moglie lavoravamo. Per aprire un locale del genere in piena emergenza sanitaria, bisogna studiare parecchie carte. Di buono c’è che ci siamo goduti di più la nostra Sophie, che ha quattro anni”.

Passata l’emergenza, crede che cambierà qualcosa nelle abitudini degli italiani?

“Ne dubito. Forse resterà impressa l’esperienza della spesa. Tanti clienti ci dicono che preferiscono noi rispetto al supermercato, perché nelle consegne siamo più efficienti. Si è sparsa la voce. Magari, perché la grande distribuzione ha numeri maggiori e non riesce ad accontentare tempestivamente tutte le richieste. Ecco, sì, penso che di questo le persone non si dimenticheranno”.

Dice che la gente non si ricorderà più della quarantena?

“Noi italiani abbiamo la memoria corta. Ci uniamo nelle difficoltà, ma poi ci dimentichiamo che ci siamo uniti. Siamo fatti così”.

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