29 Ottobre 2018 - 13:47 . Trieste-Salario . Cronaca
L’analisi: perché la sindaca Raggi non può snobbare la Roma che dice basta
di Luigi Carletti
Chiunque conosca alcuni di quelli che sabato hanno manifestato in piazza del Campidoglio, sa benissimo che con i partiti politici – e segnatamente con il Pd – quella gente c’entra in minima parte. Diciamo questo non perché essere del Pd sia una colpa o un merito, ovvio, ma perché una manifestazione apartitica come quella intitolata #Romadicebasta può essere, altresì, profondamente politica. Dove per politica si intende l’interesse comune per la polis, ovvero – in questo caso – per Roma e la sua gestione.
Che fossero cinquemila o la metà, le persone che si sono riversate al Campidoglio rappresentavano comitati e associazioni che hanno volti, nomi e cognomi. Gente che ci ha messo la faccia e in maniera civile ha manifestato il proprio dissenso (dolore autentico in molti casi) per come la Capitale è governata da due anni a questa parte. Dunque persone in carne e ossa, ampiamente in grado di motivare la protesta. Niente a che vedere con la massa turbolenta, anonima e informe che si agita dietro nickname e campagne web, spesso disgustose, create ad arte su quei social media che tanto peso hanno avuto nelle fortune del Movimento Cinquestelle.
Eppure la sindaca Raggi, con la consueta soavità prossima a un ebetismo sicuramente solo apparente e quindi teatrale, ha liquidato la manifestazione con una definizione degna della sua migliore antologia: “E’ il Pd mascherato, orfano di mafia capitale”. Un’affermazione che suona sciocca e che dimostra – senza alcuna scusante – come la sindaca, oltre che amministratore pubblico incapace, sia una politica senza alcuna strategia. Ma come può una “prima cittadina” archiviare la protesta di migliaia di cittadini su problemi oggettivi, che sono sotto gli occhi di tutti, definendola di fatto una manifestazione mascherata? Ci sono (ci sarebbero stati) decine di modi più civili e costruttivi per rispondere alle richieste dei manifestanti, ma lei ha scelto l’unica strada che conosce bene: quella dell’insulto e dello svicolamento.
Da che cosa svicola, la sindaca Raggi? E’ molto semplice: dalle responsabilità. Perché una cosa è stare all’opposizione e lanciare la carica grillina sugli errori (e in alcuni casi sulle oggettive malefatte) di certi predecessori, altra cosa è farsi davvero carico dei problemi di un mostro amministrativo come Roma e cominciare a trovare soluzioni. Per riandare a una Roma degradata e a rischio per chi vi abita come quella di oggi, bisogna tornare a epoche ormai piuttosto distanti, in cui la differenza con le altre capitali occidentali risaltava assai meno, anche perché la comunicazione non era quella di oggi e quindi le possibilità di fare raffronti erano molto minori. Ma adesso, basta banalmente prendere un treno per Milano tornando in giornata, per provare la sensazione di essere passati dall’Europa a un continente arretrato.
Le responsabilità non sono solo della Raggi e dei Cinquestelle, sia chiaro. C’entrano le amministrazioni precedenti, c’entra la pasciuta e autoreferenziale burocrazia statale, e c’entrano pure lo scarso senso civico e amor proprio di molti romani, bravissimi nel protestare e nel pretendere, ma con un grado di irresponsabilità spesso inconcepibile. Ma è proprio in congiunture gravi e pericolose come quella che stiamo vivendo, che si vede la capacità di essere motore e leader di un cambiamento che, appunto, dovrebbe coinvolgere più soggetti. La Raggi e la sua amministrazione, forti di un consenso originato dal vento populista e da tanta disperazione, avrebbero dovuto capire da tempo che c’è parecchio da fare. Non sono più all’opposizione. L’opposizione sta in piazza, e fa legittimamente il suo mestiere. Che non è difficile, viste le condizioni in cui versa la Capitale.