29 Aprile 2020 - 18:45 . Trieste-Salario . Cronaca
Il parrucchiere Antonio Morici scrive a Conte: “La situazione è drammatica”
“Siamo stati abbandonati, ho cinque dipendenti e un salone prestigioso da mandare avanti, ma dal governo non è arrivato nessun aiuto e la riapertura continua a slittare. Sono vicino al mio collega di Padova che si è incatenato per farsi sentire”. Questo è il grido di allarme di Antonio Morici, parrucchiere di un prestigioso salone nel nostro quartiere, in via Cattaro 10, nonché personaggio del volume di Typimedia “Trieste-Salario in 100 personaggi (+1)“.
L’hair stylist ha inviato una lettera al Corriere della Sera diretta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, facendosi portavoce di una categoria messa in ginocchio dall’emergenza Covid-19: “Ho cercato di scrivere un messaggio civile e rispettoso delle istituzioni – spiega a Roma H24 –. Per noi parrucchieri la situazione è drammatica. Non abbiamo visto ancora un soldo dal decreto Cura Italia e dobbiamo portare avanti comunque le spese. Ho cinque dipendenti con figli e affitti da pagare, quando li sento mi viene da piangere pensando al dramma che dovranno affrontare”.
Per barbieri e parrucchieri questi mesi di chiusura causata dall’emergenza Covid-19 sono stati duri, durissimi. Nessun contatto con i clienti di sempre, nessuna entrata economica, ma soprattutto, un futuro poco chiaro: “Non si capisce quando riapriremo, è inaccettabile! – sbotta – Come facciamo ad andare avanti? La mia lettera voleva esprimere proprio questo e ringrazio i tanti clienti e amici del quartiere che mi hanno scritto per dimostrarmi vicinanza”.
Non manca infine un commento di Morici sull’eclatante gesto di un suo collega di Padova che, qualche giorno fa, si è incatenato davanti all’ingresso del suo negozio con mascherine e guanti: “Lo capisco e gli sono vicino, credete che abbia provato piacere a farsi fotografare in quelle condizioni? – dice – In un momento come questo l’unico modo per farsi sentire è compiere gesti eclatanti. Altrimenti il nostro dramma verrà presto dimenticato. Di nuovo”.
QUESTA LA LETTERA INTEGRALE DI MORICI
“Questo è un accorato appello a nome di tutta una categoria, parrucchieri ed estetisti in ginocchio, che spera di essere ascoltata. Vi prego di darci voce.
Egregio Presidente del Consiglio, posso solo immaginare la quantità di difficoltà che si trova a dover affrontare in questo momento. Così come sono convinto che a sua volta saprà immaginare cosa significa per un parrucchiere o per un’estetista dover attendere oltre tre mesi prima di riaprire la propria attività. Mi permetta, il mio è tutto fuorché egoismo di parte. La mia è una supplica. Rispettosa, ferma, chiara. Soprattutto motivata. Non mi metto a discutere le origini delle sue scelte, anche se a mio avviso è evidente quanto siano illogiche, incomprensibili, inaccettabili.
Il suo decreto è lì a confermare che i presupposti per riaprire prima di giugno ci sono! Accetteremo le disposizioni, il rapporto 1 a 1, tutto ciò che ci chiederete di fare. Ma una cosa, proprio non ce la deve chiedere, presidente. Perché lei ci sta chiedendo di chiudere. Di chiudere, non di tenere chiuso! Un’impresa su tre non è in grado di reggere l’impatto di un altro mese senza incassi! E attenzione, deve essere chiaro: se lo Stato prevedesse aiuti concreti, non sarei nemmeno qui a scriverle! Ma la situazione la conosciamo, e possiamo constatarla nei giorni che seguono ai suoi messaggi.
Si rende conto che i costi continuano ad essere quasi gli stessi e che per molte imprese 600 euro servono per coprire quelli di un giorno? Inoltre, a che serve dilazionare i costi, quando i profitti sono stati annullati?! Perché attendere giugno? Perché? Perché, oltretutto, consegnare decine di migliaia di persone all’abusivismo incontrollato, che oltre a farsi beffe di lei e di chi le paga le tasse, striscia di casa in casa moltiplicando i rischi di contagio? Può davvero, Presidente, assumersi la responsabilità di far chiudere le imprese e far prosperare l’illegalità? Le chiedo di ascoltare con attenzione diretti interessati, associazioni e parti sociali.
Le chiedo di restituire dignità ad un mestiere e a chi le chiede solo di poterlo svolgere, al più presto, nel pieno rispetto delle sue disposizioni. Le chiedo di mostrare coscienza, senso di responsabilità, e capacità strategica. Perché non si può distruggere in un trimestre ciò che è stato creato, spesso con anni e anni di impegno, di passione, di dedizione. Le chiedo di estinguere quel senso di impotenza che ci soffoca e che può provocare danni incalcolabili, se non irreversibili, alle persone come alla società. Serve coraggio. Serve che lei faccia riaprire prima di giugno. Serve ridare speranza, forza, cuore, a chi merita un suo segnale concreto! Serve riaprire.
Nel rispetto delle regole e delle persone che certamente le sapranno rispettare. Serve generare fiducia, prima che venga smarrita per sempre… Con tutti i rischi che ciò potrebbe comportare e che si spinge ben oltre il Coronavirus. Confido nella sua capacità di comprendere, di riflettere, di agire”.