6 Agosto 2020 - 19:00 . FuoriQuartiere . Cultura

“Il fascismo? Dico sì al museo”. La lezione di Zevi, che lotta per la memoria della Shoah

Pietra d'inciampo a piazza Ledro
Pietra d'inciampo a piazza Ledro

“Un museo del fascismo a Roma? E perché no”. Adachiara Zevi è la custode della memoria. È la donna che, per la Comunità ebraica di Roma, si occupa di posizionare nei quartieri – anche nel nostro – le pietre di inciampo: nome dell’arrestato. Poi deportato. Poi assassinato. Zevi è presidente della associazione “Arte in memoria”. È una guardiana della Shoah, il cui museo attende da venti anni di essere costruito: a Villa Torlonia, nel Trieste-Salario. Quello del fascismo, invece, non vedrà mai la luce. La sindaca Virginia Raggi ha spento sul nascere le polemiche, ha bocciato quella che era stata un’idea proprio pentastellata (!): “Roma è antifascista”, ha chiosato.

Adachiara Zevi

I PERCHÈ DEL SÌ

La domanda è: Zevi cosa ne pensa? Zevi, che tra l’altro è la sorella di Luca, il progettista del museo della Shoah. A (grandissima) sorpresa, Adachiara non solo non chiude all’ipotesi ma sarebbe favorevole. “Un museo del fascismo? Potrebbe essere un’occasione per fare i conti con la storia di quel periodo – dice a RomaH24 – e raccontare cosa sia davvero successo, a patto di affidare il progetto a un’equipe di storici preparati”.

L’ESEMPIO CHE VIENE DALLA GERMANIA

Per Zevi, l’esempio è la Germania: “Se il progetto venisse affidato a un’equipe di storici seri e costruito con finalità di insegnamento e di memoria, come quello che sorge a Berlino, e non di celebrazione, perché no?”. Non dimenticare. Quello è lo scopo. Per questo, Adachiara annuncia la posa di ventuno nuove pietre d’inciampo a Roma: “Come ogni anno, l’appuntamento è a gennaio, in diversi punti della Capitale”. In attesa che venga costruito un museo della Shoah, è così – con questi sampietrini dell’Olocausto – che Roma prova a non disperdere il patrimonio della più grande tragedia vissuta dall’umanità.