23 Febbraio 2021 - 15:00 . Coppedè . Personaggi

Genovese, il regista del quartiere presenta la serie tv di “Tutta colpa di Freud”

Il regista Paolo Genovese, che da anni abita al Coppedè
Il regista Paolo Genovese, che da anni abita al Coppedè

Conto alla rovescia per “Tutta colpa di Freud“, la serie tv nata da un’idea di una conoscenza del quartiere come Paolo Genovese, che nel 2014 diresse il film e che oggi ha affidato il progetto seriale a Rolando Ravello.

La serie andrà in onda dal 26 febbraio, in otto episodi, su Amazon Prime Video. Nel cast Claudio Bisio, nel ruolo dello psicologo vittima degli attacchi di panico, oltre a Max Tortora, Claudia Pandolfi, Luca Bizzarri, Marta Gastini, Caterina Shulha e Demetra Bellina.

“La sceneggiatura era lunghissima, segno che su questo tema c’era tanto da dire – ha raccontato Paolo Genovese, protagonista del volume Typimedia “Trieste-Salario in 100 personaggi (+1)” -. C’è sempre rimasta la voglia di fare una serie e di approfondire delle storie. Tre anni fa Mediaset ci ha chiesto di partire e abbiamo iniziato a scrivere la storia. Rimane l’idea iniziale di un padre da solo e la gestione delle tre figlie, circondato da amici e altri personaggi che lo aiutano e gli stanno vicino. Poi le storie prendono una loro identità, una strada anche molto diversa rispetto all’origine. La serie quindi si discosta molto dal film“.

L’idea è sempre quella di scrivere un prodotto che possa essere assoluto e Freud aiuta, con prassi famigliari, sentimentali, psicologiche: abbiamo cercato di non raccontare dinamiche umoristiche proprie solo del nostro Paese. Credo infatti che questo sia un prodotto godibile non solo per noi, e Amazon ti dà l’occasione di farti vedere in giro per il mondo”, ha ammesso il regista, che da anni vive a Coppedè.

Che poi ha piegato il perché affidare la regia a Ravello: “Non ho deciso di dirigere perché penso sia importante cambiare punto di vista e mi piaceva vedere come qualcun altro lo facesse, e Rolando Ravello è un regista estremamente capace di raccontare le relazioni umane. Per un autore è molto stimolante guardare come qualcun altro racconti le sue storie. Non c’è nulla di autobiografico, io parto dall’idea di non far film autobiografici perché il rischio può essere la noia, l’effetto dei filmini delle vacanze, quindi rifuggo abbastanza: c’è sempre una rielaborazione esterna con la costruzione di personaggi assoluti, non mi diverte la troppa identificazione con la mia vita”.

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