20 Maggio 2022 - 13:42 . Africano . Cultura

Il dibattito di Cortocircuito alla Eli: “Pandemia, sappiamo molto di più, ma dobbiamo investire su digitale e sanità”

Giulia Argenti, Carlo Picozza, Luigi Carletti, Marco Mottolese, Michele Mezza
Giulia Argenti, Carlo Picozza, Luigi Carletti, Marco Mottolese, Michele Mezza

di Daniele Magrini

Tutto quello che ci ha insegnato la pandemia. Siamo migliori dell’era pre-Covid? È il tema del quarto incontro di “Cortocircuito” la rassegna organizzata da Romah24 alla Libreria Eli di viale Somalia a Roma. Un argomento affrontato sotto vari aspetti in un dibattito a più voci, condotto dal giornalista Carlo Picozza, con Giulia Argenti di Romah24.

L’editore Francesco Palombi, per la Libreria Eli, ha introdotto il tema presentando gli ospiti, a cominciare, in qualità di esperto, da Michele Mezza, docente di Epidemiologia Sociale, Algoritmi e Big Data all’Università Federico II di Napoli. Giornalista, per 40 anni in Rai, autore del progetto di Rainews24, Mezza ha scritto numerosi saggi, tra cui due libri usciti durante la pandemia scritti insieme al virologo Andrea Crisanti, “Il contagio dell’algoritmo” e “Caccia al virus”, editi da Donzelli.

L’appuntamento ha visto la presenza di altri due autori, Marco Mottolese che ha scritto “Mi hanno inoculato il vaccino sbagliato” (Castelvecchi Editore) e Luigi Carletti, direttore di Romah24 e autore di “My personal Covid” (Typimedia Editore).

“Non possiamo ritenerci migliori, non fosse altro che dopo la pandemia stiamo vivendo una guerra – ha detto Carlo Picozza in apertura dell’evento –. Ma di opportunità ce ne sono, a cominciare dal tema dello smart working. Le esperienze degli autori, le tracce di riflessione che emergono dai loro libri, e l’analisi di un esperto di algoritmi come Michele Mezza possono aiutarci a capire”.

Quella di Luigi Carletti, in particolare, è un’esperienza di sopravvissuto al Covid. Come racconta nel suo volume, una cronaca in presa diretta dell’inferno del virus. Prima della campagna di vaccinazione di massa. “Giusto un anno fa – ha spiegato Carletti – mi trovavo all’Umberto I con un casco in testa. Un’esperienza molto dura, dalla quale è nato il mio libro. Sono arrivato al Policlinico, dove mi hanno salvato la vita, perché a un certo punto ho deciso di uscir fuori dalla vigile attesa, ascoltando i segnali che il mio corpo mi stava mandando e recandomi di persona al pronto soccorso. Siamo migliori? – si è chiesto Carletti –. Sì perché abbiamo aumentato la nostra conoscenza. Sappiamo riconoscere meglio anche la violenza verbale dei no vax: ne sono stato vittima con una mail ignobile che mi arrivò mentre ero ancora preda del Covid: mi avevano invitato al loro prossimo raduno, dopo che avevo scritto un editoriale molto duro sui negazionisti”.

Dal punto di vista della gestione digitale della pandemia quali sono stati gli errori commessi? Lo ha spiegato Michele Mezza: “La risposta è una – ha spiegato – e si chiama Immuni. A fine marzo 2020 la tracciabilità dei contagi avrebbe circoscritto fortemente la diffusione del virus. Si sarebbe dovuto fare ciò che Google e Apple fanno, guadagnandoci molti soldi. I due colossi, invece, hanno diffidato il Governo italiano da utilizzare il Gps e quindi Immuni è stato completamente inutile. Non so se siamo migliori rispetto a prima del Covid, ma senz’altro adesso abbiamo la pretesa sociale di farci spiegare bene quali siano gli approcci scientifici a vicende come la pandemia. Soprattutto di fronte a parole d’ordine inefficaci come la vigile attesa”.

Marco Mottolese e Michele Mezza

Se Carletti del Covid ha avuto un’esperienza di testimone diretto, Marco Mottolese l’ha osservato dall’esterno, raccogliendo le sue osservazioni in una serie di racconti che restituiscono nell’insieme una fotografia della pandemia. Che possa aiutarci a non dimenticare cosa sia stato il Covid: “Ho attraversato il virus raccontando tante storie – dice Mottolese –. Alcune palesemente inventate come quella della ragazzina inghiottita dal telefono, ma il resto è frutto dell’osservazione di ciò che accadeva durante le prime fasi della pandemia. Pensiamo agli autobus che giravano vuoti, con le strade deserte, senza persone. O ai ragazzi in età scolare che hanno imparato la pazienza. Dal mio punto di vista rispondendo alla domanda del titolo, la pandemia ci ha migliorato perché é stata un’esperienza collettiva: certo, ora caro virus, come ho scritto, adesso vattene”.

Carlo Picozza

Un altro interessante spunto di riflessione è arrivato dall’intervento del giornalista Carlo Picozza: “Il deficit più grande dalla sanità è stata la disumanizzazione del paziente. Nessun escamotage ragionieristico potrà ovviare alla mancanza di un rapporto profondo tra medici e paziente”.

Importanti anche i contributi del pubblico: dalla sala sono state narrate personali di malattia da Covid in cui non sono mancati errori nell’approccio di cura, ma anche attestazioni di merito alla professionalità di molti medici: “Il vivace dibattito in sala – ha concluso Luigi Carletti – dimostra che almeno fra i presenti non c’è il rischio della rimozione della pandemia“.