16 Novembre 2020 - 8:41 . Trieste-Salario . Cronaca

Covid, crisi senza fine per le discoteche. Il titolare del Piper: “Aiuti insufficienti”

L'ingresso del Piper in via Tagliamento
L'ingresso del Piper in via Tagliamento

di Vincenzo Costabile

Crisi senza fine per il mondo delle discoteche, chiuse ormai da febbraio a causa dell’epidemia di Covid-19. Giancarlo Bornigia, senior executive partner della Salario 2015 Srl che gestisce il Piper, la storica discoteca di via Tagliamento, lancia un appello allo Stato perché gli venga permesso di affrontare con maggiori strumenti la difficile situazione attuale. Un problema non solo del Piper ma di tutte le discoteche e di decine di locali a Roma e in tutta Italia.

“La crisi delle imprese ha effetti a cascata – commenta Bornigia -. Bisogna tener presente che il nostro mondo senza l’impresa privata non può andare avanti. Lo Stato può offrire dei servizi come la scuola, la salute, la sicurezza perché ci sono i privati e le imprese che pagano le tasse. È necessario che ci sia maggiore focalizzazione sulle aziende che sono il cuore dell’economia”.

Secondo i dati di Confcommercio, i locali da ballo e le discoteche a Roma sono circa un centinaio. E, a causa della chiusura forzata dovuta alla pandemia, perderanno il fatturato di un anno, che solo nella Capitale ammonta a più di 100 milioni. Inoltre, anche se dovessero riaprire nella prossima primavera, dovranno affrontare una difficile ripartenza.

Bornigia, che aiuti ha avuto da parte dello Stato durante la pandemia?
“Chiudere l’attività per un anno significa non avere entrate, sebbene i costi fissi rimangano. Penso agli affitti e ai mutui per i beni strumentali acquistati. In questi giorni stanno arrivando i ristori statali che sono insufficienti a garantire la continuità aziendale e una ripresa. Negli altri Paesi stanno ricevendo dei ristori molto superiori rispetto a quelli che riceviamo noi. Questo sta a indicare che altre nazioni, magari più floride, hanno valutato che il costo di una azienda che non esercita la propria attività è superiore a quanto invece ci stanno riconoscendo le nostre autorità”.

Qual è il suo appello alle istituzioni?
“Il nostro appello è quello di trovare un modo per ristorare maggiormente le nostre imprese, visto che hanno comunque dei costi fissi da pagare. Sono costi scritti in bilancio, sui quali le aziende hanno versato l’Iva e che quindi hanno generato per lo Stato anche un introito. Non avendo modo di recuperare l’Iva, perché non è possibile una compensazione non avendo avuto modo di incassare, lo Stato dovrebbe prendere in considerazione tutte quelle che sono le posizioni fiscali che sono aperte. Infatti una delle richieste che noi avevamo fatto era quella di valutare il rimborso di tutti i crediti fiscali scritti in bilancio nel 2018, che per alcune aziende sono decine di migliaia di euro”.

Secondo lei a cosa è dovuta l’insufficienza dell’intervento dello Stato?
“Su una categoria come quella delle discoteche le istituzioni non hanno grandi informazioni. Non conoscono bene i nostri conti economici e non riescono, senza una adeguata analisi, a stimare le perdite e quelli che sarebbero i ristori più convenienti”.

Qual è la reazione delle banche alla crisi della sua categoria?
“In questi giorni ci stanno arrivando le lettere delle banche, che vogliono rivalutare i nostri fidi (gli impegni assunti da un istituto bancario a mettere una somma a disposizione del cliente, ndr) e chiedono, oltre al bilancio del 2019, anche una stima su quello del 2020. Questo perché sono in corso le valutazioni dei fidi, ovvero se continuare a lasciarli aperti a una società oppure no. Le posizioni vanno quindi congelate e tutelate, con una garanzia propria, dallo Stato. Poi, quando si ritornerà alla normalità, lo Stato stesso potrà riprendere la garanzia perché l’imprenditore potrà riprendere la sua attività. Questa potrebbe essere una formula per far stare tranquille le banche, che essendo dei soggetti privati devono rispondere ai loro azionisti, i quali avranno a loro volta le loro preoccupazioni”.

Cosa prevede ora per il Piper?
“Rimaniamo chiusi in attesa dell’evoluzione della pandemia. Cerchiamo di manutenere il locale nel miglior modo possibile, anche perché è un locale storico. Si trova alcuni piani sottoterra e quindi soffre di difficoltà logistiche, come infiltrazioni d’acqua. Necessita quindi di una costante manutenzione per mantenere un ordine generale e tutti gli impianti efficienti. Quindi noi aspettiamo, non abbiamo altre alternative.”

Ha pensato di riconvertire l’attività?
“Per riconvertire l’attività, oggi, le leggi sono talmente tanto complicate, che si rischia di perdere le autorizzazioni amministrative che permettevano di svolgere l’attività precedente. Anche qui servirebbe un aiuto dello Stato per tutte quelle imprese che soffrono la crisi del settore. Ci dovrebbero essere delle leggi che semplifichino tutto l’iter burocratico che una impresa deve seguire quando decide di riconvertirsi, per esempio da discoteca in attività di ristorazione. Queste complicazioni ci impediscono di fare qualcosa di produttivo. Se non viene garantita e facilitata l’attività d’impresa, le aziende non sono in grado di riconvertirsi e di andare avanti. Servono semplificazioni burocratiche per permettere alle aziende di poter trovare una strada temporanea, alternativa, magari una opportunità per rimanere in piedi”.

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