24 Agosto 2020 - 15:16 . FuoriQuartiere . Cronaca

Amatrice, quattro anni dopo: il dolore, il ricordo e l’accusa del vescovo

La santa messa 4 anni dopo il terremoto di Amatrice
La santa messa 4 anni dopo il terremoto di Amatrice

È il giorno del lutto e del ricordo per Amatrice. Questa mattina, 24 agosto, a quattro anni esatti dal terribile sisma che l’ha sconvolta, la comunità ha ricordato le sue vittime con la santa messa presieduta dal vescovo di Rieti, Domenico Pompili. Alla cerimonia – all’aperto, nel campo sportivo cittadino – ha partecipato anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma non il sindaco Sergio Pirozzi, che su Facebook ha spiegato perché: “Oggi dovevate soltanto salire qui su, guardare il vuoto intorno dopo 4 anni, sentire il dolore delle persone rimaste a sopravvivere e chiedere scusa, non parlare di ricostruzione in partenza. Per questo io non c’ero”.

L’ACCUSA DEL VESCOVO
E proprio di fronte al premier e a centinaia di persone, il vescovo non ha risparmiato critiche alle istituzioni per quanto (non) fatto dal 2016 a oggi per risollevare Amatrice: “La ricostruzione è stata caratterizzata da lentezza non più sostenibile, come ha ricordato il commissario Legnini (alla ricostruzione del Centro Italia, ndr), che apprezzo per l’onestà intellettuale. Visto che tutto l’Appennino non ha smosso quello che ha creato il ponte di Genova. Non vogliamo morire di aiuti ma vivere di risorse” ha detto Pompili tra gli applausi degli amatriciani.

La cerimonia nel campo cittadino di Amatrice

QUATTRO ANNI DOPO
È la notte del 24 agosto 2016. È una bella serata di agosto, la temperatura è perfetta, c’è tanta gente in giro per
le strade, sia in centro che nelle frazioni. Le attività commerciali, che in inverno sono frequentate solo dagli abitanti, trovano ossigeno dal turismo stanziale e anche da quello occasionale: migliaia di persone, tra giugno e settembre, raggiungono questi luoghi incontaminati per trascorrervi le vacanze, specialmente i nonni con i nipotini, che arrivano appena chiudono le scuole. Agosto ad Amatrice è un bel sogno che in pochi istanti diventa il peggiore degli incubi.

Alle 3.36 – racconta Emma Moriconi ne “La Storia di Amatrice” (Typimedia Editore, 208 pagine) – del 24 agosto 2016 un boato rompe la notte. La terra comincia a tremare forte. In due minuti Amatrice viene rasa al suolo. Due minuti lunghissimi, in cui le persone cercano di fuggire, di mettere in salvo i propri cari, mentre tutto intorno crolla sollevando nuvole immense di polvere. Pochi istanti e l’aria è irrespirabile, le scosse sembrano durare un’eternità. Nella notte si sentono i rumori delle pietre che crollano e poi uno scenario surreale di silenzio, polvere e odore di gas. E lamenti, dalle macerie. Richieste di aiuto. Minuti che diventano ore interminabili di angoscia e di dolore.

 

Il vescovo Domenico Pompili

I primi ad accorrere in aiuto di chi è rimasto sotto le macerie sono gli stessi cittadini di Amatrice. Scavano con le mani, disperati, alla ricerca di amici, parenti, conoscenti. Il sindaco Sergio Pirozzi abita proprio dietro Porta Carbonara, si alza, prende una felpa, è quella dell’Amatrice calcio, la stessa che aveva indossato alla festa della squadra poche ore prima. Prende la moglie e i figli, li mette al sicuro, e poi corre verso l’antica porta della città. Porta Carbonara non c’è più: vede un cumulo di pietre ancora confuse con la nuvola di polvere densa che ne ha accompagnato il crollo, gli basta un istante per capire che Amatrice è stata colpita da uno dei peggiori terremoti della storia. Corre verso il centro, scava anche lui con le mani tra i sassi, cercando, sperando.

Amatrice non c’è più. Servono unità speciali per tirare fuori la gente dalle macerie, fate venire le unità speciali ad Amatrice e Accumoli, sentiamo gli strilli e io non so più cosa fare”: le parole di Pirozzi ai microfoni di tutto il mondo restano come un marchio a fuoco nella storia di questa terra.

299 morti: questo il bilancio complessivo della tragedia per le città di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, che si trova appena superato il confine con le Marche, a pochi chilometri da Amatrice in direzione di Ascoli Piceno. 239 sono le vittime ad Amatrice. Quasi il 10% della popolazione residente. 11 ad Accumoli, 49 ad Arquata del Tronto. I giorni dei recuperi dei corpi dalle macerie, del riconoscimento dei cadaveri, delle famiglie devastate, la conta dei morti, i funerali, con le 239 bare allineate e il Crocifisso appeso al tendone, le parole del vescovo Domenico Pompili, il volo dei palloncini bianchi nel cielo azzurro di Amatrice sono flash che restano come marchi a fuoco nelle coscienze e nelle vite di ciascuno.

ASCOLTA l’intervento di Emma Moriconi a “Tutta la città ne parla” su Rai Radio 3

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