Trieste-Salario | Francesca Piro

“Vi racconto cos’è il progetto Mediterranea”

di Antonio Tiso

Sabato 12 ottobre l’imbarcazione “Mediterranea” è sbarcata a Genova, dopo sei anni di navigazione per il Mediterraneo, il Mar Nero e l’Atlantico. Una grande festa. Il luogo dove il lungo viaggio si è conclusa è il Galata- Museo del mare. A bordo c’è anche Francesca Piro, medico del Trieste-Salario e fondatrice del salotto culturale “La linea d’ombra”.

Francesca fa parte dell’equipaggio un po’ temerario e incosciente, ma terribilmente speranzoso che nel 2013 è salpato per una spedizione nautica, culturale e scientifica. Lungo la via questi esploratori del nuovo millennio hanno percorso quasi 20.000 miglia, visitato 20 Paesi e 3 continenti, accogliendo a bordo centinaia di compagni di viaggio. “Il progetto Mediterranea, completamente autofinanziato, è nato da un’idea di Simone Perotti, lo scrittore e marinaio, a cui sono legata da una amicizia fraterna. Nel tempo abbiamo abbracciato questa iniziativa in 51 esploratori. Abbiamo deciso di prendere in mano una parte della nostra vita e dedicarla a qualcosa di un po’ più grande”, spiega Francesca.

Il senso di questo lungo viaggio itinerante è profondo: “Abbiamo incontrato i grandi della letteratura internazionale: David Grossman, Abraham Yehoshua, Buket Uzuner, Petros Markaris, e oltre 100 tra intellettuali, artisti, filosofi, pensatori, musicisti.  In Italia, Pietro Bartolo, Giusi Nicolini, Roy Paci, Manuela Diliberto e tante altre splendide persone. A tutti abbiamo chiesto: cosa significa per te essere mediterraneo? Vogliamo che si parli del Mediterraneo non soltanto per le tragedie che vi accadono, ma soprattutto per la sua cultura, la sua storia, il suo popolo. Insomma qui sono nate le scienze, qui è nata la navigazione, qui sono state disegnate le mappe del mondo, qui si parlava il Sabir, l’unica vera lingua comune di un popolo, qui il cibo è unico e mille volte variegato”.

Un incontro con l’altro da noi è dunque possibile? Francesca non ha dubbi: “In tanti ci hanno aperto casa – conclude – in tanti ci hanno offerto del cibo, a volte siamo tornati a bordo e c’era la spesa lì nel pozzetto e non sapevamo chi l’avesse fatta per noi”.

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