Trieste-Salario
Albinati racconta Otto giorni in Niger
Lo scrittore Edoardo Albinati in una intervista all’Huffington Post racconta, tra gli altri argomenti, “Otto giorni in Niger” (Baldini+Castoldi), il suo ultimo libro firmato con la compagna, l’attrice e scrittrice Francesca D’Aloja.
Un diario a due voci attraverso l’Africa e le migrazioni scandito da un viaggio compiuto dalla coppia l’anno scorso, a metà dicembre, con il supporto dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, e che finisce così: “i Paesi poveri sembrano disposti ad accogliere altri poveri più di quanto non lo siano i Paesi ricchi”.
“Uno pensa all’Africa come un continente che si sta quasi totalmente riversando in Europa, ma non è così. I movimenti degli africani sono quasi sempre in Africa, dove i confini sono labili e i popoli poveri”. Il Niger, che non ha sbocchi sul Mediterraneo.
“Si tratta di un luogo che ha la natura del corridoio. È veramente una strettoia quasi inevitabile per chi si sta muovendo verso il Mediterraneo. Tutti noi, io per primo, siamo abituati a vedere il mare, a considerare la Libia, ma non ad andare un poco più indietro nelle caselle delle migrazioni. Se lo facessimo, troveremmo il Niger. Gli accordi con la Libia hanno semplicemente tamponato il flusso facendo finire nelle galere libiche persone che poi vengono tirate fuori dopo una lunga serie di sofferenze”.
E sulla sua posizione sull’immigrazione ha dichiarato: “Sono cosciente dei problemi che l’immigrazione comporta, lo vedo ogni giorno anche come insegnante in carcere, ma questo non vuol dire che non possa esistere una politica ragionevole. Gli accordi con la Libia equivalgono a un respingimento armato“.
Albinati conosce bene la sofferenza, insegnando Lettere nel carcere di Rebibbia dal 1994. “Il carcere italiano al 99% è punitivo. Di riabilitativo, allo stato attuale delle cose, c’è molto poco”.
Ma un miglioramento delle condizioni in carcere è possibile. “Cominciamo dall’edilizia carceraria. In carcere poi non si fanno attività di nessun tipo. Nove detenuti su dieci stanno lì a non far nulla per anni. La scuola o le iniziative che sono affidate al buon cuore di singoli individui e associazioni sono solo delle bolle”.
(Cristiana Ciccolini)