Roma, 24 Aprile 2024 - 18:15

Storie da tram

Francesca Piro

Anatomopatologa e fondatrice del salotto letterario "“La linea d’ombra”

2 Ottobre 2019

Il romanticismo di uno sguardo nella frenesia di piazza Buenos Aires

Era così tutte le mattine. Lo incontravo spesso. Mentre attraversava piazza Buenos Aires si voltava indietro, guardava verso l’alto, alzava la mano e salutava. E poi riprendeva ad attraversare. E io, mentre lo incrociavo attraversando anch’io, guardavo con lui nella stessa direzione, ma non vedevo nessuno rispondere al suo saluto. Tutte le volte così. Io non vedevo nessuno a quelle finestre. O le persiane erano chiuse, o i vetri non lasciavano trasparire alcunché. Nessuna luce accesa d’inverno, nessuna persona alla finestra d’estate. E allora sin dal primo giorno mi sono chiesta se il suo gesto fosse davvero rivolto a qualcuno che lo salutava da lì, oppure dietro quelle finestre c’era soltanto la speranza che qualcuno ci fosse.

L’ho incontrato per diversi mesi. All’inizio ho pensato che fosse arrivato da poco, non lo avevo mai visto, né al mattino, né in altri momenti della giornata. Poi forse mi sono convinta che non avevo mai fatto caso a lui fin quando non ho notato quella scena. Immaginavo scene da film anni ’60, che dietro quei vetri chiusi ci fosse una lei in camicia da notte, con in mano una tazzina di caffè, e lo sguardo un po’ perso che lo cercava sulla piazza. Avevo deciso che avrei aspettato ancora e che poi un giorno lo avrei fermato e gli avrei detto che il suo gesto era per me ogni mattina un piccolo fiore. Ma quel giorno non è mai arrivato, perché a un certo punto è sparito. Chissà chi era? Chissà chi salutava. Io immaginavo una donna, ma magari era un uomo, oppure una nonna, o una piccola bimba, o forse un cane. Quello sguardo che tagliava la piazza e si fissava lì, con quell’arco di giro perfetto.

Alzo la testa e di nuovo cerco quella finestra. Il sole riflette la luce sul mosaico della chiesa di fronte, è un gioco di colori. Arriva il tram, devo andare, il piede è già sul predellino e mentre le porte soffiando si chiudono, all’improvviso, comprendo cos’è che mi riscaldava il cuore: non era speranza, era la certezza nel suo sguardo, la certezza che qualcuno ci fosse. Che poi non è un fatto così scontato.

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