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La storia di Liudmyla, giovane mamma accolta da una famiglia del quartiere

di Marco Barbaliscia

Una storia d’amore e di solidarietà, un gesto d’aiuto fatto con il sorriso per donare speranza e un pizzico di normalità a chi è colpito direttamente dalle sofferenze della guerra. Stefano Oliva e sua moglie Luisa hanno aperto le porte della loro casa a Liudmyla, donna scappata dalle bombe che cadono in Ucraina insieme ai figli Miroslav (11 anni) e Solomia (5). La famiglia vive nel Trieste-Salario, quartiere diventato ora un rifugio sicuro e un punto di ripartenza per una giovane mamma e i suoi due piccoli.

Lui uomo di legge, lei insegnante universitaria. Stefano e Luisa vivono nel nostro quartiere da sempre. Conosciutisi al liceo, i percorsi di studio li hanno allontanati, ma a vent’anni esatti dalla maturità la vita li ha fatti rincontrare e da quel momento non si sono più lasciati. Dopo aver abitato per un breve periodo a Sacco Pastore, la coppia ha deciso di costruire il suo nido d’amore nel quartiere dove entrambi erano cresciuti, nel Trieste-Salario. Li conosciamo così a via Annone. Seduti attorno al tavolo del salone di casa ci sono anche Giacomo (figlio di Stefano e Luisa di 11 anni), Liudmyla, Miroslav e Solomia. Roma H24 si è così fatta raccontare la loro storia.

Stefano, da dove è nata l’idea di ospitare Liudmyla e come vi siete conosciuti? 

“La guerra in Ucraina ci ha profondamente colpiti. Le immagini che vediamo ogni giorno in televisione hanno portato me e mia moglie a chiederci cosa potessimo fare nel nostro piccolo per dare una mano. Una domenica eravamo a Messa nella chiesa di San Saturnino. A fine liturgia don Marco ha chiesto se vi fossero famiglie disposte ad accogliere chi fuggiva dalla guerra ed è venuto istintivo dare disponibilità. L’iter però non partiva e così ho preso un’altra via. Qualche anno fa, per lavoro, avevo conosciuto una donna ucraina. Ho recuperato il suo numero, l’ho chiamata e le ho chiesto se aveva notizia di persone che avessero bisogno di aiuto. Attraverso il passaparola siamo arrivati a conoscere Liudmyla e la sua famiglia”.

Da dove viene Liudmyla e qual è la sua storia? 

“Liudmyla è nostra ospite dal 21 aprile scorso. Ha raggiunto l’Italia in pullman insieme ai suoi due figli. Inizialmente si erano sistemati ad Orvieto ed è lì che sono andato a prenderli con la macchina, portandoli qui a casa. Liudmyla è di Chernihiv, un piccolo paese nel nord dell’Ucraina. Insegnava in una scuola materna. La loro città è stata distrutta al 70% dalle bombe e dopo pochi giorni di guerra ha deciso di portare via i suoi bambini dagli orrori del conflitto. Lì ha lasciato il marito Mikele, impedito dalla legge marziale a lasciare il paese. È un funzionario pubblico e Liudmyla lo chiama tutti i giorni. I contatti, per fortuna, non sono ancora interrotti e lei è più tranquilla perché sa che sta bene ed è ancora vivo. Non sta combattendo e forse, dalla prossima settimana, potrà anche tornare a lavorare”.

Come sta vivendo questa novità vostro figlio Giacomo?

“La decisione di accogliere una famiglia ucraina è stata presa coinvolgendo anche nostro figlio Giacomo. Ha 11 anni, ma è ben cosciente di cosa sta accadendo nell’Est Europa. Parliamo liberamente della guerra, commentiamo le notizie che arrivano dai telegiornali e anche a scuola (frequenta la prima media all’IC Settembrini, ndr) le insegnanti stanno affrontando con attenzione la questione. Giacomo è un bambino maturo e quando gli abbiamo parlato dell’idea di ospitare Liudmyla e i suoi figli ha detto subito di sì. Sono passati pochi giorni, ma l’altra sera sono andato a chiedergli le prime impressioni sulla nuova sistemazione. Giacomo mi ha guardato e ha risposto: “Papà, sono contentissimo perché ora io ho due fratelli in più”.

Sono passati pochi giorni, ma come procede la convivenza?

“Le difficoltà ci sono, ma lavoriamo insieme per cercare di superarle. Liudmyla non parla né italiano né inglese e per comunicare utilizziamo i traduttori su internet. Miroslav, invece, capisce l’inglese e ci aiuta anche con la mamma. Liudmyla in questo momento sta frequentando due corsi organizzati dalla Comunità di Sant’Egidio per imparare la nostra lingua, uno la domenica mattina e uno il giovedì pomeriggio. Già si muove da sola per il quartiere, è la prima volta che viene a Roma e sarà un piacere anche mostrarle le bellezze della nostra città”.

I bambini sono già stati inseriti a scuola?

“Miroslav e Solomia sono stati già inseriti a scuola. Miroslav frequenta la quinta elementare all’IC Settembrini (plesso di via Novara) e in parallelo continua a seguire online i corsi del suo istituto in Ucraina. Solomia, invece, ha 5 anni, ed è stata accolta all’asilo di via Asmara. I bambini socializzano in fretta. Miroslav e Giacomo condividono la passione per il calcio e mio figlio ha voluto che iscrivessi anche lui alla scuola calcio della Spes Artiglio. La società si è messa a disposizione e gli ha donato scarpini, divisa e borsone, inserendolo nella squadra. Molto commovente, poi, è stato il primo giorno di scuola di Solomia. I suoi nuovi compagnetti le hanno preparato fiori colorati, canzoni di benvenuto, striscioni e disegni di pace con i colori dell’Ucraina. Si è creata sin da subito una bella sinergia”.

Come è cambiata la vostra quotidianità?

Gli impegni si sono moltiplicati, ma per fortuna non siamo soli. Possiamo contare su una rete di amici molto solida e sull’aiuto di un collaboratore domestico che è come un fratello. Tutto il condominio si è mobilitato e spesso ci suonano alla porta portando lasagne pronte, piccoli regali e dando disponibilità per qualsiasi cosa possa servire. Amici e familiari ci hanno donato vestiti per i bambini e invitato a cena più volte con il desiderio di conoscere anche loro i nostri nuovi coinquilini. Sono passati 15 giorni, ma iniziamo ad avere un’organizzazione. Io e mia moglie ci occupiamo di portare i bambini a scuola e a calcio, Liudmyla resta a casa e spesso prepara ottime cene. La divisione delle stanze, poi, non è stata difficile. L’abitazione è suddivisa già per ospitare più persone perché ho tre figli, Bianca, (21 anni), e Guido e Giulia (23), nati da un precedente matrimonio. Quando vengono a trovarci hanno le loro camere. Questi spazi, ora, sono stati riservati a Liudmyla, Miroslav e Solomia.

C’è qualche aneddoto di questi primi giorni che ha il piacere di condividere? 

“È bello vedere come hanno legato i bambini. Giacomo ha salutato per la prima volta Miroslav, poi gli ha chiesto se amava il calcio e dopo cinque minuti erano già al parco Nemorense a giocare. A casa, poi, parlano la lingua universale dei videogames. Il legame è nato subito. Mio figlio è tifoso della Roma. L’altro giorno vi era una partita che voleva vedere con Miroslav, ma lui ancora non aveva finito i compiti per la scuola ucraina. Giacomo, così, si è messo al tavolino e in pochi minuti lo ha aiutato a fare i suoi doveri per poterlo poi avere vicino sul divano ed assistere al match”.

Avete un’idea di quanto tempo condividerete la vostra vita con Liudmyla e i suoi figli? 

“Non abbiamo mai pensato ad una fine, Liudmyla potrà restare qui per tutto il tempo che desidera. Lei vorrebbe, entro due o tre mesi, poter tornare a casa e riabbracciare gli affetti che ha lasciato in Ucraina. Questa tempistica però, purtroppo, mi sembra poco realistica. Abbiamo visto alcune foto di come era la città, piena di fontane e di vita. Ora ha edifici distrutti, è un posto senza più colore. Cerchiamo di parlare poco della situazione e di guardare avanti. L’obiettivo è proteggere i bambini e fare tornare loro a sorridere. Il primo giorno, quando mangiavamo in cucina, è passato un aereo. Miroslav e Solomia, d’istinto, si sono andati a mettere sotto al tavolo. Il nostro obiettivo è far scordare loro questi momenti, trasmettendo fiducia e sicurezza. Con amore, sorrisi e un buon piatto di maccheroni al pomodoro che è già diventato il loro cibo preferito”.

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