Trieste-Salario | Articoli
Fregola, baccalà e casatiello: non solo abbacchio sulle tavole del quartiere
di Roberta Mazzacane
CAMPANIA | LA SCELTA È FRA CASATIELLO E TORTANO
In Campania la regina dei dolci è la pastiera, che si prepara tra la Befana e Pasqua perché è in quel periodo che gli ingredienti principali – grano e ricotta – danno il meglio di sé. Ma ci sono poi, a Pasqua, il tortano e il casatiello, rustici tradizionali che si mantengono soffici per giorni, tant’è che si mangiano anche il giorno dopo, un pranzo al sacco ideale per la gita fuori porta di Pasquetta. Manuele Esposito di Ambasciatori Partenopei, pizzeria campana di Piazzale Di Porta Pia, 119/120, ci spiega la differenza tra tortano e casatiello: sono entrambi rustici rotondi, a base di farina, acqua, sugna e pepe, ripieni all’interno di formaggi e salumi tipici del territorio, ma la differenza sta nell’uso delle uova. Manuele ci spiega come si prepara il casatiello: «Come tradizione insegna, il classico casatiello napoletano è un impasto di farina, acqua, sugna, pochissimo lievito e parecchio pepe, a forma di ciambella (la forma ad anello indica la continuità poiché la Pasqua simboleggia sia la morte che la rinascita) farcito all’interno con formaggi e salumi . Sul casatiello campeggiano cinque uova sode, con tanto di guscio, che vengono appoggiate crude e intere sopra al rustico e vengono coperte da striscioline di pasta, a formare una croce per ricordare la passione di Cristo. Poi si cuoce al forno. Le uova non sono nell’impasto, ed è questa la differenza principale con il Tortano, in cui le uova sode invece si fanno a spicchi e si mettono dentro l’impasto, come ripieno».
LAZIO | IMMANCABILE L’AGNELLO A SCOTTADITO
Sulle tavole dei romani non può mancare l’agnello, accompagnato da carciofi o cicoria. E la tradizione si estende a tutte le province laziali. Un piatto già apprezzato ai tempi dell’Impero romano è l’abbacchio, che nei ristoranti tipici regionali viene proposto in tre versioni: alla cacciatora, che si fa rosolare nello strutto e poi cotto insieme ad aglio, salvia e rosmarino, con salsa di acciughe schiacciate e cotte nel sugo di cottura della carne; alla romana, rosolato intero in aglio, olio e prosciutto a pezzetti e poi cotto insieme a rosmarino, aceto, sale e pepe e servito con patate arrosto; infine le famose costolette di abbacchio a scottadito, che propone anche Donato nella sua trattoria Le gole di Amatrice, in corso Trieste 168, non solo a Pasqua, ma tutti i giorni. Ecco come le prepara sua moglie, che sta in cucina: «Le costolette vanno unte con lo strutto, poi vanno salate e pepate e condite con l’aglio tritato e il rosmarino fresco. Si lasciano mezz’ora in frigo a marinare, dopo di che sono pronte per la cottura sulla brace. Si chiamano scottadito perché vanno mangiate con le mani, ben calde, a scottarsi le dita e vanno condite solo con un po’ di limone». Il titolare de Le gole di Amatrice consiglia anche il salamino e le pappardelle al ragù di agnello.
SARDEGNA | LA FREGOLA CON ARSELLE E BOTTARGA
Sulla tavola di Pasqua, nella cucina sarda, sicuramente non mancano i tipici carciofi isolani, che dal 2011 sono Dop (denominazione di origine protetta) così come la bottarga. Mentre tra i primi tipici delle feste pasquali, c’è sicuramente la fregola sarda con arsella (o vongola) e bottarga di Cabras. Questa ricetta ce la consiglia Andrea Carcangiu del Garigliano, ristorante tipico sardo nel quartiere Trieste-Salario, in via Garigliano 70/A.
Spiega Carcangiu: «Si prepara la fregola con un piccolo soffritto, si lascia aprire lievemente l’arsella e si tira su la pasta al dente. Nel frattempo i gusci e le sue valve vengono tolte e si fa mantecare la pasta assieme alla bottarga. Il tutto si amalgama meglio se la bottarga è tagliata sottile (come fosse un salame) e si condisce il tutto con peperoncino e aglio, così da risultare lievemente piccante». Carcangiu consiglia anche il maialino sardo, re dei secondi dal sapore di Sardegna, e la tagliata di tonno di Carloforte con melograno e arance amare, autentica specialità per intenditori. A Pasqua si mangia anche l’agnello sardo Igp. Tra i dessert tipici c’è la seada, con un ripieno di formaggio primosale all’interno e granella di arance o limone, a scelta, grattugiata sopra.
ABRUZZO | ARROSTI E ABBACCHIO AL FORNO
Sul versante adriatico come sull’Appennino, gli abruzzesi prediligono arrosti caldi, agnello, abbacchio preparato nella tipica ricetta locale. A Roma, in Via Migiurtinia 35, c’è dal 1970 la Taverna Abruzzese che nel periodo pasquale non prepara un menu particolare, ma continua a proporre i piatti tipici della cucina romana e abruzzese, che assortiscono la vasta scelta a base di pesce, carne e pizza. Walter Sfarra, uno dei titolari della taverna, ci racconta come si prepara l’agnello al forno all’abruzzese: «Preso un coscio di agnello abruzzese, si incide la carne e si condisce con aglio al suo interno, e sopra si aggiungono il rosmarino, il sale, il pepe e un filo d’olio extravergine di oliva. Si cuoce tutto in forno, con le patate come contorno, e a fine cottura si aggiunge un pochino di vino bianco per non farlo asciugare troppo». Walter consiglia anche i tipici arrosticini di pecora, e i fiadoni abruzzesi, rustici tipici pasquali. Il fiadone è una sfoglia sottile ripiena di un morbido ripieno di formaggio, uova e spezie, con la forma di un grosso raviolo.
SICILIA | IL BACCALÀ AL LATTE DI MANDORLA
Anche per le feste, la cucina siciliana predilige ingredienti semplici. Il tipico piatto pasquale è l’agnello, che si prepara alla messinese, cioè cotto in forno dopo averlo oleato e condito con sale e pepe, pecorino e sfumato con vino rosso, ma si usa molto anche come ingrediente per altre ricette, come l’impanata pasquale ragusana, una tipica focaccia ripiena. Mentre in Sicilia il ristorante Campisi, cucina con le materie prime che arrivano dalla omonima azienda familiare di Marzamemi, frazione di Pachino in provincia di Siracusa, qui a Roma, in viale Somalia 116, Francesco Campisi suggerisce ai suoi clienti dei piatti rivisitati, che però diano l’idea della Sicilia. Per Pasqua propone il baccalà sfrangiato al latte di Mandorla, preparato così: «Serve un pezzo di baccalà alto, possibilmente quello del dorso e già bagnato. Va messo a bagno nel latte di mandorla e dopo averlo lasciato a bagno per almeno otto ore, va poi fatto cuocere a bagnomaria in sottovuoto per almeno due ore. Poi va ripassato in casseruola con pochissimo olio e scalogno e, successivamente, vanno aggiunte le noci sgusciate e le albicocche secche».