10 Agosto 2019 - 18:33 . Mazzini . EXTRANEWS

Uno storico portinaio del quartiere racconta com’è cambiato viale Mazzini negli ultimi trent’anni

Molti ricorderanno quando nei giardinetti al centro di viale Mazzini si sentivano le grida dei bambini che giocavano dopo la scuola, accompagnati da mamme e baby sitter, e gli alberi erano tutti potati alla perfezione. Di sicuro Antonio, storico portinaio del civico 142, non si può scordare quei giorni, quando Prati era un quartiere diverso rispetto ad oggi.

“Se una persona si metteva all’inizio della strada vedeva gli alberi squadrati, tutti tagliati allo stesso modo, che seguivano la stessa linea – ha raccontato –. C’era uno scopino che passava tutti i giorni e teneva puliti i marciapiedi. Oggi non se ne vedono più e della sporcizia sembra non importi più nulla a nessuno”.

Eppure, non è passata un’eternità. Sono 28 anni che Antonio fa il portinaio in quel palazzo e secondo lui la situazione è peggiorata nell’ultimo decennio. “Non ci sono più i bambini nei giardini. Per fortuna, sono riusciti a fare qualcosa per loro nel parco di via Sabotino. Questo pezzo di viale Mazzini, fino a piazzale Clodio, è proprio terra di nessuno. A volte ci sono delle montagne di immondizia in mezzo ai giardini. E hanno tolto anche i cestini per paura degli attentati. Chi porterebbe un figlio a giocare in questo degrado? Non si potano più gli alberi e non vengono a cambiare le lampadine dei lampioni. Se uno passa la sera, deve avere il binocolo a infrarossi e le macchine corrono talmente forte che col buio neanche ti vedono”.

Sul tavolino che ha davanti c’è il Corriere dello Sport che ha appena finito di leggere e dalla finestra che dà sull’androne osserva chi entra e chi esce dal palazzo.

Non è però solo il quartiere ad essere cambiato. “Di residenti ne sono rimasti pochi. Molti se ne sono andati e qua comprano soprattutto avvocati e magistrati. Da qui vanno a piedi in tutte le sedi del tribunale, che si trovano tra piazzale Clodio e viale Giulio Cesare. Prima invece c’erano quaranta famiglie. Si conoscevano tutti, scendevano nell’androne e chiacchieravano tra loro. Oggi passano e mi chiedono ‘ma quello chi è’? E io gli rispondo ‘ma come… abita proprio lì, di fronte a te’. Non c’è più il tempo materiale per incontrarsi e parlare. La mattina sono tutti dei fulmini. Vanno tutti di fretta, sono tutti estranei nello stesso palazzo, ad eccezione di quelli che vivono qui da trent’anni. Le famiglie che si conoscono saranno sette o otto. Gli altri sono nuovi. Io li conosco tutti, ma ci sono tante persone che abitano alla porta accanto e mi chiedono chi sia il proprio vicino. Prima andavano al bar insieme. La signora del primo piano saliva al terzo e prendeva lì il caffè. Da vent’anni, qui la situazione è cambiata dal giorno alla notte”.

Parte del degrado della zona, secondo Antonio, è però anche colpa delle persone che ci vivono. “Le deiezioni canine devono essere raccolte, lo impongono i regolamenti comunali. Ma i padroni non lo fanno mai. Se glielo fai notare, ti rispondono che devi farti gli affari tuoi. E non ti puoi mettere neanche a litigare. Perché non sai neanche più chi hai di fronte”.

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