18 Novembre 2022 - 11:38 . Prati . Cronaca

Triplice omicidio a Prati, il punto sulle indagini. Le vittime assassinate con un’arma da taglio

La polizia in via Riboty
La polizia in via Riboty

Il quartiere si è svegliato con l’incubo serial killer. Gli omicidi, vittime tre donne, della mattinata del 17 novembre hanno sconvolto i residenti che ora hanno paura.

Secondo le indagini, la prima a essere stata uccisa è stata una cittadina di origini colombiane, Marta Castano Torres, di 65 anni. Il suo cadavere è stato rinvenuto poco prima delle 13 nel sottoscala della palazzina di via Durazzo 38. A circa 800 metri di distanza, in via Riboty 28, presumibilmente lo stesso killer ha tolto la vita a due donne di nazionalità cinese, una è stata rinvenuta sul pianerottolo, l’altra dentro un appartamento, entrambe in un lago di sangue. Le tre vittime sono morte dissanguate dopo essere state accoltellate alla gola e al torace.

Sulle scene del crimine è intervenuta la polizia scientifica per raccogliere ogni indizio utile, al vaglio degli inquirenti ci sono i nastri delle telecamere di sorveglianza in zona e i tabulati telefonici delle tre donne.

“Su questa vicenda abbiamo informazioni ancora decisamente scarse. Quello che posso dire è che se davvero c’è la stessa mano dietro questi tre omicidi, avvenuti in un’area geografica in un intervallo temporale abbastanza ristretto, allora possiamo ragionevolmente ipotizzare che si tratti di un soggetto in preda a una compulsione di matrice omicida, quindi verosimilmente una condizione psicopatologica piuttosto rilevante”. Lo spiega all’agenzia Dire la psicologa forense e criminologa, Roberta Bruzzone, commentando l’omicidio di tre donne, tutte prostitute, uccise a poche centinaia di metri l’una dall’altra e nel giro di poche ore.

Secondo Bruzzone “se davvero si tratta dello stesso soggetto, con gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione gli inquirenti non avranno grandi difficoltà a trovarlo. In primis perchè, comunque, in quell’area ci sono numerosissime telecamere. Poi perché, dato che gli omicidi sono avvenuti nei luoghi in cui queste persone esercitavano la professione, ovvero all’interno di abitazioni private, questo genere di situazioni fa sì che il soggetto debba essere entrato in contatto con le vittime. Ecco perché – aggiunge – mi concentrerei sulle telecamere, sui video del perimetro interessato e sui tabulati telefonici delle vittime”.

“Se davvero è la stessa persona – continua Bruzzone – più che di un seriale parliamo di uno ‘spree killer’, perché gli omicidi sono stati commessi in rapida successione. Questi tipi di soggetti sperimentano una condizione di grande attivazione dal punto di vista psicopatologico e individuano target specifici sulla scorta di quello che è il movente che li spinge ad agire. In questo caso – sottolinea – potrebbe essere una frustrazione nata nell’arco dell’incontro con la prima donna uccisa, che poi lo ha spinto a ricercare vittime della medesima categoria”.

Una categoria, quella delle escort, che secondo Bruzzone non sarebbe particolarmente esposta a questo rischio. “Nel nostro Paese la maggior parte delle vittime di sesso femminile viene assassinata da soggetti che conosce o con cui aveva una relazione, certamente non appartiene al mondo della prostituzione. In base ai dati che abbiamo – tiene a precisare – posso dire che quella delle escort è una categoria abbastanza poco interessata al delitto di questo genere, perché nella stragrande maggioranza dei casi a morire sono donne che svolgono mansioni diverse. Indubbiamente le escort fanno un tipo di lavoro che le espone a fare brutti incontri”. La psicologa forense e criminologa afferma poi come “a parte il presunto caso di Girolimoni, che peraltro risultò non coinvolto nella terribile serie di delitti di bambini che gli avevano attribuito, a Roma non ricordo casi analoghi di serial killer”.

Roberta Bruzzone sottolinea infine che “non è certamente la metropoli a produrre serial killer, l’ipotesi non è scientificamente sostenibile. Anzi, i seriali peggiori che abbiamo avuto nel nostro Paese hanno agito all’interno di territori più provinciali, anche piuttosto ristretti”.