2 Maggio 2021 - 10:24 . Fuori Quartiere . Media

Scomparsa del giudice Adinolfi, la figlia al Corriere: “Lo Stato non ha cercato mio padre”

Il giudice Paolo Adinolfi
Il giudice Paolo Adinolfi

“Mio padre, anche se ormai lo ricordano in pochi, è stato un giudice della Repubblica Italiana. Come i padri di Tobagi e Calabresi e di tanti altri, è uscito per andare a lavorare. Come questi padri non è mai tornato a casa. E quando papà non è tornato a casa, lo Stato non ha fatto nulla“.

A parlare, in una lettera aperta al Corriere della Sera, è Giovanna Adinolfi, avvocatessa civilista e figlia maggiore del giudice del tribunale fallimentare di Roma Paolo Adinolfi, scomparso il 2 luglio 1994, mentre svolgeva delle commissioni nel centro di Roma, tra il quartiere Prati e il Flaminio. Uno dei cold-case irrisolti della Capitale, su cui ha indagato il giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci, autore del volume “Morte di un detective a Ostiense e altri delitti” (Typimedia Editore). Un viaggio attraverso 13 casi di cronaca nera accaduti nella Città Eterna tra il 1990 e il 2000, tra cui proprio la scomparsa del giudice Adinolfi.

Come spiega Peronaci nell’introduzione alla lettera aperta dell’avvocatessa “le indagini si conclusero con un nulla di fatto, dopo la riapertura ottenuta nel 1996 dalla famiglia in base alle parole di un pentito […]. Il corpo in quasi 27 anni non è stato trovato. E adesso la figlia maggiore, Giovanna Adinolfi, avvocatessa civilista, per la prima volta rompe il silenzio con questa «lettera aperta» sgorgata dal cuore, all’indomani degli arresti degli ex terroristi italiani in Francia”. 

La copertina di “Morte di un detective a Ostiense e altri delitti”

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