13 Giugno 2020 - 9:07 . Prati . Cultura

Prati, il sipario dei teatri resta abbassato. I direttori: “Ecco perché lunedì non riapriamo”

Teatro Prati
Teatro Prati

Lunedì 15 giugno riaprono i teatri, o almeno dovrebbero riaprire. Per i nostri luoghi di cultura, infatti, il sipario resterà ancora calato per chissà quanto tempo. Le disposizioni governative per contrastare il diffondersi del Coronavirus impongono un drastico taglio dei posti disponibili al fine di mantenere le distanze di sicurezza tra il pubblico. Nella pratica, tale norma costringe a una risicata affluenza che si traduce in minori incassi. Tanto che, come spiegano i responsabili dei teatri di Prati, riaprire non conviene. RomaH24 ha intervistato i direttori artistici di tre roccaforti culturali del nostro quartiere, i teatri Prati, Altrove e Ghione. Ecco le loro parole.

FABIO GRAVINA (TEATRO PRATI)

Teatro Prati

“Non ci conviene tornare in scena, sarebbe un bagno di sangue”. Il noto attore, regista, autore e impresario Fabio Gravina, cuore del Teatro Prati (120 posti che dovrebbero diventare 40) di via degli Scipioni 98, alza bandiera bianca.

Fabio Gravina in scena

“Non sappiamo neanche se torneremo all’inizio della nuova stagione, in autunno –  continua -. Considerando che in uno spettacolo devono ovviamente esserci artisti, tecnici e maestranze, quanto spazio rimarrebbe per il pubblico?”. La chiusura del Prati sta intristendo tanti suoi fedeli frequentatori. “Mi scrivono in tanti, sia privatamente, sia sui social – chiosa Gravina – chiedendomi quando riapriamo. In questo momento, con questo norme, purtroppo non è possibile”. Soluzioni? “Se lo stato, per la ripartenza, ci desse un contributo pari al numero di posti che non possiamo vendere, posti documentati in base allo stesso periodo dello scorso anno, potremmo risollevarci”.

OTTAVIA BIANCHI (ALTROVE TEATRO STUDIO)

Altrove Teatro Studio

“Il 15 giugno riapriremo, ma soltanto per fare le pulizie”. Ottavia Bianchi, direttrice artistica dell’Altrove Teatro Studio, risponde così alla domanda se lunedì gli attori torneranno a calcare il palco del suo teatro in via Giorgio Scalia 53. “Purtroppo non ci sono le condizioni – commenta Bianchi – le disposizioni anti Coronavirus impongono di tagliare i posti (la capienza è di novantanove posti, ndr) a disposizione per il pubblico al fine di mantenere le distanze di sicurezza, con ciò che resta non copriamo le spese”.

Ottavia Bianchi

Bianchi ricorda l’ultima data del Teatro Studio, era l’1 marzo, prima del lockdown. Ad assistere allo spettacolo di Emanuele Salce, il famoso “Mumble Mumble… ovvero confessioni di un orfano d’arte”, in prima fila c’erano Christian De Sica, Simona Izzo e la famiglia Tognazzi: “Siamo partiti circa un anno e mezzo prima della catastrofe, speriamo di ricominciare presto ma con queste norme non è purtroppo possibile”.

I corsi invece, almeno quelli, potranno riprendere. Come fanno sapere dalla direzione, le attività di formazione, quelle accademiche e la preparazione per i provini alle principali scuole di teatro italiane possono ricominciare perché più gestibili in termini di sicurezza e rispetto delle disposizioni vigenti. Da lunedì 15 sarà inoltre possibile affittare le sale.

ROBERTA BLASI (TEATRO GHIONE)

Teatro Ghione

“La voglia di ricominciare c’è, la mia è anche una necessità fisica. Non possiamo però ripartire a queste condizioni”. Sul curriculum di Roberta Blasi è riportato “direttrice artistica del Teatro Ghione”, meno prosaicamente Blasi è l’anima di una istituzione del quartiere. In via delle Fornaci 37, dei quasi 500 posti, ne resterebbero disponibili per il pubblico circa 120. “Vediamo come si evolve la situazione – spiega Blasi – per ora sono due le cose certe, la prima è che lunedì non riapriremo, la seconda è che siamo considerati invisibili. La sensazione è che le istituzioni decidano su un mondo del quale non conoscono né i luoghi, né il lavoro, come possono quindi fornirci adeguate linee guida?”. 

Una soluzione per rilanciare i teatri? “Visto che anche il mondo della scuola è in difficoltà – conclude la direttrice – ci saremmo aspettati la possibilità di sfruttare i nostri spazi come aule scolastiche, magari con maestranze e attori impegnati a leggere passi dei libri. Sarebbe stata un’interconnessione che avrebbe giovato sia ai teatri, sia alle scuole”.