13 Febbraio 2022 - 7:35 . Prati . Cultura

Il fotografo Tiso: “Racconto la storia di Prati attraverso le immagini. Ecco il mio prossimo libro con Typimedia Editore”

Antonio Tiso
Antonio Tiso

Ogni quartiere di Roma ha una sua memoria, creata dalla Storia, ma anche da episodi, aneddoti e curiosità, che per decenni sono rimasti nelle soffitte, nei cassetti e nella cantine, custodi inviolabili di ricordi. Finché qualcuno non ha deciso di raccogliere tutto quel patrimonio di foto e memorie e di creare un grande racconto corale sulla storia del quartiere. È accaduto nel Trieste-Salario, a Monteverde, a Montesacro e a San Lorenzo. E ora sta per succedere anche nel nostro quartiere, Prati.

La copertina di “Come eravamo Prati” (Typimedia editore)

L’idea è di Typimedia (editore anche di RomaH24) che si è affidato ad Antonio Tiso, giornalista e fotografo professionista, nato a Verona, ma residente da anni a Roma dopo un lungo trascorso a Torino. Tiso ha già ha curato i volumi della collana “Come Eravamo” per i quartieri Trieste-Salario, Monteverde e Montesacro (quest’ultimo in uscita in libreria e nelle edicole a fine marzo). E ora è pronto per raccogliere una nuova sfida: farsi aprire le porte di casa dagli abitanti del nostro per raccogliere foto, storie e ricordi. Il volume uscirà a marzo in libreria e nelle edicole.

Antonio, ogni quartiere di Roma è come una città a sé, cosa hai travato a Prati che lo distingue dagli altri?

“Ho trovato affascinante scoprire che le caserme costruite a fine Ottocento, inizi del Novecento, servivano a ricordare al Papa ‘guarda che lo Stato della Chiesa è finito. Adesso Roma è la Capitale d’Italia’. Quel mondo di soldati e carabinieri che ancora oggi esiste era un presidio del nuovo status quo. Poi la presenza del Tevere con tutti i suoi fiumi è un elemento di grande fascino, ma anche la presenza della Rai, le parrocchie, i mercati, le scuole, i luoghi dello sport: Prati è densa di storia in ogni angolo. Basta immergersi nel quartiere per capire di essere di fronte a una grande comunità”.

Hai vissuto tanti anni a Torino, in cosa hai riconosciuto Prati come quartiere umbertino?

“Non vivo a Prati, ma quando ci vengo la sento familiare. Un po’ severa nell’aspetto, elegante, ricca di vetrine, grandi vie da percorrere a piedi, il lungo fiume, e la piacevole sensazione di essere in un vecchio salotto sabaudo”.

Fotografo ma anche “ricercatore”, dove hai trovato le immagini del libro?

“La fotografia presuppone sempre una ricerca. Normalmente è legata a un istante o un momento che per noi ha valore. In alcuni lavori di reportage mi è capitato di camminare a lungo per trovare l’ispirazione giusta. Questo vale per i professionisti ma anche che per gli amatori. In un progetto di questo tipo la ricerca è il fondamento: è molto stimolante, perché non sai dove ti porterà. Scavi a ritroso e fai un lavoro di studio ma anche di relazioni, perché solo così, creando un rapporto con gli abitanti puoi dare vita a un libro di ricordi che sia vivo”.

Qual è la foto più antica che hai scovato?

“L’immagine più antica risale al 1860 ed è stata scattata da fuori Porta Angelica. È una vista aperta su quello che diventerà Prati. Ci sono già alcune costruzioni, ma è anche molto bucolica. Un bel contrasto con l’urbanizzazione dei decenni successivi”.

GUARDA: come acquistare i volumi della collana “Come eravamo”