27 Gennaio 2021 - 14:10 . Prati . Cultura

Giorno della Memoria, ecco l’incredibile storia dei “murati vivi” di San Gioacchino. Foto

Il rifugio di San Gioacchino
Il rifugio di San Gioacchino

Il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, è il “Giorno della Memoria”. In tutto il Paese vengono ricordati la Shoah e le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia o la morte, ma anche coloro che si sono opposti al progetto di sterminio.

Il rifugio di San Gioacchino

Nel 1963 lo stato di Israele istituisce il titolo di “Giusto tra le nazioni” da conferire ai non ebrei che – senza interesse personale e anche a rischio della propria vita – si sono adoperati per salvare persone dal genocidio nazista. L’Italia conta 682 “Giusti tra le nazioni”.

Il rifugio di San Gioacchino

Anche Prati ha i suoi Giusti tra le nazioni, quattro sono legati a una parrocchia. La chiesa di San Gioacchino, in via Pompeo Magno, è la protagonista di questa storia incredibile, scoperta quarant’anni dopo i fatti. Il sottotetto dell’edificio ospitò, per sette mesi, ebrei, ricercati e disertori, tutti murati vivi all’interno.

La targa affissa fuori dalla chiesa di San Gioacchino

Lo stratagemma fu deciso dall’ingegner Pietro Lestini, di Azione cattolica, e dalla figlia Giulia. Insieme a loro, padre Antonio Dressino e soprattutto suor Margherita Bérnes, che per tutto questo tempo cucinò per le oltre trenta persone che si alternarono in quella soffitta nascosto, rifugio fondamentale per scampare dal rastrellamento dei tedeschi. Per impedire che venissero trovati fu deciso di chiuderli dietro a un muro di mattoni, isolati dal resto del mondo. L’unico modo per respirare aria e ricevere cibo era attraverso il rosone, l’unico passaggio utilizzabile. C’è un problema però: la volta della chiesa è fragile e i rifugiati, tra cui i fratelli Finzi e Leopoldo Moscati, possono utilizzare solo delle passerelle di legno larghe giusto due metri.

La fine di quest’incubo arriva il 7 giugno del 1944, dopo l’arrivo delle truppe alleate a Roma e la riapertura di questo rifugio che è stato la salvezza di tante persone. Per questo la parrocchia di San Gioacchino in Prati è stata riconosciuta come “Casa di vita” dalla Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg.

LEGGI questa e altre storie nel libro “La Storia di Prati”