30 Ottobre 2020 - 9:07 . Prati . Personaggi
Buranelli, l’artista di Prati: “Covid-19, questa la proposta per aiutare noi attori”
Il Covid-19 ha colpito duramente tutte le professioni. E c’è chi ora, più che mai, sta vivendo un momento delicato. Parliamo del mondo del cinema e del teatro, alle prese con film mai cominciati e spettacoli per lo più fermi. Sono gli attori, insieme ai musicisti e agli artisti in generale, alcuni degli invisibili dell’emergenza Coronavirus.
E a provare a far cambiare le cose è una conoscenza del quartiere, Raffaele Buranelli. Cresciuto fino a 12 anni a via Nicotera, ha coltivato fin da piccolo la passione per la recitazione. Che lo ha portato nei maggiori teatri d’Italia e sul grande schermo. E ora, proprio per il mondo degli attori, sta cercando di ottenere quello che finora nessuno è riuscito a fare: un riconoscimento della categoria.
Buranelli, insieme alla moglie Karin Proia, ha tenuto a battesimo il Raai (registro attrici e attori italiani). Un elenco, per il momento privato, che ha ricevuto già migliaia di adesioni: “I primi a parlarne furono Eduardo De Filippo e Gino Cervi negli anni Sessanta, ma si parlava di albo – racconta – Invece questo è un registro, che non esclude nessuno, perché l’arte, come da Costituzione, deve concedere libero accesso a chiunque”. Intanto però si sono fatti ulteriori passi in avanti: “Siamo arrivati a elaborare e a depositare in Parlamento una proposta di legge a firma delle onorevoli Madìa, Serracchiani e Piccoli Nardelli per il riconoscimento giuridico della professione di attrice-attore. La cosa paradossale è che in Italia, questa professione è un mestiere che non esiste. E questo vuoto legislativo è la causa di tutti i problemi della categoria”.
I sussidi che il governo ha promesso al mondo dello spettacolo sono destinati a chi ha al suo attivo almeno 30 giorni di lavoro e di contributi versati nel 2019. Ma è un criterio che, come ricorda Buranelli, non conta, tra le altre cose, le giornate di prova e di studio per interpretare una parte: “Basti pensare poi che trenta contributi versati in un anno fuori dal campo teatrale equivalgono a circa due film da protagonista, 30 spot pubblicitari, 15 o 20 film in ruoli minori e a 30 puntate da protagonisti in una soap opera”. E allora in quanti possono raggiungere certi parametri? Forse pochissimi. E gli altri?
Ma già prima della pandemia la situazione era problematica: “Al di là dei luoghi comuni che vogliono un attore ricco e realizzato, in realtà è solo l’1% della categoria che ha guadagni importanti – afferma Buranelli, protagonista del volume di Typimedia “Prati in 100 personaggi (+1)” -. La stragrande maggioranza è fatta da professionisti che con fatica, come ogni altro lavoratore, porta avanti questo mestiere. Ma diversamente da ogni altro lavoratore, non ha praticamente ammortizzatori sociali. O per meglio dire, esistono ma non sono accessibili. Il mestiere dell’attore infatti ha delle peculiarità che fanno sì che non sia assimilabile a un altro lavoratore”. Per non parlare della pensione: “Devi dimostrare di aver lavorato 120 giorni l’anno per 20 anni, praticamente dovresti essere stato protagonista di sei film per raggiungere quella quota. E per chi non è protagonista o è un normale attore, questo è un obiettivo irraggiungibile”.
Sono tante, troppe le contraddizioni del mondo degli attori. E la proposta di legge presentata, anche grazie a lui, va quantomeno a colmare una parte di questo problema: “Intanto la professione di attore verrebbe riconosciuta e verrebbe istituito ufficialmente un registro delle attrici e degli attori, che privatamente già abbiamo provveduto a formare. Ma sarebbe solo un passo, il primo di una lunga serie. Sarebbe un modo per distinguere tra chi è professionista e chi non lo è, ma che non esclude, come fanno gli albi professionali, chi recita ma non lo fa di professione”.
L’augurio è che presto questa riforma veda la luce, perchè la situazione, visti anche i numeri dei contagi in aumento, rischia di diventare ancor più drammatica: “”Nei teatri si era riaperto, ma con il tetto di 200 spettatori non si coprivano neanche le spese. Ora, poi, si è tornati addirittura a chiudere di nuovo. Stiamo spiegando ai partiti che questo registro non è un fatto ‘estetico’ ma di emergenza sociale“.
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