Prati

Michela Montuori: “Così ‘Ai Villini’ continua a resistere”

di Daniele Petroselli

“Non bisogna mollare mai, dobbiamo stringerci tutti insieme e pensare che la speranza è l’ultima a morire. Ci dobbiamo aiutare”. A dirlo è Michela Mancinelli Montuori. A via Marcantonio Colonna è un’istituzione con la trattoria “Ai Villini“. Un simbolo della ristorazione romana ma soprattutto un simbolo di Prati dal 1936. Che anche adesso, in piena emergenza Covid-19, a ridosso del Natale, resiste caparbiamente alla crisi.

Sono state fatte tante promesse non mantenute – ammette però la Montuori -. A partire dalla cassa integrazione. Noi siamo una trattoria a conduzione familiare, ci siamo io e i miei due cugini (Fabio ed Antonella, ndr), in più ho tre ragazzi che sono in cucina. Vederli chiedere anche 200 euro perché non sapevano come dar da mangiare alle proprie famiglie per noi è stato un colpo al cuore, perché questa benedetta cassa integrazione non arrivava mai. Hanno ricevuto quella di agosto e settembre, ma manca ancora quella precedente”.

Poi le spese per tenere aperta la trattoria sono tante: “Noi tiriamo su la saracinesca sapendo che abbiamo un affitto da pagare, più acqua, luce e gas. Nessuno ci è venuto incontro anche per queste spese. E le difficoltà per una trattoria sono maggiori rispetto ad altri: “Ora chiudiamo alle 18, possiamo fare solo l’asporto, ma siamo una trattoria romana – ricorda Michela, protagonista anche del volume Typimedia “Prati in 100 personaggi (+1)” -. Chi ordina una carbonara da portar via? Giusto qualcuno che è più vicino. Altrimenti la gente ordina altro oggi, dall’hamburger alla pizza, fino al sushi. Se poi ti affidi a servizi di consegna che prendono il 30% degli ordini, come guadagni?“.

Michela Mancinelli Montuori (seduta) insieme ai cugini Fabio e Antonella, in uno scatto di qualche anno fa

I pensieri per la Montuori, che ormai da 36 anni è ai fornelli della trattoria, sono davvero tanti. Ma il quartiere le è stato accanto anche in questo periodo così duro: “Ho un locale da 70 posti, ma possiamo fare solo 46 coperti. E nel weekend sto mandando via la gente, perché la richiesta è tanta. Ce ne sono tanti di clienti storici che ci hanno aiutato e tuttora ci aiutano anche con l’asporto. Tantissimi ci hanno sempre sostenuto. E non ci vergogniamo a dire che con questi soldi ci abbiamo pagato le bollette. Nessuno ci ha abbandonato, ed è stupendo“.

Ma ammette: “Durante la settimana qui ormai nel quartiere non c’è più nessuno. Ha chiuso il tribunale, l’università, anche quella americana, noi a chi diamo da mangiare? Abbiamo buttato tanta roba, anche perché ormai non riusciamo a regolarci. E a me chi ripaga queste spese?”.

Ai Villini” ha praticamente vissuto periodi molto delicati, come la Seconda Guerra Mondiale. Ma la pandemia è stata davvero qualcosa di inimmaginabile: “Una cosa così non me la sarei mai aspettata“, ammette Michela, che però prende tanta forza dalla mamma: “È del ’29, ha oltre 90 anni, e anche lei è rimasta senza parole. Ma ha un’ottima tempra. Ne ha viste di cotte e di crude nella sua vita. È di origini trentine e dice che il Covid-19 lo ammazza con la grappa, come facevano i suoi nonni con la spagnola“.

Per questo, nonostante tutto, continua a lottare, giorno dopo giorno. E lancia un messaggio di speranza a tutta Prati: “Il quartiere è triste, alle 20 c’è un silenzio irreale. Vedo negozi che hanno chiuso, negozi di ragazzi che hanno aperto e resistono a fatica, ma provo a sostenerli almeno moralmente. Spero che tutti ce la possiamo fare, per4ché guai a essere invidiosi. Me lo ha insegnato mio padre. A tutti dico: non bisogna mollare mai, la speranza è l’ultima a morire. Ci dobbiamo aiutare”.

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