7 Febbraio 2021 - 9:41 . Montesacro . Personaggi

Simona Orlandi Posti e la sua vita nel nome dello zio Lallo, il partigiano di Montesacro

Un cognome importante quello di Orlando Posti a Montesacro. E lo sa bene Simona, nipote di Lallo, come lo chiamavano i suoi amici. Orlando Orlandi Posti aveva soltanto diciassette anni quando decise di aderire, subito dopo l’armistizio, al Partito d’Azione e fu, insieme a Ferdinando Agnini, uno degli animatori dell’Associazione rivoluzionaria studentesca italiana (ARSI).

Il 3 febbraio del 1944, Orlando, venuto a sapere che i tedeschi stavano compiendo una retata nel quartiere, si preoccupò di correre ad avvertire i suoi compagni antifascisti, consentendo a molti di loro di mettersi in salvo e di sfuggire all’arresto. Non riuscì ad evitarlo lui, perché passò da sua madre, Matilde Servoli, per non farla preoccupare. Rinchiuso in via Tasso, Orlando Orlandi Posti ne uscì soltanto il 24 marzo, per essere fucilato alle Fosse Ardeatine.

Una foto d’epoca di Orlando Orlandi Posti

Un eroe Orlando, la cui memoria oggi viene alimentata anche da Simona. “La mia famiglia non ha mai abitato a Montesacro, dove invece è rimasta la mamma di Lallo – racconta la Orlandi Posti, oggi collaboratrice dell’europarlamentare Massimiliano Smeriglio -. Vivo da anni alla Garbatella, che per certi versi è molto simile a Montesacro”. Ma in questo quartiere ci viene spesso. E sa quanto il nome dello zio Orlando sia importante: “La prima volta che ho sentito parlare di lui è in quinta elementare perché con la scuola siamo andati alle Fosse Ardeatine. Mio padre allora mi disse che nel sacrario c’era un nostro parente e mi raccontò a grandi linee la sua storia. Da quel momento in poi l’appuntamento con zio e le Fosse Ardeatine si è rinnovato ogni anno”.

Crescendo poi ha aggiunto sempre più tasselli nella conoscenza di Orlando Orlandi Posti: “Ho voluto capire meglio cosa fosse successo e ho investigato anche da sola. La mamma di Orlando, dopo quell’episodio, si chiuse e non volle parlare di quei momenti così dolorosi, come è normale che sia. Insieme a tanti studiosi, anche di Montesacro, abbiamo ricostruito la sua storia. Mio padre all’epoca era molto piccolo e quindi non ricorda nulla, mentre mio zio, il fratello di mio padre, mi ha sempre raccontato dei bagni insieme dentro l’Aniene“.

Alcuni dei biglietti che Lallo inviò ai suoi cari dal carcere di via Tasso

Una storia, quella di Lallo, che merita di rimanere viva nella memoria di tutti. Ma lo è ancor di più per Simona: “Ricordo ancora quando ho compiuto anche io 18 anni. E pensare che mio zio ha passato il suo compleanno nel carcere di via Tasso mi ha fatto rendere conto di quanto la mia giovinezza sia stata profondamente diversa dalla sua“. Leggere poi le lettere dello zio inviate dal carcere ai familiari è stato davvero molto speciale: “Ha fatto un certo effetto perché conosciamo i partigiani come degli eroi che compiono dei grandi gesti. Ma da quelle lettere si capisce che mio zio era sì un partigiano ma soprattutto una persona semplice, come tante altre. Voleva studiare medicina, voleva una vita bella insieme alla donna amata, si preoccupava dei familiari, come tutti noi”.

Orlando vive ancora però a Montesacro, nelle sue vie, nelle sue piazze. E Simona lo sa bene: “La prima volta che sono venuta è per un documentario fatto dal circolo Roma Smistamento, poi sono tornata grazie alla sezione Anpi del quartiere, dedicata proprio a mio zio. E poi per la pietra d’inciampo. Lallo è ovunque qui. Ci vengo sempre volentieri e penso sempre a quel portone di casa che lui apriva quotidianamente e a quel gesto che fece anche quel giorno in cui fu arrestato. Perché invece di scappare, lui passò dalla mamma per tranquillizzarla. Ma c’è lui anche nella mia Garbatella. So che l’8 settembre era a Porta San Paolo e un pensiero, quando passo lì, va sempre a lui”.

Lallo per Simona Orlandi Posti non è solo uno zio, ma un esempio di vita: “Mi ha fatto capire che la vita di ognuno di noi può fare la differenza al momento giusto e quando ci sia accorge che stiamo subendo un sopruso possiamo fare la nostra parte”.

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