16 Gennaio 2021 - 19:03 . Conca d'Oro . Cronaca

Protesta anti-chiusure, un ristoratore di Conca d’Oro: “Lo faccio per disperazione”

Max Vietri, titolare di "Fuoco e Farina" - Foto Roma h24
Max Vietri, titolare di "Fuoco e Farina" - Foto Roma h24

Ieri sera in tutta Italia migliaia di ristoratori e gestori di pub hanno deciso di restare aperti anche dopo le 18 (limite massimo per la somministrazione al tavolo) sfidando denunce e sanzioni. La protesta, che è diventata virale sui social come #IoApro1501, ha registrato l’adesione di un ristoratore della zona Valli-Conca d’Oro, Max Vietri, titolare dal 2008 della trattoria “Fuoco e Farina”.

Il perché della protesta

“Questa decisione è maturata dalla disperazione – spiega a Roma h24 – ,  perché siamo arrivati al punto di fallire. Sono troppi mesi che il Governo ci ha chiuso e non ci consente di lavorare nonostante ci abbiano fatto adeguare alle norme di sicurezza”. Nella sala in cui parliamo i tavoli sono distanziati, una cameriera all’ingresso misura la temperatura a tutti i clienti. “Sono usciti una marea di decreti che non ci consentono di lavorare  – prosegue Vietri – e a mio parere sono anche illegittimi, anche se questo probabilmente lo stabilirà un giudice in futuro. Io qui ho 16 famiglie che devono andare avanti e lo faccio per loro”. Alle 19.30 sono almeno una trentina i clienti nel ristorante. “Ho ricevuto 40 prenotazioni – racconta – e stasera la cena verrà servita in cambio di un’offerta libera. Poi alle 22 tutti a casa”.

Max Vietri
Max Vietri, titolare di “Fuoco e Farina” – Foto Roma h24

Momento di crisi

Max ha 16 dipendenti: “Sto cercando di arrivare al punto di non doverli licenziare – ammette – , perché ci siamo vicini. È un gesto estremo quello che faccio oggi. Nessuno ci ascolta, il Governo adesso ci ha messo in zona arancione quindi noi non lavoriamo più. Rispetto a prima noi stiamo al 20% del fatturato originale”. Tra affitto, fornitori e spese, la strada è piena di ostacoli. “Io rimarrò qui finché sarà possibile – continua il titolare – , finché non mi staccheranno la luce e riuscirò a pagare i dipendenti. Ho già dovuto chiudere un locale a Lungotevere, perché ha la licenza sala giochi e lì la metà del personale è in cassa integrazione, qui no. Ma non copriamo le spese: affitto, fornitori, piani di rientro. I ristori? Sono gocce in un mare di debiti, parliamo del 10% del fatturato. Dove vado io con queste cifre? Se i ristori fossero stati sufficienti, pensate che avrei rischiato una multa o una denuncia?”.

“Non siamo untori”

Vietri non ci sta a passare come un untore. “A novembre il comitato tecnico scientifico disse a Conte, mettendolo nero su bianco, che i ristoranti potevano restare aperti essendo luoghi super controllati, Conte ha deciso di chiuderli”. In effetti, secondo un documento ripreso da varie testate tra le quali “Il Tempo”, in un verbale del 17 ottobre il Cts suggeriva maggiori controlli ma non la chiusura. “Questa misura non ha portato alla riduzione dei contagi – rincara Vietri -, anzi sono aumentati. Perché noi non veniamo trattati come i centri commerciali o altri negozi dove stanno tutti accalcati e non ci sono regole?”

“Siamo qui per solidarietà”

La serata prosegue, gli avventori continuano ad entrare e c’è un’atmosfera distesa. Massimo Fusco è al tavolo con altri tre amici. “Sono qui stasera perché sono un cliente abituale, sono di Talenti e voglio dare sostengo alla categoria dei ristoratori, gestori di pub, albergatori – ci spiega – che si trovano in questa situazione. Ci vuole un po’ di coscienza e non trattare gli italiani come bambini”. A rischio di venire multati. “I nostri genitori e nonni hanno combattuto e dato la vita per la libertà contro delle irregolarità, noi riteniamo che queste restrizioni siano irregolari”, risponde Massimo.

Massimo Fusco
Alcuni avventori di “Fuoco e Farina” – foto Roma h24

Da domani, domenica 17, il Lazio entrerà in zona arancione e i ristoranti dovranno restare sempre chiusi, con il solo asporto consentito. “Ma io vorrei rimanere aperto –  annuncia Vietri – anche perché l’asporto non è la soluzione, è una percentuale risibile del mio fatturato e anche a pranzo faccio ben poco, roba di 80/100 euro se va bene”.

 

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