11 Marzo 2021 - 11:29 . Serpentara . Retesociale
Un anno dal lockdown: così la chiusura ha cambiato la vita a Casa Salvatore
di Antonio Tiso
A un anno dall’inizio del lockdown del 10 marzo 2020, cosa rimane tra le pieghe della vita in una casa famiglia per disabili adulti alla Serpentara? È la domanda che abbiamo posto agli ospiti di Casa Salvatore, gestita dalla onlus Spes contra Spem e ai suoi operatori.
La grande risposta, non scontata, è stata nel loro adattamento all’emergenza. Con pazienza tutti hanno modificato riti e abitudini. Un fatto che ha comportato fatica e dolore, ma ha ricompensato Alessandro, Anna, Elio, Patrizia e Pino con una ritrovata parziale serenità. Con loro c’era anche Roberto, ma se n’è andato a fine gennaio dopo una malattia impossibile da sconfiggere. “Purtroppo non siamo potuti andare a trovarlo in ospedale ma solo al funerale”, racconta Anna. In questi ultimi 365 giorni sono saltati gli appuntamenti con gli amici e i volontari, le attività in presenza nei centri riabilitativi e gli abbracci con i familiari. Anche i pasti con gli operatori di turno ora sono vietati: “Mangiano dopo di noi. Questo non lo vorrei perché è bello mangiare tutti insieme per parlare delle cose che ci succedono”, spiega Patrizia.
Ora i compleanni sono festeggiati a distanza, in video call, senza quella pizza buona che prima scaldava tutti, ma che presto tornerà, si spera. “Non è stato semplice mediare le informazioni dall’esterno con gli abitanti della casa”, dice Fabrizio Croce, un operatore della struttura. “Durante il primo lockdown, quando arrivavo al lavoro Patrizia mi chiedeva: ‘Come si sta fuori?’. Voleva sapere se c’era ancora un mondo oltre la porta di casa, se camminavamo in mezzo alla macerie di una realtà post bellica, trasformata rispetto a quella fatta di cappuccini e incontri con le amiche storiche del condominio”.
Alessandro racconta di come passa ora le giornate: “Il sabato ho smesso di andare a casa di papà per pranzo e ne sono dispiaciuto. Adesso lo vedo il venerdì per due ore, mi porta il giornale qui sotto e chiacchieriamo. Prima del Coronavirus, ogni martedì facevo gli allenamenti del bowling e una volta l’anno andavo a Modena per le gare. Da quando è iniziato il Covid rimango tutto il giorno a casa. Anche il centro Tangram ho dovuto smettere di frequentare (è un centro riabilitativo in via Ida Baccini, zona Talenti-Bufalotta, ndr). Così a volte guardo le foto al computer, aiuto gli operatori a cucinare e faccio teatro. Ma ugualmente avanza tanto tempo che trascorro al balcone o guardando il buio dalla finestra. Al buio si vedono le luci dei lampioni e quelle delle macchine che rientrano a casa”.
Pino invece è proiettato al futuro: “Questa situazione mi preoccupa. Spero non si ammali nessuno dei miei cari e il virus presto sparisca. Intanto prego che ci facciano il vaccino per poter ricominciare ad avere una vita normale. Vorrei tornare a uscire senza mascherina e senza l’ansia che già avevo e che in questi mesi è aumentata”.