Flaminio | La storia

Allo stadio Flaminio scende un dio pagano. Trentadue anni fa il concerto di David Bowie

di Sergio Campofiorito

Formidabili quegli anni. A vedere oggi lo stadio Flaminio, male in arnese e scalcagnato da anni di incurie, si viene travolti dalla melanconia. Ci fu una stagione, straordinaria, in cui l’impianto fu il teatro dove si esibiva la grande musica internazionale. Come canto di sirena, il Flaminio attirava a sé le star più fulgide: U2, Duran Duran, David Bowie, Prince. Il delirio si raggiunse nella tarda primavera del 1987, quando a far cantare trentamila spettatori fu il Duca bianco, per la prima volta in Italia.

Bowie cala dall’alto seduto su un trono sorretto da corde invisibili; le vesti sono argentee, il volto smagrito e diafano, i capelli aurei: sul Flaminio scende un dio pagano. La folla è incantata, il Duca sciorina il meglio del suo repertorio di allora, ventuno brani tra cui Absolute beginners, China girl, Glass spider, Loving the alien… ogni canzone è inno al godimento musicale.

Era il 15 giugno 1987, Bowie intonò anche “87 & cry”. A guardare il Flaminio oggi, torna la voglia di cantarla.

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