28 Marzo 2020 - 11:36 . FuoriQuartiere . Media

Coronavirus, un esperto rivela cosa fare per non diffondere fake news su Facebook

L'avvocato Fernando Gallone
L'avvocato Fernando Gallone

“La colpa della pandemia è il 5G”, “Putin ha detto ai russi che possono scegliere tra quarantena o cinque anni in carcere” (quando la Russia è una delle poche nazioni al mondo a non averla imposta). Sono solo alcune delle fake news che circolano sulle bacheche Facebook del nostro quartiere. Non a caso, un team internazionale di ricercatori ha appena realizzato un sito di fact checking interamente dedicato al coronavirus: coronacheck.eurecom.fr/it.

Chi ci si confronta ogni giorno con le fake è Fernando Gallone. Avvocato di Prati, 44 anni, ha scritto assieme al giudice della Corte di Cassazione Giuseppe Cricenti il libro “Non è vero ma ci credo: Come le fake news inquinano la democrazia” (Armando editore, 144 pagine”).

“Non è vero ma ci credo”

Gallone, sembra che il Covid-19 abbia dato la stura a un vaso di Pandora. Facebook è inondato da bufale di ogni genere. Si è chiesto perché?

“Ogni volta che si verifica una tragedia, o un qualsiasi fatto di grandi proporzioni, la gente ha bisogno di capire, e dunque ha bisogno di risposte. In questo clima, nascono migliaia di possibili spiegazioni diverse. Accanto a quelle plausibili e corrette, che provengono da fonti ufficiali e competenti, proliferano anche le fake news, messe in circolazione per le più svariate ragioni, che vanno dalla pura goliardia, passando dal clickbait, sino ad arrivare a fenomeni molto più pericolosi, come ad esempio il controllo delle masse per fini politici. Proprio quest’ultimo fenomeno è quello che deve maggiormente preoccuparci. È notizia di qualche giorno fa, precisamente il 16 marzo, che la task force europea che si occupa del contrasto alla disinformazione via web ha pubblicato una relazione nella quale dimostra che nelle ultime due settimane si è registrata un’intensa attività sospetta da parte di migliaia di profili extra europei, per lo più da Cina e Russia, i quali hanno fortemente propagandato gli aiuti provenienti da Cina e Russia, denigrando ed attaccando subdolamente vari Paesi occidentali, quali ad esempio la Germania, l’Unione Europea tutta, e gli Stati Uniti d’America. Non voglio certamente sminuire gli aiuti provenienti dalla Cina, da Cuba, dalla Russia o da qualsiasi altro Paese estero. Dobbiamo esser grati a tutti. Bisogna però prestare attenzione ad alimentare strumentalizzazioni volte a portare avanti un vero e proprio disegno di disgregazione dell’Unione Europea”.

Ora circola una fake news che prende di mira in particolare la Germania.

“Già. Quella secondo cui la Germania non avrebbe mostrato alcun segno di vicinanza e solidarietà nei nostri confronti, chiudendo del tutto le frontiere e non prestandoci alcun tipo di aiuto o assistenza, a differenza di ciò che hanno fatto Cina e Russia. Chi lo pensa ignora che, il 20 marzo, il presidente della Repubblica federale tedesca Frank-Walter Steinmeier ha scritto a Mattarella una lettera di profonda solidarietà nei confronti dell’Italia, inviando, contestualmente, un aereo carico di respiratori, mascherine e altri presidi medici indispensabili in questo difficile periodo. Non solo. In questi stessi giorni la Germania ha preso in carico alcuni nostri malati che in Lombardia non trovavano più posto nelle terapie intensive, annunciando che nei prossimi giorni farà ulteriori sforzi prendendo in cura ulteriori nostri pazienti gravi. Tutto ciò in un momento in cui anche la stessa Germania si trova in difficoltà. Perciò, se di tutto questo non si trova alcuna traccia, né su Internet, né sulla carta stampata, né nei maggiori TG nazionali, allora è evidente che una forma di distorsione a livello di comunicazione esista”.

Qual è quella che più l’ha colpita, per inconsistenza o gravità?

“Ne abbiamo viste circolare così tante che è difficile indicarne una in particolare. Basti pensare, ad esempio, alla solita bufala complottistica secondo cui il virus sarebbe stato creato dai servizi segreti americani per combattere la Cina e, allo stesso tempo, infliggere un duro colpo all’Italia perché stava intrattenendo rapporti commerciali con essa. Più che parlare di quelle anonime che ho visto circolare in rete, vorrei soffermarmi sulle false notizie che provengono da fonti autorevoli. E che, per questo, avrebbero certamente dovuto prestare molta più attenzione. Mi riferisco, in primis, all’informazione sul tasso di mortalità. Abbiamo trascorso l’ultimo mese in balia di numeri ballerini. Addirittura in alcuni momenti è stato ipotizzato un tasso di mortalità, in Lombardia, pari al 10%, ossia, un numero spaventoso, se rapportato alla possibilità, più volte paventata, che venisse contagiato fino al 60% della popolazione. Numeri terrificanti. Tuttavia – e qui non bisogna certamente essere virologi o epidemiologi per trarre queste conclusioni – si trattava di numeri alquanto azzardati. Perché il “tasso” è il risultato di una frazione. Noi però conosciamo soltanto il denominatore, ossia il numero dei decessi, e conosciamo il tasso di mortalità dei paesi asiatici, che ci hanno preceduti nell’epidemia. Ignoriamo del tutto, invece, il numeratore, ossia la cifra degli effettivi contagiati. Dunque, come si può calcolare il tasso di mortalità se si conosce solo il denominatore ma si ignora il numeratore? Sulla base dei soli numeri che conosciamo – compreso il tasso di mortalità già registrato in altre nazioni – avremmo più cautamente dovuto cercare di ipotizzare il numero dei reali contagiati, considerando anche tutti gli asintomatici e tutti coloro che hanno avuto lievi sintomi. E che, dunque, non risultano in alcun modo conteggiati fra i positivi al Coronavirus. Non a caso, il capo della Protezione civile Angelo Borrelli, intervistato da “Repubblica”, ha ammesso che i contagiati in Italia potrebbero essere 10 volte di più. Ebbene, se sin dall’inizio si fosse ragionato sulla base di questi numeri ipotetici, ma certamente più realistici, si sarebbe potuto agire diversamente. Ad esempio, limitando prima le occasioni di contagio. Soprattutto nei luoghi in cui la situazione già da tempo sembrava esplosiva, come la Lombardia”.

Forse, la fake più clamorosa è quella che mette in correlazione il Covid-19 alla tecnologia 5G.

“È stata messa in circolazione da Gunter Pauli (imprenditore ed economista belga, ndr). Ora, la fake news di per sé non avrebbe nulla di particolarmente interessante, perché di fake sul 5G ne abbiamo sentite tantissime. Tutte prontamente smentite da svariati ed importanti studi scientifici, che hanno addirittura dimostrato come il 5G sia meno invasivo delle tecnologie precedenti. È interessante, invece, il fatto che a diffondere questa fake news non sia stato un qualsiasi complottista anonimo, bensì il nuovo consulente economico del Presidente del Consiglio Conte, nominato agli inizi di marzo. Questo mette i brividi, considerando che i Cinquestelle, partito dell’attuale e della precedente maggioranza, non hanno mai nascosto la loro vicinanza con il mondo antiscientifico e complottista. Si pensi ai no-vax, come pure ai terrapiattisti, per citarne alcuni”.

Come possiamo difenderci? Come si fa a distinguere una bufala da una notizia verificata?

“Purtroppo, non è così semplice. Spiegare che basterebbe fidarsi soltanto delle fonti ufficiali, diffidando del tutto di siti internet con nomi stravaganti, come “no censura”, “quello che non ti dicono” e nomi simili, sembra avere un’efficacia molto limitata. Perché le persone che credono a tutto ciò che viene scritto in questi siti, evidentemente, non hanno adeguati strumenti culturali per distinguere il vero dal falso. E dunque, le raccomandazioni, per tali soggetti, hanno effetti oggettivamente scarsi”.

Il giudice Giuseppe Cricenti

E quindi che si fa?

“Occorrerebbe agire su due fronti. Da un lato servirebbe potenziare l’istruzione, anche puntando all’alfabetizzazione digitale, che in molte altre nazioni ha avuto effetti molto positivi. Non a caso, nel nostro libro “Non è vero ma ci credo” io e Giuseppe Cricenti abbiamo insistito sul fatto che l’Italia, a differenza di altre nazioni, non ha mai puntato adeguatamente sui programmi di Lifelong learning, ossia di apprendimento permanente, per tutta la durata della vita, perdendo così una grande opportunità che l’Unione Europea aveva offerto agli Stati membri da oltre venti anni a questa parte”.

Quali armi abbiamo, legalmente, contro chi diffonde delle fake news?

“Davvero poche. Più volte abbiamo lanciato la proposta di adottare un modello di legge, sulla falsariga di quella tedesca, per contrastare la diffusione delle fake news, che rappresentano un vero pericolo per la nostra democrazia. In Germania, dopo le fake news che colpirono Angela Merkel (la cancelliera “spia della Stasi”, il Ministero per la Sicurezza della ex Repubblica Democratica tedesca, ndr), la legge è stata scritta ed approvata in una sola settimana. Lì c’è stata la volontà politica di farlo. Qui in Italia si sono fatte alcune timide proposte. In ogni convegno in cui abbiamo presentato il nostro libro, chiedendo ai politici presenti di appoggiare una seria e rigorosa proposta di legge, c’è sempre stata una prima risposta positiva che poi, però, non si è mai tradotta in fatti concreti. È evidente, dunque, che il ritorno in termini elettorali della diffusione delle fake news, faccia comodo un po’ a tutti”.