Ecco perché l’addio di Don Filippi a San Bellarmino deve farci riflettere tutti
La vicenda del nostro don Nicola Filippi – il sacerdote di San Bellarmino che ha abbandonato la tonaca per motivi, diciamo, personali – ci pone di fronte a quegli interrogativi ai quali la Chiesa Cattolica Romana non ha mai saputo dare una risposta.
È ancora ipotizzabile che delle persone, degli uomini fatti di carne e passioni, debbano rinunciare al supporto di una famiglia tutta loro, per servire la Chiesa?
Da quanto leggo sui pochi articoli usciti, la crisi di Don Nicola viene da lontano: è una crisi umana, che investe innanzitutto la sua vita “professionale”. Una crisi che fa pensare “all’uomo” don Nicola e che somiglia a tante altre. Una crisi che ha privato la nostra comunità di un punto di riferimento, come può essere un parroco che conosce il territorio. E le sue problematiche.
Quanto la Chiesa è capace di dare supporto morale, psicologico e, anche, affettivo ai suoi servitori? I fatti di cronaca di questi ultimi anni mettono a dura prova la validità di questa scelta: quella di mantenere un dogma, forse ormai anacronistico.
L’antitetica scelta dei protestanti, che non rinunciano all’amore e nemmeno all’abito talare, avrebbe già dovuto porre questa domanda al Vaticano: questa “forzatura” è compatibile con l’esistenza di uomini e donne – penso alle suore – che per servire la chiesa devono rinunciare a vivere? Quanto tutto ciò incrina la forza della Chiesa stessa?
Se per tanto tempo si è tentato in ogni modo di nascondere delle verità ingombranti, oggi, nell’era dei social, è impensabile credere di potersela cavare con una lettera durante la messa.
Chissà quali saranno le risposte che arriveranno da questa vicenda, le attendiamo tutti e, umanamente
siamo, in fondo, vicini a Don Nicola, all’uomo, che certamente ha vissuto tempi difficili e continuerà a
viverli, pertanto preghiamo affinché possa trovare serenità e aiutare la Chiesa a dare risposte migliori di
quelle che ci ha dato finora.