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Roma o Lazio: per il quartiere, basta che si giochi

di Antonio Tiso

Il calcio da ombrellone sta per finire. Il 19 agosto torna il campionato e si farà sul serio fino al 26 maggio, data di conclusione della nuova stagione della serie A. La Capitale freme per il ritorno all’Olimpico della Roma e della Lazio. Il derby d’andata arriva presto, il 30 settembre, e sarà un Roma-Lazio; il ritorno il 3 marzo 2019. E attenzione, quest’anno c’è anche una trasferta a poco più di un’ora di macchina: si va nientemeno che a Frosinone, new entry della serie A. Il 3 febbraio tocca alla Lazio mentre il 24 febbraio alla Roma. I tifosi romanisti e laziali del Trieste-Salario vivono con ansia queste ultime settimane di calciomercato dopo un mondiale da spettatori neutrali, quasi sonnacchiosi. La pausa estiva, si sa, è un lungo “Sabato del villaggio” per gli appassionati che osservano la campagna di rafforzamento della propria squadra con la speranza che sia più forte dell’anno precedente. Perché poi, quando si comincia, il cuore va in subbuglio per nove lunghi mesi.
«Bisogna essere dei soggetti molto particolari per tifare Roma, serve un core forte, se sei debole mori, perché è una squadra con gli alti e bassi»: parole di Bruno Quinzi, macellaio, il re del pollo ripieno al mercato Nomentano. «Essere della Lazio significa tradizione e amore, un sentimento che non va in vacanza. Te lo porti dietro tutta la vita. Già nella culla avevo il fiocco azzurro», parole di Enrico, il proprietario del Grottino Laziale, ristorante santuario del tifo biancoceleste a viale Romania. Colori diversi, ma un comune denominatore: una passione infinita.

Zona di confine tra le tifoserie
Se Roma nord è tradizionalmente laziale e il resto della città prevalentemente romanista, il Trieste-Salario è un luogo dove è facile avere, come vicini di casa, rappresentanti della tifoseria avversari. Una zona di confine, il nostro quartiere, che secondo qualcuno è a maggioranza romanista, ma con una buona rappresentanza laziale. Ma anche qui, nel compassato Trieste-Salario, le passioni del tifo capitolino sono forti. RomaH24 ha percorso il quartiere per scoprire riti e storie personali dei tifosi laziali e romanisti.
Paolo Peroso, commerciante e presidente dell’associazione Amici di Porta Pia ci offre uno spaccato del tifo a cavallo tra due epoche: «Roma è romanista e la bellezza di essere laziale è che siamo di meno. Purtroppo, quella che era la bellezza dei fan club negli anni ‘70, quel tipo di amicizia e goliardia non esistono più. Internet ha avvicinato le persone, ma le ha anche allontanate. Abbiamo perso il gusto del dopo partita, dell’appuntamento al bar. Quanto a Porta Pia, è il luogo di appuntamento per i tifosi stranieri della Lazio. Ogni anno per i derby si riuniscono da tutto il mondo e arrivano soprattutto cinesi».
In zona Porta Pia si ritrovano ancora i tifosi storici le cui famiglie sostenevano la Lazio negli anni bui, quando la squadra era in B e i soldi mancavano. La lunga crisi economica finì con Calleri sul calare degli anni Ottanta quando ci fu la rinascita della società. La famiglia Mercuri, imprenditori nel ramo elettrico e termico, ha sempre aiutato la Lazio. Incontriamo Antonio Mercuri: «A casa siamo sempre stati laziali, non c’è mai stata discussione su chi dovevamo tifare. Qua in zona ci sono molti romanisti, coi quali ci si conosce da ragazzini, c’è un sano sfottò vintage. Una volta ci si vedeva dall’edicolante a piazzale di Porta Pia. Da lì si partiva per le trasferte. Oggi, per noi tifosi doc, invece, è il ristorante Coriolano il luogo di ritrovo, il martedì sera».

Il gruppo WhatsApp “I lupetti del presidente”
Al tempo della Pay per view, la partita viene vissuta sempre più privatamente. Ci sono però gruppi di tifosi che vanno in controtendenza. Tra questi i volontari dell’associazione Amici di Villa Leopardi. Massimo Proietti Rocchi, presidente, ci racconta questa esperienza: «Alcuni soci hanno creato un gruppo WhatsApp dove ci sentiamo per poi vedere le partite della Maggica. La base è casa dell’amico Fabrizio Ruggeri. La cosa bella è che siamo un potpourri di tutte le età, ci sono anche ragazzi di 20 anni. Ognuno porta qualche cosa, tipo torte fatte in casa dalle mogli che ci cacciano via. Mi alzo volentieri per fare a piedi questi 200 metri. E poi non stai da solo dentro casa dove perdi quel senso del sociale. La condivisione è una delle cose più importanti».

Piazza Vescovio, il territorio dei laziali
Il murales dedicato all’ultras Gabriele Sandri, ucciso nel novembre 2007 da un agente di polizia, delimita un territorio. Il bar Excalibur, fondato dai fratelli Curzi nel 1992 all’angolo con via Poggio Moiano, è un punto di riferimento per i tifosi che vengono qui nel pre e nel post partita. Maglie autografate di Immobile alle pareti, sciarpe biancocelesti, parla Roberto: «Non ci nascondiamo, siamo smaccatamente della Lazio. I romanisti non ce l’hanno un posto così nel quartiere».

Il mercato Nomentano e i suoi dintorni
Un fiume in piena. Bruno Quinzi, storico macellaio romanista, potrebbe parlare della Roma per ore: «Sono stato abbonato per 50 anni, lo stadio tremava. Pareva ci fossero le scosse sismiche. Il soprannome Kawasaki a Rocca lo diedi io, perché era veloce come una moto, aveva uno scatto tremendo. Il primo terzino a giocare come un olandese. E quando arrivò Falcao, beh, andai a prenderlo all’aeroporto e fui il primo a toccarlo. Ma ‘sto calcio spezzatino non mi piace, oggi tutti in pantofole. Io sono un moderno antico, legato a trasmissioni come 90° minuto che guardo ancora bevendo Stock 84».
Il Ferramenta Messina a pochi passi dal mercato è stato per anni un ritrovo del tifo laziale. Raffaele, commesso, se la ride: «Si gioca sempre, qui dentro, ora però siamo in prevalenza romanisti, gli aquilotti stanno calando. Ma non voglio che si estinguano, sennò come faccio senza di loro?»

Il Grottino del Laziale, dal 1912 in viale Romania
Tre scalini separano viale Romania da questo antro di fede biancoceleste, un luogo storico per i tifosi del quartiere. In questo ristorante ogni angolo parla della Lazio. Enrico, il gestore, racconta la sua fede tra un piatto di carbonara e un bicchiere di vino: «La domenica, da bambino, andavo a piazza Euclide, di fronte all’hotel Ritz, dove partiva il pullman della squadra. Una volta un dirigente, Gianbartolomei, mi disse: “Fatti fare un tramezzino da mamma che vieni con noi. Mi sedetti vicino a Polentes. Era il 1969-70 e da allora divenni la mascotte della squadra per tre anni. Non potevo cambiare posto, c’erano delle rigide scaramanzie. Poi accompagnavo i giocatori fino al sottopasso per entrare in campo. Nel ’74, con la vittoria dello scudetto vennero tutti qui, compresi D’Amico, Chinaglia e Pulici. E poi ho avuto l’onore di ospitare ben sette presidenti a mangiare, penso siano in pochi a Roma».

Il mercato di Via Chiana “qui si vive di sfottò”
I mercati rionali sono luoghi magici. Parlare di calcio tra i banchi della frutta risveglia un gusto antico per chiunque, perfino per quegli intellettuali che lo frequentano per fare la spesa. «Qua si vive di sfottò, ci sono molti laziali e romanisti. Durante l’anno è ‘na guera, ma senza mai rovinare l’amicizia, nun me piace prendere d’aceto», ci spiega Pino, macellaio al box n. 32. Il rito dello stadio oggi è diverso dal passato e Antonio il barista ci racconta com’era vent’anni fa: «Una volta era più facile, come una rimpatriata. Ora è una gimcana. Prima ti portavi la borsetta col thermos, arrivavi alle 11:30, facevamo una partitella sotto la curva Sud. Adesso pare di entrare in un campo di concentramento. Qua, invece, ci prendiamo in giro tutta la settimana. Tifare Roma è tutto. Ho 63 anni, sono nato della Roma e morirò della Roma».

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