Trieste-Salario | Articoli

“Qui sotto ci sono acqua, terreno alluvionale e cavità sotterranee”

di Marco Liberati

La mappa, molto dettagliata, risale al 1907, poi aggiornata nel 1924, e mostra lo stato della Capitale prima della grande urbanizzazione fascista. Oltre cento anni fa il territorio del II Municipio risultava attraversato, nelle piccole valli tra una collina e l’altra, da diversi torrenti. “Il principale era il fosso di Sant’Agnese – spiega Maurizio Lanzini, geologo e consulente da anni di Comune e Regione Lazio – . Sul suo letto sono state costruite viale Libia, viale Eritrea e tutto corso Trieste”.

Questa non banale particolarità idrogeologica, ha costituito una difficoltà per la progettazione e la costruzione di qualsiasi opera e ancora di più per i Pup, i parcheggi interrati. “Uno di quelli non realizzati, in via di Santa Costanza, si trovava letteralmente dentro a un fosso – continua Lanzini –. Questo è uno dei motivi per cui si è fermato l’iter”.

Non a caso, durante i lavori della linea metropolitana B1 fu deciso di cancellare la fermata intermedia tra piazza Bologna e piazza Annibaliano, proprio a causa della presenza di acqua “la cui presenza è stata confermata da diverse indagini. Ma basta salire di quota per non incontrare queste limitazioni, tanto che il parcheggio di fronte al comando della guardia di Finanza, sotto viale XXI Aprile, è stato costruito senza problemi”. Il piano parcheggi urbani era nato con finalità diverse rispetto al progetto approvato dal Campidoglio: “Dovevano costituire un secondo anello interno rispetto ai parcheggi di scambio da costruirsi vicino al Gra, ma tutto è stato stravolto dalla giunta Alemanno». Non era più il Comune a scegliere l’ubicazione in funzione dell’interesse pubblico, ma si è optato per far decidere ai proponenti, alle società che avevano vinto la convenzione, «e la convenienza economica ha finito per prevalere”.

Il Trieste-Salario è comunque caratterizzato da due elementi che si sovrappongono: “Da un lato c’è la presenza di terreno alluvionale su tutta la riva sinistra del Tevere – spiega Roberto Troncarelli, presidente dei geologi del Lazio –, mentre dall’altro esistono diverse cavità sotterranee, nate dall’attività di estrazione della pozzolana“. Questa rete caveale, sviluppatasi sin dalla fase protostorica della valle del Tevere, ha continuato ad allargarsi fino a una sessantina di anni fa. “Gli sprofondamenti delle sedi stradali sono spesso causati dalla presenza di queste cavità nel sottosuolo – specifica Troncarelli –. Sono i tetti di queste cavità, che per azione regressiva spingono in alto, a causare i crolli. Ma problemi nascono anche dalle perdite dei sottoservizi: quest’acqua permea questa crosta e rompe il tetto delle grotte“.

Una soluzione definitiva non c’è ma per convivere con le problematicità del nostro territorio basterebbe il buon senso: “Nel lungo periodo – spiegano gli esperti – servono manutenzione e monitoraggio, perché nessuna opera è eterna“.

LEGGI lo speciale (a cura di Daniele Galli)

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