Trieste-Salario | Articoli

Portoni e vetrine come wc per i cani: l’ultima trincea del decoro

di Federica Capati e Camilla Palladino

Quante volte vi è capitato di pestare la cacca di un cane, sul prato di piazza Verbano o sullo spartitraffico di corso Trieste? Quante volte – soprattutto in estate – vi è capitato di arricciare il naso per il forte odore di pipì che proviene dai muri tra gli ingressi dei negozi di viale Libia, viale Eritrea, via Nemorense e via Tagliamento?

La denuncia dei commercianti
Lo sanno bene i residenti e i commercianti del Trieste-Salario. Come Silvia d’Ettorre, moglie del titolare di una tabaccheria su viale Libia. È esasperata. «Ogni mattina trovo la serranda e il muro tra le vetrine del negozio sporchi di pipì – spiega –. Ho dovuto comprare prodotti repellenti per cani e gatti da spruzzare, ma purtroppo non sempre sono efficaci. E quindi quasi tutte le mattine mi tocca infilare i guanti di gomma e pulire». Proprio come Silvia, anche altri commercianti confermano di subire lo stesso trattamento. Simona Pacini, titolare di un negozio di abbigliamento di viale Eritrea, racconta che le è capitato di trovare anche le feci, oltre alla pipì, sopra al lucchetto della serranda della sua attività. «Non sappiamo davvero più come difenderci», dice scuotendo la testa.

Non è una novità che molti cani facciano la pipì sui muri dei palazzi o sulle ruote delle auto. Ma quello che in pochi sanno è che se “Fido” sporca un muro o una macchina, il proprietario potrebbe incorrere in un reato. Reato di imbrattamento, per la precisione. È quello che è emerso da una sentenza della Cassazione del 2015, che ha dettato le regole d’oro del “buon padrone”. Regole a cui dovrebbero adeguarsi tutti i proprietari di cani.

Dal Palazzaccio i giudici chiariscono che è vero, a volte è impossibile evitare che il cane faccia pipì in luoghi “proibiti”, come i muri e le ruote delle macchine. Per quanto l’animale possa essere educato, non è sempre possibile tirarlo via in tempo. Quello che il padrone dovrebbe fare però è usare il buon senso. Prevenire nei limiti del possibile, magari trascinando via il cane e se ormai il “bisognino” è stato sganciato, rimediare. Magari buttando un po’ d’acqua, per lavare via la pipì. Questo può fare davvero la differenza. Tanto che è proprio grazie ad una bottiglietta di acqua che è stato assolto dalla Cassazione il proprietario del cane protagonista della lunga vicenda giudiziaria che ha portato alla sentenza.

Secondo Anna, dipendente di un negozio di cosmetici, la soluzione è fare sempre la guardia al proprio negozio. «Una mattina mi sono accorta che un chihuahua stava per farla praticamente sulla vetrina. Sono uscita e ho lanciato un’occhiataccia al cane e alla padrona. Ed è bastato», racconta. E probabilmente questo è davvero l’unico rimedio. Perché lavare il muro con acqua e sapone, non è possibile. È vietato dal regolamento della polizia locale di Roma Capitale. E lo confermano i vigili del II Gruppo Parioli a RomaH24: «È anche questa una forma di imbrattamento del suolo pubblico che può essere sanzionata – spiegano – Senza contare il rischio di far scivolare i passanti».

La Polemica corre sul web
Ma il dibattito non si esaurisce tra le vie commerciali del Trieste-Salario. Anzi. Invade le conversazioni dei residenti, i post nei gruppi Facebook del quartiere e i commenti sulla pagina di RomaH24. Da una parte si schierano gli “anti-pipì” categorici, che sostengono a spada tratta i commercianti e inveiscono contro i proprietari maleducati dei cani. Dall’altra chi lamenta le pessime condizioni delle aree verdi del nostro quartiere, e quindi l’impossibilità di portare il proprio amico a quattro zampe al parco. Nel mezzo si piazzano tutti coloro che sembrano disinteressati alla questione. Qualcuno alza le spalle o risponde stizzito. Altri sostengono che “i veri problemi di Roma sono altri”.

La maggior parte dei padroni di cani interpellati da RomaH24, comunque, è d’accordo. I commercianti fanno bene ad arrabbiarsi quando alcuni proprietari si comportano “da bestie” e permettono ai loro cani di fare i bisogni sulle serrande, sui lucchetti o tra i muri dei negozi.

Amare un cane non significa lasciargli fare la pipì – nel migliore dei casi – nei luoghi meno opportuni. A partire da Antonella, incontrata da RomaH24 nell’area cani di villa Paganini. «Sono molto attenta a dove fa pipì Giorgio – racconta, mentre osserva correre il suo meticcio – soprattutto perché anche io ho un negozio, e capisco bene che non fa piacere ritrovarsi la serranda imbrattata di urina».

Per non parlare di quando gli escrementi vengono lasciati sui lucchetti delle serrande, che i titolari dei negozi devono aprire ogni mattina. È d’accordo anche Francesca, proprietaria di due bassotti e residente del Trieste-Salario. «Siamo talmente abituati al degrado che ormai che un cane faccia la pipì sul muro di un palazzo o su un motorino non ci sconvolge più. Noi padroni dobbiamo cercare di evitare che il cane faccia pipì in luoghi proibiti e dove crea disagio a qualcuno. È giusto così – commenta, mentre passeggia con i suoi cani a corso Trieste – E se proprio non riusciamo a evitarlo, una bottiglietta di acqua e delle sincere scuse fanno di sicuro la differenza».

L’alternativa delle aiuole
Oppure si può evitare di portare il cane a spasso sulla strada, e passeggiare fra le aiuole. È la soluzione proposta da Flavia, in un commento lasciato sulla pagina Facebook di RomaH24. Nessuno – sostiene – dovrebbe essere costretto a sentire continuamente odori insopportabili o camminare sopra escrementi canini. «Credo che portarsi dietro una bottiglietta d’acqua sia previsto da un’ordinanza. L’acqua serve proprio a diluire e a smorzare la puzza. Comunque, per chi se la dimentica, basta far fare al cane la pipì nelle aiuole, e non sul marciapiede – naturalmente raccogliendo la cacca con i sacchetti, come si fa (o si dovrebbe fare) per i marciapiedi. Non capisco per quale motivo io debba camminare con le scarpe, le stesse che indosso in casa mia, sopra la pipì. O farmela fare sulle ruote della macchina, che poi in garage puzza. Una mia amica ha un negozio a viale Gorizia. Mi ha raccontato che ogni giorno davanti o accanto alla serranda trova pipì, se non altro. Da veri maleducati», sentenzia.

Le aree cani? malridotte
Ma non la pensano tutti allo stesso modo. Secondo Patrizia «basta lavare il muro con un po’ d’acqua, senza tante lamentele. Se le aree cani fossero tenute in buone condizioni, non porterei il mio cane in strada. Ma qui nel quartiere sono ridotte malissimo. Basta vedere quella di villa Chigi per rendersene conto. E allora, dove dovremmo portarli?», si chiede.

Ed è soprattutto sui social network che i residenti esprimono con più enfasi la loro opinione. Secondo Alessandra, per esempio, non si può «smaterializzare l’animale per potarlo direttamente da casa a oltre il recinto. Il cane la fa anche durante il tragitto». La soluzione suggerita da lei è la bottiglietta d’acqua. Ma non solo: Alessandra aggiunge che sarebbe il caso anche di «fornire di taniche d’acqua a tutti i senzatetto che occupano le nostre strade, anche loro orinano ovunque».

La mappa dei luoghi più imbrattati
I giardinetti delle piazze, le aiuole che costeggiano le strade, le vie che portano ai parchi, e le stesse aree verdi. Sono questi i luoghi del Trieste-Salario maggiormente minati dai bisogni dei cani che non vengono raccolti dai padroni. I “praticelli” sotto casa, come quello di piazza Trasimeno, corso Trieste, piazza Verbano o piazza Trento, sono frequentati da tutti i padroni di cani che portano a passeggio il proprio amico a quattro zampe la mattina presto e la sera tardi. Ma non tutti raccolgono gli escrementi lasciati dagli animali. Stessa cosa succede nelle vie che portano ai parchi del quartiere. Percorrendo via Nemorense, via Salaria, via di Villa Albani, via Panama, via di Villa Chigi, via Nomentana o via delle Isole, bisogna fare lo slalom per evitare di sporcarsi le scarpe. E infine le aree verdi. Villa Chigi è il regno del degrado, ma anche a villa Ada, Villa Torlonia, Villa Paganini o al parco Virgiliano – meglio conosciuto come parco Nemorense – non è difficile imbattersi nei bisogni dei cani.

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