Trieste-Salario | Articoli

Da Piazza Annibaliano a via Tagliamento: baby gang in azione

di Daniele Galli

Da fenomeno isolato a nuova piaga sociale di una zona di Roma solitamente tranquilla. Comincia a diventare allarmante la serie di episodi di bullismo e microcriminalità giovanile che ha investito il Trieste-Salario. Le vicende degli ultimi mesi, rimbalzate anche sulle cronache locali, sembrano delineare un panorama preoccupante, al punto di spingere un gruppo di genitori a riunirsi per cercare di intraprendere un percorso comune. Obiettivo: opporsi il più efficacemente possibile e per tempo a questa ondata di violenza giovanile. Il loro ritrovo è stato un noto locale su via di Santa Costanza.

2018: L’ANNO ZERO

I fatti di cronaca si succedono rapidi come un bollettino di guerra. Il 16 febbraio, in viale Somalia, due ragazzini costringono un tredicenne a cedergli il portafogli, poi si rintanano in un bar. Il 9 marzo, uno studente dell’Avogadro – lo scientifico del Coppedé – si frattura un dito nel tentativo di difendersi da un’aggressione da parte di coetanei in via Tagliamento. Otto giorni dopo cambia solo la location: siamo in piazza Annibaliano e le vittime sono due studenti del liceo San Leone Magno. A fine marzo, in via Asmara, un 17enne italiano di origini colombiane viene arrestato dai carabinieri della stazione di viale Eritrea per aver portato via a un ragazzino un cappellino all’ultima moda. È “Repubblica” a riportare le sconcertanti parole del bullo: «Avessi fatto qualcosa di grave, capirei. Ma mica è successo niente». Niente. Giusto una “piccola” rapina. Ancora più umiliante è quanto accaduto nei giorni scorsi a un sedicenne davanti a un pub del Trieste-Salario: è stato picchiato, rinchiuso nel lillipuziano bagagliaio della sua minicar e portato in giro per il quartiere per circa un’ora. Anche in questo caso gli aggressori sono due minorenni. Resta da capire quanto siano consapevoli della gravità dei loro gesti, atti di prepotenza che diventano violenza finalizzata a depredare le vittime: aggressione e rapina sono reati previsti dal codice penale.

IL FILO CONDUTTORE

La domanda che oggi si pongono gli inquirenti è se questi atti di “bullismo” non abbiano una matrice comune. Se non ci sia un filo conduttore tra i diversi fatti. Se non possano essere riconducibili a delle bande giovanili. Da ambienti investigativi trapela che il numero degli episodi accaduti è di gran lunga superiore a quelli denunciati. Sempre dalle colonne di “Repubblica”, il comandante della compagnia dei carabinieri “Parioli”, Alessandro De Venezia, ha lanciato un appello a vittime e famiglie affinché sporgano querela: «Quando le prede dei rapinatori lo hanno fatto, siamo riusciti sempre a individuarli nel giro di pochi minuti». E in assenza di denuncia? «I nostri comandanti di stazione – assicura De Venezia – conoscono bene il territorio, sanno cogliere i segnali e hanno un contatto quotidiano con negozianti e scuole».

LE BABY GANG

Il fenomeno del baby bullismo è storicamente radicato nel quartiere – anche se non aveva mai raggiunto le proporzioni odierne. A marzo di un anno fa, in via degli Appennini, un ragazzo di 15 anni fu obbligato a scendere dalla propria micro-car, accerchiato, pestato e costretto a cedere il suo giubbotto firmato a un gruppo di coetanei. Quasi dieci anni fa, la stampa si occupò di un fenomeno sociale – più che di un solo gruppo – tipicamente romano. Si chiamava D.A.D., era l’acronimo di Dove Annamo Dominamo, un “titolo” ispirato al tifo di curva. Era il branco del Trieste-Salario. Adesso, il quartiere teme che un identico fenomeno di baby bullismo possa aver ripreso possesso del territorio. E il quartiere ha nuovamente paura per i propri figli.

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