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Nomentano: la Sapienza, gli studenti e la movida attorno a piazza Bologna

di Daniele Petroselli

Tre chilometri quadrati. 3,2 per la precisione. Il Nomentano (chiamato negli anni ‘20 quartiere Italia) è uno dei quartieri più piccoli della Capitale, una vera bomboniera, capace però di offrire storia, arte, svago e buon cibo. Una zona che – inserita nel II Municipio – per certi verso può essere considerata la continuazione ideale del Trieste-Salario, per diversi motivi: a partire dallo stile architettonico, con i villini a ridosso di Villa Torlonia, vero cuore verde e pulsante di storia del quartiere, che sono solo una piccola parte di ciò che invece era presente prima ma che ha fatto spazio negli anni ‘60-70 a edifici residenziali ben più moderni e uffici.

In realtà però qui c’è tutto ciò che può richiamare ai primi venti o trent’anni del secolo scorso. In quel periodo infatti sorse in maniera più decisa il quartiere, che ha visto soprattutto espandersi dal suo nucleo originario, quello del Policlinico Umberto I, completato nel 1902 e storico ospedale cittadino.

La zona ha avuto poi un forte sviluppo, soprattutto come zona residenziale, nel ventennio fascista, di cui piazza Bologna ma anche viale XXI Aprile non sono altro che esempio tipico dell’architettura di quel periodo. La seconda guerra mondiale e i tragici bombardamenti da parte delle forze alleate, in particolare quello del 14 marzo 1944, cambiarono per sempre il volto del Nomentano.

Una vivacità sorprendente
Solo dopo anni il quartiere è tornato a vivere, nascondendo le profonde cicatrici impresse dalla guerra. E ora riesce ancor di più a stupire per la sua vivacità. A partire dai suoi abitanti, quasi 40 mila secondo l’ultimo censimento, ma che diventano molti di più con i non censiti e i non ufficialmente residenti, e con tanti romani da sette generazioni che negli anni hanno lasciato spazio a una multiculturalità che è diventata un tratto distintivo di questa zona. Oltre il 20 per cento del quartiere infatti parla straniero, con filippini e romeni tra i gruppi più radicati (3-4 per cento), ma tanti sono anche gli americani, i polacchi, i francesi e i peruviani. Cosa che ha modificato e non poco le abitudini degli abitanti abituali, con locali etnici che sono sorti un po’ in ogni angolo del quartiere, in particolare nella zona vicino alla Sapienza, altro cuore pulsante della zona, che soprattutto negli ultimi trent’anni ha dato nuovo slancio. E non solo per quanto riguarda lo sviluppo urbanistico, ma soprattutto per quanto riguarda il mondo dello svago: dai pub alle pizzerie, passando per le trattorie, le pasticcerie, fino ai wine e lounge bar (vedi il Momart Café), è un tripudio di opportunità.

Piazza Bologna sugli scudi
Sugli scudi c’è senz’altro piazza Bologna, centro di raccolta di nome e di fatto dei tanti universitari del quartiere, che nei suoi mille locali possono perdersi e dimenticare per qualche ora le tante pagine di studio. Davvero ce n’è per tutti i gusti: dalla cucina spagnola a quella giudaico-romana (Ba Ghetto, che riprende quello storico nel quartiere ebraico), dall’africana (Sahara) a quella latina (La Taqueria), per poi arrivare in estremo oriente (Daifuku e Nimba), dai carciofi alla giudia alla carbonara, dagli arrosticini ai cannoli siciliani, passando per kebab, sushi e falafel. Tante lingue, tanti sapori e tanto divertimento, come vogliono i giovani.

E poi occhio allo shopping, perché qui troviamo di tutto: viale Regina Elena e viale Regina Margherita rappresentano le direttrici ideali per cercare abiti di qualità ma anche prodotti alla portata di ogni tasca, con piccoli negozi e grandi magazzini. E come se non bastasse poi è possibile girare qualche angolo e trovare palestre e punti ricreativi dove sfogarsi dopo ore sui libri o a lavoro.

E per chi proprio non può vivere senza cultura, ebbene al Nomentano troverà pane per i suoi denti. Dalla Biblioteca nazionale centrale ai musei di Storia della medicina e di anatomia vicino alla Sapienza, per poi passare a quello parigino di via Cremona, a quello della Guardia di finanza. Per non parlare poi dei suoi cinema e dei suoi teatri, come il 7 di via Benevento.

Roma poi, con la sua storia millenaria, non poteva non lasciare i suoi segni in tutto il quartiere: le catacombe di San Nicodemo, di Sant’Ippolito e di Villa Torlonia rappresentano i luoghi più nascosti ma più ricchi di significato della zona. Tante le chiese, segno della cultura cristiana ma anche i luoghi cari all’ebraismo, vista la folta comunità radicata nel territorio del Nomentano da secoli (in via Padova uno degli storici luoghi di preghiera).

Pochi spazi verdi ma di alta qualità
Parchi? Pochi a dire il vero, ma di qualità: vedi Villa Torlonia, gioiello del Valadier, tornata a vivere alla fine degli anni ‘70 dopo decenni di incuria che però non ne hanno intaccato la bellezza, o Villa Blanc, che oltre ad essere parte del campus della Luiss, proprio nelle scorse settimane ha riaperto al pubblico mostrando tutte le proprie meraviglie troppo a lungo nascoste. E anche qui non può mancare la cultura, con l’Accademia e la biblioteca delle scienze nel Villino rosso e nelle vecchie scuderie dei Torlonia. Oppure Villa Mirafiori, prima residenza della moglie di Vittorio Emanuele II, Rosa Teresa Vercellana, oggi sede della facoltà di Lettere e filosofia.

Una splendida quinta cinematografica
Altri esempi sono il Villino Ximenes che affaccia su piazza Galeno ma soprattutto Villa Massimo. Sede dell’Accademia tedesca, eretta tanto tempo fa nell’allora campagna romana, la tenuta si estendeva per 25 ettari ed arrivava fino all’odierna Piazza Bologna. Agli inizi del ‘900 con l’urbanizzazione il parco è stato nettamente ridimensionato, oggi è rimasto l’imponente palazzo, circondato da un giardino recintato, che si distingue per bellezza e cura dei giardini. Tanto da fare da sfondo a diversi film del cinema italiano del dopoguerra, da “Le Infedeli” di Mario Monicelli e Steno (1953) a “La polizia accusa: il servizio segreto uccide” di Sergio Martino (1975), con un giovane Tomas Milian, passando per “Il sole negli occhi” di Antonio Pietrangeli (1953). Ma tutto il quartiere ha fatto da teatro alle migliori pellicole nostrane. Come viale delle Province, con i suoi imponenti condomini a fare da cornice a una giovanissima Sophia Loren in “La domenica della buona gente” di Anton Giulio Majano (1953), così come la soleggiata via Bosio, che ha visto girare “Abbasso la ricchezza” (1946), in cui da protagonisti agivano Anna Magnani e Vittorio De Sica.

La giornata particolare di Loren e Mastroianni
E come non rivivere in via Enrico Stevenson l’incredibile atmosfera di “Una giornata particolare”, il celebre film di Ettore Scola, con una coppia Loren-Mastroianni in grande spolvero.

Insomma un quartiere da girare, da vivere, capace di sorprendere per i suoi tanti paesaggi diversi e per la sua vitalità, che ben riesce a unire la tradizione ma anche la modernità portata dai suoi più giovani “inquilini” e dalle sue mille etnie.

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