Salario | Articoli

Il racconto. Largo Giulio Regeni, la targa affissa e poi tolta

di Antonio Tiso

C’è un angolo di quartiere dove, dal febbraio 2016, è in corso una sfida. Da una parte gli attivisti per i diritti umani, dall’altra il governo egiziano, qui rappresentato dall’ambasciata d’Egitto. Al civico 267 della via Salaria, nella notte, da oltre due anni viene collocata una targa dedicata a Giulio Regeni, il giovane italiano trovato morto nella città del Cairo due anni fa. Era il 3 febbraio 2016, Giulio stava conseguendo un dottorato di ricerca. Fu rapito e torturato. Ancora oggi i colpevoli sono ignoti, il governo egiziano è stato fortemente criticato per la scarsa collaborazione alle indagini.

Largo Giulio Regeni
Nello spiazzo davanti all’ambasciata, dentro Villa Ada, la targa degli attivisti dice: “Largo Giulio Regeni, in attesa di giustizia”. La targa è stata apposta numerose volte. E altrettante volte è stata rimossa. È una sfida che ha molto di simbolico e va molto al di là della pura provocazione politica. Perché anche quando viene rimossa, c’è sempre qualcuno che ritorna, magari con un semplice foglio A4 stampato a casa, o in ufficio, o all’università, e lo incolla sulla colonna di destra all’ingresso della Villa, a circa cento metri dalla ex residenza reale dei Savoia, oggi sede dell’ambasciata d’Egitto. Certi giorni capita di trovare mazzi di fiori con biglietti o la foto del giovane ricercatore. «È il nostro modo per ricordare Giulio e chiedere verità sulla sua morte», spiega alla redazione di RomaH24 un attivista che per motivi di sicurezza preferisce restare anonimo e senza sigle di appartenenza.

La cronologia della sfida
La nostra fonte ha conservato una cronologia di questo “attacca, stacca e riattacca”: «Ha avuto inizio il 6 febbraio 2016, quando alcuni attivisti di Sinistra ecologia e libertà di Roma hanno apposto il primo cartello. Da quel momento si è scatenata una strategia della contestazione che ha trasformato l’ingresso all’ambasciata in un luogo ad alto valore simbolico. Nessuno afferma che a rimuovere la targa sia l’ambasciata stessa, sarebbe un’accusa grave e non ne abbiamo le prove, ma constatiamo che a qualcuno risulta scomoda e inopportuna, per cui viene costantemente rimossa».

Andando per ordine: il 19 febbraio 2016 compare un secondo cartello, “Piazza Regeni, in attesa di giustizia”, messo da anonimi.

Il 25 febbraio 2016 un grande sit-in “Verità per Regeni” si svolge davanti all’ingresso dell’ambasciata. Nell’occasione vengono lasciati molti cartelli e Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia dichiara: «Il corpo di Giulio Regeni porta una firma, la firma della tortura di Stato e dobbiamo scoprire nomi e cognomi di chi ha messo quella firma. Vogliamo la verità».

Associazioni e sindacati
Tante le sigle che partecipano alla manifestazione invocando verità e giustizia per Giulio Regeni: Arci, Articolo 21, Cittadinanza attiva, Link Roma, Asgi, Usigrai, Fnsi, Cgil, Cisl, Uil; ma anche intellettuali come lo scrittore Erri De Luca o l’artista Lorenzo Terranera.

Via Salaria 267 diventa così un luogo dove ricordare Regeni e rivendicare giustizia. «È un caso di tortura come centinaia di altri in Egitto. Si tratta di metodi, utilizzati nelle stazioni di polizia: è doveroso mantenere alta l’attenzione» aggiunge Noury di fronte all’ambasciata d’Egitto, alla presenza di centinaia di persone.

Il 10 aprile 2016 viene proposto al Campidoglio di intitolare ufficialmente a Regeni l’ingresso dell’ambasciata d’Egitto. Parte pure una petizione su Change.org che però si arenerà. Nello stesso giorno il blog di analisi, commenti e scenari formiche.net pubblica il post “Intitolare a Regeni l’indirizzo egiziano a Roma”. Scrive Aldo Torchiaro: «Caro aspirante Sindaco di Roma, l’indignazione per il caso Regeni mi spinge a farti una proposta. Appena eletto, ti chiedo di convocare la commissione toponomastica e avviare l’iter urgente per l’intitolazione di una strada a Giulio Regeni. Il luogo dell’intitolazione non deve essere casuale, né marginale. La villa dove ha sede l’ambasciata egiziana a Roma è in Via Salaria al 267. Quel tratto di Salaria può diventare un Largo. Largo Giulio Regeni per l’esattezza. Perché proprio lì, va da sé».

La memoria come monito
Aldo Torchiaro scrive dunque un post “di pancia”, o forse è più giusto dire con il cuore, dove in qualche modo incarna i pensieri di quanti fino a quel momento hanno manifestato la loro protesta davanti all’Ambasciata egiziana del quartiere Trieste-Salario. Prosegue nel suo post Torchiaro: «Voglio che ciascun membro del corpo diplomatico egiziano negli anni a venire, ogni volta che detti il suo indirizzo, riceva la posta, organizzi un ricevimento, sia costretto a dire, a scrivere, a ripetere e a sentirsi ripetere: Largo Giulio Regeni. Perché la memoria rimanga come monito per il futuro». Nell’autunno 2016 compare una nuova targa, un cartello plastificato in A3, “Piazza Giulio Regeni, portatore di pace”.

Ai primi di dicembre la targa viene rimossa, ma il 15 dicembre qualcuno la riattacca.

Agli inizi del marzo 2018, la targa viene tolta in occasione del voto per le presidenziali, aperto agli egiziani residenti a Roma.

Il 22 marzo 2018 la targa viene ripristinata, ma ad aprile viene coperta con uno strato di vernice nera.

Arriviamo al 13 aprile 2018, qualcuno ripulisce la targa e la ricolloca dove ancora sta nel momento in cui scriviamo.

È probabile che la contestazione non si placherà fino a che non sarà stata fatta luce sull’omicidio di Regeni. E fino ad allora quest’angolo di quartiere dentro Villa Ada manterrà un indirizzo ufficiale e un indirizzo simbolico.

SFOGLIA il pdf del giornale

Sostieni RomaH24 Sostieni RomaH24
grazie