Trieste-Salario | Articoli
Grandi catene e commercio online, addio ai negozi di quartiere
di Claudio LollobrigidaState cercando un bravo calzolaio? O un artigiano della pelle? Se l’unica soluzione per trovarli è rivolgersi ad altre persone su Facebook, è perché qualcosa è cambiato. In modo radicale.
Il Trieste-Salario sta lentamente perdendo un po’ della sua anima. E questo perché i negozi storici, “di vicinato”, con cui in tanti qui sono cresciuti, hanno chiuso i battenti. Come Contini Regali in viale Eritrea, rivenditore di casalinghi e cristalleria. Qui è rimasto solo un cartello di ringraziamento alla clientela “per i 35 anni trascorsi insieme”. Stessa sorte per l’emporio Poli in via Chiana: dal 1986 un punto di riferimento per il quartiere, l’attività è cessata dopo la morte di Claudio, il titolare.
Dove andiamo a prendere la pizza, da Decio o da Quaresima? Chissà quante volte ve lo sarete chiesto. Le due pizzerie-tavole calde – la prima su via Sebino e l’altra su via Chiana – erano un’istituzione per il Trieste-Salario. Da Decio, in particolare, era possibile gustare i supplì più buoni di tutti.
I biglietti per lo stadio
E alzi la mano, tra i tifosi della Roma, chi non ha mai acquistato un biglietto per lo stadio da Memmo, “omone” giallorosso, che gestiva la libreria-edicola a via Tagliamento, a due passi dall’incrocio con via Chiana. Anche lui non c’è più. Ormai da anni.
Poi c’è chi come il gioielliere Ildebrando Sacchetti ha dovuto lasciare piazza Verbano per trasferirsi in via Lucrino. Al suo posto, ora, c’è un’agenzia immobiliare. Mentre a via Topino una volta c’era un parrucchiere: ha acconciato migliaia di pettinature in tutto il quartiere. I capelli dei maschietti venivano tagliati invece dallo storico Aldo, che ci ha lasciato parecchi anni fa.
Il cavalluccio di ferro
Nella sua bottega aveva un cavalluccio di ferro apposta per noi, bimbi negli anni ‘70. Se avevate bisogno di un telecomando, di batterie nuove o di un apparecchio per la casa, potevate rivolgervi a Elettroverbano su via Nemorense. Il suo equivalente in via Tagliamento era il negozio di Ferino. Sono spariti entrambi.
La scomparsa
Il fenomeno riguarda tutta Roma. Stando agli ultimi dati raccolti dall’associazione Botteghe storiche, tra il 2002 e il 2012 all’interno delle mura Aureliane le attività artigianali sono passate da oltre cinquemila nel 2002 a duemila nel 2012 e la proporzione è stata pressoché la stessa nel Trieste-Salario. Tradotto: stanno morendo i negozi di vicinato, quelli che davano un’identità alle nostre strade e alle comunità che le abitano.
La legge Bersani
Ma quali possono essere le cause di questo fenomeno? Giulio Anticoli, proprietario di Kent e presidente di Roma Produttiva, lo spiega così: «L’avvento della legge Bersani che, nel 1998, abolì di fatto le tabelle merceologiche, decretò la fine della diversificazione d’offerta commerciale nelle nostra strade. Il risultato di oggi è una miriade di bar, ristoranti e mini market che continuano ad aprire senza freno, cambiando il volto del quartiere».
18 bar in 1.500 metri
C’è un dato che fotografa in maniera evidente la situazione. In viale Somalia ci sono 18 bar in un chilometro e mezzo di strada, mentre le vie limitrofe sono quasi totalmente vuote. Eppure per decenni hanno animato la vita della zona. Andando verso piazza Gondar c’era il negozio di dischi Volpi, l’uccellaio siciliano Morrione, appassionato di animali, magro e sempre molto esuberante, il fornaio Lamberto, famoso per le rosette sempre fresche e i pezzetti di pizza che donava ai bambini. Poi a largo Somalia c’era Basso, calzolaio bravissimo, ma non sapevi mai quando ti avrebbe restituito le scarpe riparate. Ma come uscirne? «Dobbiamo valorizzare il negozio sotto casa», spiega Anticoli, «e riflettere prima di acquistare on-line un prodotto da un’entità astratta che non lascerà neanche un euro sul territorio dove esercita il suo business». Ma forse potrebbe già essere troppo tardi.
(ha collaborato Antonio Tiso)