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Editoriale: caccia agli “sciacalli”. Ma chi governa Roma?

di Luigi Carletti

Smaltita la felicità per l’assoluzione dall’accusa di falso, Virginia Raggi ora dovrebbe provare ad archiviare la falsissima solidarietà di molti dei suoi che – strumentalizzando l’esito del processo – si sono agitati contro i “giornalisti sciacalli” esibendo così il più penoso repertorio di insulti e sciocchezze di cui la dirigenza grillina può essere capace.

Un’autentica ubriacatura di livore dai toni leggermente fascisti che aiuta a capire la vera natura di questo movimento, più simile a una setta di rancorosi esaltati che non a un soggetto politico. Adesso è ovvio che l’ebbrezza per lo scampato pericolo prima o dopo dovrà passare, e che l’eccitazione assai scomposta si attenuerà, lasciando sul terreno – purtroppo – la situazione di Roma. Che secondo i grillini – come sappiamo – non è affatto critica, perché pare che la giunta Raggi in questi due anni e mezzo abbia fatto moltissimo. Che cosa? In attesa di scoprirlo, e quindi di capire quanto siamo stati ciechi e ottusi, noi che invece vediamo una città a pezzi, possiamo provare a comprendere quali saranno le prossime mosse del Campidoglio, nella seconda metà di questa legislatura ancora a disposizione.

Le prossime mosse di cui si ha notizia sono principalmente due: la prima riguarda un rimpasto di giunta che dovrebbe portare alla sostituzione di assessori giudicati poco efficienti (ma non andava tutto bene?). La seconda è invece indirizzata allo sblocco di 180 milioni che dovrebbero servire a finanziare lavori e riorganizzazione di servizi pubblici. Rifiuti, viabilità e trasporti sono quelle che i Cinquestelle definiscono elegantemente “priorità”, mentre noi cittadini invece le definiamo “emergenze”, che in fondo è solo un altro modo di chiamare dei problemi rispetto ai quali, finora, grandi progressi non se ne sono visti.

Quello che un po’ sconcerta, nella condotta dei Cinquestelle, è questo atteggiamento integralista e abbastanza ridicolo di negare l’evidenza o, parallelamente, di affermare l’insostenibile. Ai tempi della Prima Repubblica ridevamo per la storiella del vecchio comunista che di fronte al titolo dell’Unità sui “maiali che volano”, lui pur dubbioso diceva: beh, magari volicchiano… Ecco, molti grillini ricordano quello stesso tipo di ottusità, che poi è stata la linfa di tutti i movimenti (o partiti) politici con base popolare largamente fideistica, al punto da dimenticare ogni prudenza minimamente sorretta da razionalità e facoltà di verifica. Perciò se oggi un cittadino a metà giornata fotografa una strada invasa dai rifiuti nel Trieste-Salario, o in un qualsiasi altro quartiere romano, si tratta chiaramente di un nemico, probabilmente di un “piddino orfano di Mafia capitale”, giusto per usare un’acuta definizione della Raggi, e non di un poveraccio che magari si chiede dove vadano a finire i soldi delle imposte che, per quel servizio, lui paga al Comune di Roma.

Se il vecchio comunista di trent’anni fa forse lo si poteva scusare, oggi – nell’era della comunicazione digitale istantanea – è un po’ meno semplice comprendere questo ostinato tapparsi gli occhi davanti a un’evidenza quotidiana che può essere veicolata, e provata, in modo pressoché incontestabile. Malafede, disonestà intellettuale, piccoli tornaconti personali, ambizioni politiche sull’esempio dei tanti miracolati modello Di Maio che oggi ci governano: c’è tutto questo e tanto altro nelle reazioni che parecchi attivisti grillini producono quando qualcuno solleva dubbi sull’effettiva capacità dei Cinquestelle di governare una città complessa come Roma, in cui molti – prima di loro – hanno fallito malamente, tra l’altro con condotte certamente censurabili.

L’impressione è che – continuando a raccontarsela sui social più che a impegnarsi sui problemi – si arriverà al punto in cui l’uso sconsiderato del web, e le campagne di odio in stile Di Battista, avranno il fiato sempre più corto e torneranno al mittente in termini di un risentimento rapido e pericoloso. Ora che non ci sono più un ministro Calenda a cui assegnare colpe o un ministro Padoan a cui dare del bollito, ma c’è un governo amico (o presunto tale), Raggi & C. devono dimostrare non solo di saper affrontare le urgenze ma anche di saper immaginare un futuro per la città. La sensazione, ad oggi, è che non sappiano realmente dove mettere le mani e che riescano solo a rinviare chiamando in causa (ancora!) quelli che li hanno preceduti. Ma il giochino è logoro e funziona sempre meno.

Qualcuno dovrebbe avvertire la sindaca Raggi che l’assoluzione al processo per falso non equivale ad aver risolto il suo impegno con la comunità che l’ha eletta. Quell’impegno è un debito. Che si estingue ascoltando i cittadini (soprattutto quelli critici), mettendosi in discussione, rispondendo ai rilievi con il lavoro e con i risultati.

Fino ad oggi, di tutto questo, svariate centinaia di migliaia di romani non hanno visto niente. Ma forse erano distratti. O troppo amici dei “giornalisti sciacalli”.

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