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Ecco perché corso Trieste è il cuore pulsante del quartiere
di Antonio TisoCorso Trieste è tanto elegante quanto strategico. Una strada salotto che da Via Nomentana raggiunge piazza Annibaliano e che dal 1946 dà il nome al quartiere. Disegnato nel Piano regolatore del 1909 e creato tra il 1924 e il 1930, rappresenta l’asse di saldamento tra il Nomentano e l’Africano. Il tracciato curvilineo della via segue quello del Fosso di Sant’Agnese, oggi trasformato in un condotto fognario che si trova sotto la strada. Intorno a corso Trieste, a partire dal secondo dopoguerra, si è andato sviluppando un intero quartiere, dove accanto alle eleganze liberty, spiccano architetture del razionalismo romano. Il 1930 è l’anno in cui vengono piantati i pini al centro della carreggiata. Il 1937 l’anno in cui viene avviata la linea filoviaria 106 tra piazza Fiume e piazza Annibaliano. Mentre dagli anni ‘60, col boom edilizio, l’area intorno cresce in maniera importante, agevolata dalla vicinanza con l’Università La Sapienza e con la Luiss “Guido Carli”. Nel 1966 la linea del tram viene convertita in autobus.
Corso Trieste vuol dire anche il liceo Giulio Cesare, la scuola di Antonello Venditti che sui banchi comincia a trovare le parole. E le usa per ricordare la giovinezza e il caffè Tortuga di piazza Trasimeno, ma anche il reclutamento coatto di nuove forze da parte dei neofascisti. Proprio corso Trieste infatti è al centro delle cronache durante gli anni di piombo. La mattina del 28 maggio 1980, davanti al Giulio Cesare, il poliziotto Francesco Evangelista, detto Serpico, viene ucciso da un commando terroristico appartenente ai Nar.
Ma corso Trieste non è solo un luogo della memoria. È anche uffici, scuole, negozi, abitazioni signorili. Un centro pulsante, animato da comitati di quartiere che si battono per la sua bellezza e sicurezza. Un luogo dove passeggiare piacevolmente, sapendo che tutto è a portata di mano.
Il custode del Giulio Cesare: “Ma gli studenti di oggi hanno meno passioni politiche”
Carmelo Fasolo è il custode factotum del liceo Giulio Cesare dal 1991. Palermitano di 61 anni, vive a Roma dal 1978. «La differenza più grande tra gli studenti di ieri e di oggi è l’approccio verso la politica», racconta Carmelo. «Oggi c’è poca partecipazione. Mentre quando sono arrivato erano anni di manifestazioni e contestazioni. Un giorno ricordo la celere scortare i nostri ragazzi fino a piazza Istria per un corteo. Rimasi impressionato da quanti erano». «Carmelo è un pilastro del Giulio Cesare», racconta la collaboratrice scolastica Lorella Grassi. E in effetti pare sia sempre pronto a risolvere i piccoli problemi del quotidiano: «Se qualcuno si fa male – è capitato che qualche ragazzo si sia rotto un braccio o un piede – lo porto su col montacarichi e poi con l’ascensore. Aiuto tutti». Il rapporto coi ragazzi del liceo è sempre stato amichevole: «Stare assieme a loro mi fa piacere. Parliamo spesso di calcio, io sono un tifoso del Palermo. Un giorno a carnevale mi presi anche delle uova addosso ma ne ridemmo tutti. Avevo la maglietta nuova nuova. Ci sono ex alunni che ancora si ricordano di me e si fermano per strada con lo scooter per salutarmi».
L’edicolante: “Una strada che non finisce mai di stupirti. Tranne quando piove”
Ilaria ha 38 anni e un carattere solare. Gestisce l’edicola di corso Trieste dal 2011. Il suo sorriso è una piccola certezza, come una carezza quotidiana, tanto che alcuni clienti, anche se si sono trasferiti fuori quartiere, tornano apposta. Anche da Prati o da Monterotondo. Conosce i gusti e gli interessi delle persone, consiglia le nonne e i bambini. Il suo non è solo un luogo di passaggio, ma un punto di riferimento del quartiere. E mentre si racconta passa una signora che le porta un bignè fresco: «Lo mangio dopo, grazie. Qui mi coccolano tutti», spiega. Ilaria è affascinata dalla vista che ha dalla sua edicola: «Corso Trieste è una strada molto frequentata e ogni tanto ti stupisce, come quando quest’anno, sotto le feste, è passato un moto raduno di babbi natale in Harley Davidson». Poi la voce torna seria e mette l’accento sui problemi della strada: «Le caditoie di via Chiana sono regolarmente intasate e quando piove tanto, vista la pendenza, l’acqua scorre come un fiume verso corso Trieste, creando disagi a tutti. Anche le strisce pedonali e quelle dell’area di attesa per i bus sono invisibili. Ci sono diverse cose che la nostra amministrazione potrebbe migliorare», conclude.
Il fioraio: “Cosa manca? Una fontanella per potersi dissetare”
Per tutti è Mario. Egiziano con cittadinanza italiana, ha 45 anni e gestisce il chiosco dei fiori di fronte al liceo Giulio Cesare: «Sono arrivato qui tre anni fa, quando ho comprato l’attività. Prima lavoravo in zona Portuense». Mario è famoso tra gli abitanti della zona per aver dato una mano ai volontari del comitato Amo Quartiere Trieste a ripulire l’area verde di fronte alla scuola: «Ho aiutato a tagliare l’erba e ad eliminare i rifiuti. Poi ho donato una pianta di rose per abbellire il guardino. Come cittadino italiano mi piace fare la mia parte, io sono per l’ordine e la pulizia». Ma qual è la percezione di Mario su questa parte elegante di quartiere? «Le persone qui sono gentili, tranquille. Non ho mai subìto episodi di razzismo. Gli studenti si fermano a comprare fiori per i compleanni delle amiche oppure per gli insegnanti. I più venduti tra i ragazzi? Rose e bouquet». Due cose però Mario cambierebbe su corso Trieste: «Aggiungerei una fontanella perché gli studenti, all’uscita della scuola hanno sete, specie d’estate e non sanno mai dove bere. E lo stesso vale per i cani a passeggio: quando fa caldo, hanno l’arsura. E poi metterei in sicurezza i pini, che mi fanno davvero paura».
La farmacista: “La mia panchina per accogliere gli anziani del quartiere”
“Molte persone, specie gli anziani, vengono qui anche solo per fare una chiacchierata o sentirsi confortati psicologicamente. Ti raccontano tutto». Sono le parole di Ludovica, 28 anni, farmacista, figlia di papà Giorgio che nel 1993 ha aperto la “Salus” al civico 29 di corso Trieste. «C’è una piccola panchina all’ingresso dove possono sedersi e fare una pausa durante le loro camminate», prosegue. «A volte mi raccontano che già prima di venire al banco per ordinare i farmaci si sentono meglio perché qui ritrovano un’atmosfera familiare». È questa l’immagine simbolo di una farmacia di quartiere. Un luogo dove gli abitanti sanno di poter contare su punti di riferimento i cui cardini sono la fiducia e la gentilezza. «Qui sembra di stare in un paese, con la differenza che nei dintorni ci sono anche molti uffici», aggiunge Ludovica. «Negli ultimi cinque anni questa zona si è ringiovanita. Sono arrivate nuove famiglie e ora vediamo più bambini. Questa parte di corso Trieste era come morta, ma ora sono nate nuove attività. Gli unici problemi sono la carenza di parcheggi e i pini pericolanti», conclude Ludovica.