Trieste-Salario | Articoli
Disabili, il quartiere fra scivoli a norma e trincee invalicabili
di Marco LiberatiCamminiamo sulle strade della città sbuffando di continuo, lamentandoci di marciapiedi dissestati, strade ammalorate, protestando per l’inciviltà degli altri, di quelli che parcheggiano in doppia fila, di chi occupa la strada o inveendo perché costretti a dover allungare il percorso per trovare un contenitore dei rifiuti vuoto. Eppure è una questione di prospettive: c’è chi considera certi ostacoli come montagne, perché è il vero utente “debole” del degrado e della mancanza di rispetto nei confronti degli altri. Parliamo dei disabili, di chi per malattie o altre cause, è costretto a muoversi in sedia a rotelle. Non sempre possono essere accompagnati anzi, una città “europea” dovrebbe consentire il massimo dell’autonomia a qualsiasi persona, prescindendo dalle sue condizioni. Ma il Trieste-Salario è davvero a misura di tutti? A raccontarcelo con un’esperienza diversa rispetto a quella a cui siamo abituati è Matteo Mastrangelo. Matteo ha 23 anni, ha i capelli scuri e gli occhi vispi e un’energia talmente incontenibile da averla riversata nello sport. Infatti gioca nel Santa Lucia Basket, squadra pluri scudettata del campionato paralimpico, che ha scoperto poco dopo l’incidente che lo ha costretto in carrozzina.
Corso Trieste un paradiso a metà
Il nostro tour in compagnia di Matteo parte dal liceo Giulio Cesare, in direzione di piazza Istria. E già qui si intuisce cosa significa dover utilizzare le braccia al posto delle gambe per muoversi. La strada qui è piena di scivoli che agevolano l’attraversamento, ma non tutti sono costruiti a norma: «All’altezza di via Trau c’è un leggero scalino e prendendo velocità dalla discesa c’è il rischio di “impuntamento” con le ruote davanti, quelle più piccole». Le crepe che si sono create vicino ai punti di discesa creano cordoli al contrario: «Si rischia realmente di cappottarsi – spiega nel dettaglio Matteo – io posso riuscire a superarle, ma una persona anziana, anche accompagnata, potrebbe rimanere incastrata in queste piccole trincee».
Accessi proibitivi nei negozi
Gesti semplici, come entrare in un esercizio commerciale, vengono dati per scontati, ma non è sempre così. Negozi e bar di corso Trieste hanno una barriera architettonica spesso insuperabile: «Sono i gradini di accesso, troppo alti e senza rampette – ci spiega ancora Matteo -, ma credo che l’adeguamento sia reso impossibile da un marciapiede troppo corto».
Mezzi pubblici promossi
Da corso Trieste proseguiamo superando piazza Istria, fino a piazza Annibaliano. E se fosse necessario prendere la metropolitana? «Qui non c’è nessun problema, il piazzale di accesso è facilmente raggiungibile – aggiunge ancora il giocatore del Santa Lucia – e l’ascensore per scendere alle piattaforme funziona». Su viale Eritrea e viale Libia bisogna prestare massima attenzione agli spazi lasciati vuoti dai cassonetti Ama: «Hanno dei gradini pronunciati e si rischia di finirci dentro». Arrivati fino a piazza Gimma, dove si trovano gli uffici del Municipio, decidiamo di tornare indietro. La strada è lunga e optiamo per l’autobus. La linea 80 è tra quelle che garantiscono il servizio disabili e il test è positivo: la pedana è regolarmente funzionante. Torniamo così al punto di partenza, piazza Trasimeno, con un giudizio globalmente positivo: «C’è qualche problema con la ripidità di alcuni scivoli e diverse buche, ma su questa strada un disabile potrebbe essere autonomo», è il giudizio di Matteo, che sul suo percorso non ha trovato automobili parcheggiate in punti proibiti.
Viale Somalia, slalom tra bancarelle e auto
Ma l’ottimismo scende velocemente cambiando zona. Da corso Trieste a viale Somalia la situazione cambia e da un qualsiasi venerdì pomeriggio passiamo a un mercoledì mattina, giorno di mercato, nel cuore del quartiere africano. Da largo Somalia ci incamminiamo in direzione Salaria: «Qui già la strada in salita non aiuta – sottolinea Matteo – ma il problema sono le troppe buche che incontriamo». Il marciapiede è in pessime condizioni, ma non solo: è lo spazio a disposizione che crea le prime barriere. Le bancarelle restringono il passaggio, è necessario fare un po’ di slalom tra le persone, e poi ci sono i cigli: troppo alti per poter scendere. «Da qui non si può passare – sentenzia Matteo – dobbiamo proseguire oltre». Per trovare il passaggio bisogna percorrere una trentina di metri lungo via Fara Sabina, ma attraversare è possibile solo perché i parcheggi disabili sono vuoti, altrimenti il fiume ininterrotto di auto parcheggiate avrebbe costretto Matteo a proseguire oltre.
La vera “trincea” da test militare arriva però poco dopo, provando a percorrere via Poggio Mirteto. La superficie di passaggio è talmente malmessa da creare problemi anche a chi la percorre a piedi, figurarsi a chi usa la carrozzina: «Questo tratto è pericoloso, tra buche e sfaldamenti come minimo ci si deve fermare, ma c’è il rischio di farsi molto male». Matteo supera faticosamente la prova e torna indietro, passando per i banchi del mercato di via Stimigliano in direzione via di Villa Chigi, dove la salita sul marciapiede è da “bollino rosso”: «Troppo pendente, una persona che non riesce a impennare la carrozzina qui si deve fermare».
Il nostro tour si conclude al punto di partenza, in ogni senso. Rispetto a pochi anni fa è cresciuta la sensibilità dell’amministrazione e dei cittadini nei confronti della mobilità dei disabili e sono stati fatti progressi nella progettazione delle strade – almeno in quelle principali –, ma c’è una coscienza civica che deve pienamente maturare per trasformare questa città e renderla veramente alla portata sia di chi la vive in piedi, sia di chi è costretto a muoversi a bordo di quattro piccole ruote.